24. Good morning!

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Serena Bishop riaprì gli occhi e ciò che vide la stupì. 
Non era più nel buio.
Sopra di lei c'era un soffitto bianco e una luce al neon. Ebbe bisogno di qualche secondo per comprendere di essere sdraiata su un letto e a giudicare dagli aghi nelle braccia e dal tubicino che le passava sotto il naso, doveva essere nel letto di un ospedale. Forse qualcuno l'aveva salvata da quella cantina in cui era stata rinchiusa per gli ultimi venti anni. Di fianco a lei, un aggeggio cominciò ad emettere dei bip, sempre più rapidi e acuti. Quel suono penetrante la gettò istintivamente in uno stato di agitazione. Senza nemmeno volerlo, provò ad alzarsi e mettersi a sedere, ma prima ancora che lo facesse, una donna dall'altro lato della stanza in cui si trovava le disse con voce gentile ma autoritaria di stare ferma. La donna era appena entrata da una porta che dava su un corridoio e indossava il camice bianco di un'infermiera. 

«Non ti muovere, resta sdraiata, cara» le raccomandò l'infermiera, porgendo le mani in avanti, in un gesto che doveva tranquillizzarla. «Torno subito!»

La donna uscì dalla stanza e tornò alla svelta, meno di un minuto dopo, correndo e con al seguito un medico e una squadra di infermieri e infermiere. Serena aveva disobbedito, si era messa a sedere.

«Buongiorno» le disse il medico, sorridendo. Era un bell'uomo, alto, dalla dentatura composta e lo sguardo rassicurante. «Hai fatto un lungo sonno. Come ti sen...»

Ma prima che il medico potesse completare la sua domanda, una donna sbucò alle sue spalle e, quasi gettandolo a gambe all'aria, si fece strada e si gettò d'impeto su Serena, stringendola in un forte abbraccio all'altezza delle spalle. 

«Tesoro mio! Amore mio!»

Pianse la donna mentre abbracciava Serena. 

«Signora Finner!» disse un'infermiera, rimproverando la donna per l'impeto e il comportamento poco ortodosso. Ma un gesto bonario del medico mise a tacere l'infermiera. Il dottor Brets poggiò una mano sulla spalla della signora Finner e la tirò lentamente a sé, con dolcezza. 

«Non la strapazzi troppo, signora. Emma ha bisogno di riposo. Venga.»

Serena, dal suo letto, assistette alla scena confusa e incredula. Nel suo cervello ancora intorpidito, esplose un nugolo di domande. Chi diamine era tutta quella gente? Che ci faceva in quel posto? Chi era quella donna? E chi diamine era Emma?

Cominciò da quella che le sembrava la più importante: «Chi siete?»

Per un momento ci fu silenzio. Serena vide il volto della donna che l'aveva abbracciata farsi prima buio e poi scoppiare in lacrime, questa volta non di gioia.

«Non si preoccupi, signora. È normale che sia confusa. Si calmi» A un cenno del capo del dottor Brets, un'infermiera accompagnò la signora Finner in corridoio, a prendere un bicchiere d'acqua.

Il dottor Brets si piegò sulle ginocchia, per essere alla stessa altezza della sua paziente. «Emma, ciao. Sono il dottor Brets. Puoi chiamarmi Michael» Il dottor Brets sorrise e Serena sentì un calore invaderle il petto, mentre si chiedeva perché continuasse a chiamarla Emma. «Ci siamo conosciuti qualche giorno fa, sono contento che tu ti sia svegliata. Hai dormito per un po'. Ricordi come sei finita qui?»

Serena scosse la testa. Il dottor Brets sorrise ancora e scrisse qualcosa sulla cartellina che stringeva tra le mani: "Amnesia Post Traumatica". 

«Ascoltami, Emma. Sono qui per aiutarti. Se ti senti confusa, sappi che non c'è nulla di strano. È normale, hai solo bisogno di tempo. Di tempo e di riposo. Ora, Emma, dovrai tornare a dormire» disse il dottor Brets, mentre dall'altro lato del letto un'infermiera inseriva con una siringa qualcosa nella flebo che Serena aveva al braccio. «Non avere paura, ti risveglierai presto, e quando riaprirai gli occhi io sarò qui. Resta calma, non c'è nulla di cui avere paura.»

Serena non voleva dormire. Provò a dirlo, ma le labbra erano secche, prosciugate, pesanti... non riuscì ad aprirle. Cadde in un sonno profondo. Sognò la sua prigione, la cantina buia. Sognò l'Uomo la cui sola presenza la gettava nel terrore più assoluto. Non voleva tornare lì, non in quel mondo di tenebra e paura, voleva tornare dal medico gentile, dalla donna affettuosa, in quel mondo in cui tutti per qualche motivo continuavano a chiamarla Emma.


*** 

Lo so, lo so... la settimana scorsa ho saltato il nostro appuntamento! Fustigatemi, ne avete tutto il diritto! XD

Come dite? Troppo breve questo capitolo? 

La verità è che dire che al momento sono incasinato è dir poco! Ma mi rimetterò in carreggiata, non vi preoccupate, e mi farò perdonare. Anche perché il prossimo capitolo è il 25 e voglio che sia qualcosa di speciale nel suo piccolo :) 

Come sempre vi ringrazio per aver letto fin qui e vi ringrazio anche per la pazienza, spero che continuerete a seguire Knock e che non vi farete scoraggiare da qualche "lieve" ritardo.

Mi raccomando, fatemi sapere se il capitolo vi è piaciuto con un commento, una stella o un messaggio ;)

Grazie ancora e a presto!
(farò quanto prima)

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