11. Foof

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La sveglia suonò alla solita ora.

Allungò una mano sul comodino di fianco al letto e la spense, implorando al nulla di avere altri cinque minuti. Passò mezz'ora prima che si svegliasse sul serio. Quando sollevò la nuca dal cuscino, un forte mal di testa colpì dritto dritto la sua fronte, con la forza di un pugile. Un incubo notturno offuscava ancora i suoi sensi. Andò in bagno e prima di sciacquarsi la faccia, osservò il riflesso del proprio volto nello specchio sopra il lavabo. Aveva un aspetto orribile: occhiaie, le palpebre aperte a stento e la barba che cominciava a ricrescere. 

Prima ancora di lavarsi i denti e farsi una doccia, diede una passata con la lametta a quei puntini neri che tanto odiava. 

La sua casa era poco più di un bugigattolo. Tre stanze: la prima gli faceva da cucina e camera da letto insieme; la seconda era un bagno che si allagava in un niente; la terza era una cantinola interrata, separata dalle altre due stanze da una scala e una porta sbiadita. Quella casa era in perenne disordine, montagne di cianfrusaglie (per lo più tecnologiche) in cui era difficile camminare senza inciampare. Ma a differenza della sua casa, lui era sempre in perfetto ordine: la sua giornata non iniziava se prima non si preparava a puntino, trovando nel vestire il giusto equilibrio tra casual ed eleganza. Qualcuno negli anni gli aveva dato del narcisista... e non si era sbagliato. Uscì da quel bagno come nuovo. 

Le sue giornate erano dotate di una certa ripetitività. Dopo aver indossato l'abito, veniva il momento di indossare l'identità che si era creato. Vivere dietro un nickname lo faceva sentire più sicuro, forte, padrone di sé, inafferrabile. Attivò la connessione del cellulare e dopo pochi secondi quello iniziò a vibrare ripetutamente: una notifica dopo l'altra.

Partì controllando quelle di Wattpad, nella speranza di trovarci un nuovo capitolo del suo libro preferito, del resto il giorno che si era lasciato alle spalle era quello designato all'aggiornamento.  Non trovò nulla e maledisse quell'autrice, che prima l'aveva incuriosito e poi aveva concesso alla sua pigrizia di prendere il sopravvento, lasciando lui col fiato sospeso.

«A cuccia» urlò spazientito all'indirizzo della porta della cantina, quando sentì graffiare sul legno dall'altro lato. Aveva già fame: non ricordava se avesse ancora un po' di crocchette nella busta. Sperò di averne, perché non aveva ancora voglia di uscire per andare a fare spese.

Superata la delusione di Wattpad, passò a controllare le notifiche della mail. 

«Ciao, Maikus!» «Ehi, Maikus!» «Maikus, ho bisogno di te!»

C'erano una dozzina di mail e cominciavano tutte in maniera più o meno simile, e ognuna conteneva in un modo o nell'altro il solito mare di sciocchezze, scritte da ragazzine annoiate che prendevano sottogamba argomenti ben più grandi di loro.

Poi una mail attrasse l'attenzione di Maikus. Una lunga mail che lesse e rilesse, che già dopo poche parole prendeva una direzione diversa da tutte le altre mail che aveva ricevuto da molti mesi a quella parte. Dopo aver pensato per un po' alla risposta, Maikus cliccò sul tasto rispondi e iniziò la sua mail:

"Cara Emma Finner,

ti ringrazio per la mail che mi hai scritto. Da questo momento in poi smettila di darmi del lei e dammi del tu. Quello che mi hai scritto mi ha molto colpito e penso di poterti essere d'aiuto. Credo che sia necessario incontrarci quanto prima e parlare da vicino di ciò che ti sta accadendo. 

Scrivimi presto,

Maikus"

Maikus cliccò sul tasto invio e se ne stette immobile per un po', a fissare lo schermo in attesa di una risposta e a pensare. Quel che aveva letto nella mail di Emma Finner non poteva essere frutto della sua fantasia: le sensazioni che descriveva, gli eventi, il modo in cui si sentiva, solo chi aveva davvero avuto a che fare con uno di loro poteva descrivere l'esperienza in quel modo, con tutti quei dettagli. Avendo a che fare con un mucchio di cialtroni, Maikus aveva dovuto imparare a cogliere gli indizi, a distinguere il vero dal falso. Dopo un po' l'attesa cominciò a dargli sui nervi e cominciò a passeggiare in tondo per la sua piccola casa, imprecando ogni volta che sentiva graffiare alla porta della cantina: che aspettasse un po' per mangiare, aveva cose più importanti di cui occuparsi! Rifece una doccia, ricontrollò Wattpad, fece un po' di flessioni e poi di nuovo una doccia... ma non arrivò alcuna risposta da parte di Emma. 

"Sarà forse troppo tardi? Forse è già..." fu un pensiero fulmineo che andò via in un attimo, ma ben presto tornò e non ne volle più sapere di schiodarsi dalla sua testa. Maikus rifletté: nella mail, Emma gli aveva detto di abitare a Holess Peak... non era lontano da lì, ci sarebbe arrivato in un paio d'ore con l'autobus; ed era solo un piccolo paesino, con un po' di fortuna sarebbe riuscito a trovarla. Poteva sembrare assurdo quel che aveva deciso di fare, ma era la cosa giusta, ciò per cui era lì. Prima che potesse ripensarci, Maikus afferrò lo zaino e si fiondò alla porta d'ingresso. Stava già per chiudersela alle spalle, quando sentì di nuovo graffiare contro il legno della porta della cantina. 

Tornò dentro. Spesso dimenticava che anche se lui non aveva bisogno di mangiare, lo stesso non poteva dirsi per gli altri. Aprì la dispensa, estrasse il sacco con le crocchette per cani e ne svuotò quel che rimaneva in una ciotola. Si avvicinò alla porta della cantina e avvertì il movimento all'altro lato: sapeva che doveva tenersi a distanza. Maikus aprì la porta. Di basso poteva vedere i primi gradini della scalinata, che poi si perdeva nel buio. Scese la scala, tenendo con una mano la ciotola e con l'altra la ringhiera. Arrivò in fondo, nel buio totale. Un respiro rauco veniva da uno degli angoli.

«Starò via per qualche giorno» disse Maikus, con una voce da cui non trasparivano emozioni.

In risposta gli arrivò un mugugno. 

Maikus alzò la mano verso il soffitto della cantina, dove sapeva esserci la catenella per accendere la luce. Tirò e una debole luce gli illuminò il volto. Nella penombra, Maikus vide la donna in stracci ritirare le gambe e rannicchiarsi nell'angolo, nascondendo la faccia tra le mani. Le bastava vedere il volto di Maikus per essere invasa dal terrore, per sentire in lei spegnersi lo spirito della ribellione. 

Maikus posò la ciotola a terra, spense la luce e risalì le scale. Prima di chiudersi la porta alle spalle e abbandonare la casa, le diede un'ultima raccomandazione.

«Stai a cuccia!» 

«Stai a cuccia!» 

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***

Ed eccoci di nuovo qui!

Vi avevo detto che dopo il capitolo 10 un po' di cose sarebbero cambiate: cosa ne pensate di questa svolta?

Fatemelo sapere come al solito con un commento, una stella o un messaggio ;)

Grazie come sempre per aver letto fin qui! :)

La domanda di questo capitolo è:

C'È UN LUOGO CHE VI INCUTE PARTICOLARE TIMORE?

Vi ricordo che Knock verrà aggiornato ogni martedì e venerdì.

A presto!

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