10. Crocrò

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Il mondo da lassù le sembrava più... divertente.

È strano quante cose siano divertenti quando hai undici anni. A Emma bastava salire in cima a quell'albero, infilando i piedini e le piccole mani nelle fessure intagliate nel tronco, per sentirsi felice. A tre metri da terra poteva vedere cose che normalmente erano fuori dalla portata dei suoi occhietti curiosi: la collezione di palline da baseball sul tetto di casa, che l'imprudente figlio dei vicini arricchiva regolarmente a furia di incontrollati fuoricampo; riusciva a vedere le camere ai piani superiori delle case del vicinato e spiare i suoi abitanti ignari di essere visti; e poi, sentiva il cielo più vicino, quasi a portata di mano.

Gliela aveva costruita suo padre la casetta in cima a quell'albero. Suo padre era grande e grosso, un gigante, e talvolta Emma si chiedeva come fosse il mondo che vedeva lui da lassù. Gli era bastato esprimere il desiderio di avere quella casetta e il giorno dopo il suo gigante buono era già al lavoro. Aveva preso gli attrezzi dal garage e una birra dal frigo e le aveva detto che per quel giorno lei sarebbe la sua assistente. Il suo compito, di fatto, consisteva nel prendere la birra gelida dal tavolo in giardino e allungargliela, così che lui non dovesse scendere ogni volta giù dalla scala. Le aveva anche fatto fare un sorso, a patto che non lo rivelasse a sua madre. In effetti, erano molte le cose che suo padre non diceva a sua madre: la sua relazione con la segretaria in ufficio, ad esempio. Ma quelle erano preoccupazioni che sarebbero giunte dopo, quando l'infanzia passa e la vita comincia a farsi complicata. La costruzione della casa sull'albero non durò un giorno, come aveva pronosticato suo padre (era sempre troppo ottimista, "mia moglie non ci scoprirà mai" aveva detto una volta alla sua amante), ma una settimana intera. E fu una settimana splendida: Emma se ne stette lì, a passare la birra a suo padre, a vedere la casa che prendeva forma, a sentire le sue storie, via via più assurde e divertenti. Forse qualcuna era inventata di sana pianta, ma a Emma non importava, perché era bello ascoltarlo e sentirlo ridere, con quel suo vocione che spaventava gli animaletti che si annidavano tra le chiome degli alberi. Aveva cominciato a trascorrerci sempre più tempo in quella casetta sull'albero, mai da sola, sempre con lei.

Arrivata in cima al tronco, alla casetta si accedeva attraverso una botola, intagliata nel pavimento di legno. Con il nastro adesivo, aveva assicurato alla botola un foglio, impiastricciato con i pennarelli di tanti colori, con su una scritta a caratteri cubitali leggibile a chiunque dal basso avesse alzato lo sguardo: "VIETATO L'INGRESSO AI NON EMMA E NON NAOMI!!!"

Il messaggio era chiaro, almeno nella sua testolina: quel posto era solo suo e di Naomi. Naomi d'estate correva da lei ogni mattina, subito dopo la sveglia. E poi ogni pomeriggio, subito dopo pranzo. E qualche volta anche alla sera, quando suo padre dava spettacolo e lei riusciva nel trambusto a svignarsela, approfittando del caos. Non abitavano lontane e correndo, e Naomi correva sempre, non ci impiegava più di cinque minuti ad uscire dal retro di casa sua, a intrufolarsi nel giardino di Emma passando per l'asse non fissata della staccionata e ad arrampicarsi fin sopra l'albero. Una volta lì, afferrava lo specchietto da trucco, che Naomi aveva rubato a sua madre e che avevano deciso di lasciare lì nella casa sull'albero, e lo agitava per cogliere il riflesso del sole e far vibrare un segnale di luce nell'aria. Dalla sua cameretta, Emma vedeva quel segnale e correva anche lei alla casa sull'albero. In realtà, non c'era bisogno di quel segnale: Naomi veniva sempre alla stessa ora ed Emma l'aspettava trepidante dalla sua stanzetta, con il naso quasi schiacciato contro il vetro della finestra che dava sul giardino. La vedeva attraversare il prato e attendeva sorridente di essere abbagliata dalla luce del riflesso, fingendosi come presa di sorpresa quando arrivava. Naomi avrebbe potuto tranquillamente bussare alla porta di casa, come qualsiasi altra persona avrebbe fatto. Ma tutto sarebbe stato meno magico, meno complice: a Emma e Naomi piaceva l'idea di avere un segnale tutto loro, un rito da ripetere ogni giorno, una stranezza che solo loro potevano comprendere.

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