Naomi aveva sempre amato quel posto.
Certo, salire fin lassù era una faticaccia, ma ne valeva la pena. Lei ed Emma c'erano salite mille volte, da bambine, nelle giornate d'estate: zaino in spalla, un mucchio di schifezze dentro da mangiare e un'intera giornata davanti a loro per salire e poi riscendere. Solo loro due, come sempre, inseparabili. Salivano sulla cima dell'Holess Peak, il promontorio che dava il nome all'intera città. Lì giocavano, scherzavano, si divertivano con poco, si sfidavano a chi avesse più coraggio a salire sugli alberi o a sporgersi sullo strapiombo sotto il quale scorreva impetuoso il Redood Creek. Là su, lontane dalla città, sembrava che nulla potesse raggiungerle, le urla dei litigi dei loro genitori, i rimproveri, gli scherzi crudeli degli altri bambini. Il silenzio, interrotto solo da qualche cinguettio e da qualche lucertola che strisciava tra gli arbusti, sembrava proteggerle, creare nella natura uno spazio solo per loro.
Erano passati pochi anni dai quei giorni, eppure era cambiato tutto. Ora Naomi era sola, sulla cima dell'Holess Peak. Emma non c'era. Come da mesi, oramai. Ogni volta una scusa, ogni volta un impegno e alla fine aveva anche smesso di rispondere ai suoi messaggi. Emma era cambiata, cresciuta avrebbe detto qualcuno: aveva cambiato amiche, il suo modo di parlare, di muoversi, di gesticolare, di ridere, di fregarsene degli altri, dei loro giudizi. Era diventata una di loro, una di quelle che avevano sempre odiato, da cui erano sempre scappate: si era stancata di fuggire via da loro e si era arresa. "Cresci, Naomi" era ciò che le aveva detto l'ultima volta che si erano parlate davvero, guardandosi negli occhi. Eccola la questione, chiara come il sole: se crescere voleva dire tradire sé stessi, lei non voleva crescere.
Guardò la città, che riposava tranquilla ai piedi dell'Holess Peak, sull'altro versante. Dall'alto, era più distante che mai, come tutte le persone che l'abitavano, spettri che si aggiravano per le strade, mentre altri spettri si aggiravano nella sua mente. Ci aveva pensato un mucchio di volte a salire lì in cima e farla finita. Aveva pensato a qualche messaggio da lasciare, a come rendere il suo gesto in qualche modo teatrale, significativo, per far sì che lasciasse il segno... ma ogni volta quelle fantasie funeste erano scomparse dalla sua testa, come fumi nell'aria prima ancora che assumessero una vera forma.
Poi aveva cominciato a sentire il rumore. Ovunque, a qualsiasi ora del giorno, la seguiva, la tormentava, non la lasciava dormire, non la lasciava pensare. E tapparsi le orecchie non serviva a nulla: continuava a sentirlo, quel dannato rumore. Non sapeva cosa fosse, né da dove provenisse, era nella sua testa con ogni probabilità, un tintinnio continuo. TLIN TLIN TLIN.
Si svegliava.
TLIN TLIN TLIN
Andava a scuola.
TLIN TLIN TLIN
Tornava a casa.
TLIN TLIN TLIN
Infilava le cuffie e alzava il volume al massimo. Ma il suono era sempre lì.
TLIN TLIN TLIN
E la notte, con le coperte tirate fin su la testa, il rumore continuava.
TLIN TLIN TLIN
Quel rumore la faceva impazzire, o forse era già impazzita, visto che quel rumore era solo nella sua testa. Non sapeva cosa fosse, sapeva solo che l'odiava, che le trapanava il cervello e le affondava il cuore nello stomaco ad ogni rintocco.
L'idea le era venuta alla terza notte insonne: salire sull'Holess Peak, lì regnava il silenzio. Magari lì il rumore non l'avrebbe raggiunta.
E il mattino dopo aveva marinato la scuola e ci era salita. Ed ora era lì, delusa, quasi alle lacrime: continuava a sentirlo, quel dannato rumore.
TLIN TLIN TLIN
Si guardò intorno, intontita e irrequieta. Quel posto non sembrava essere cambiato, ne ricordava ogni centimetro e ricordava per ognuno una storia, un aneddoto, una sensazione che aveva vissuto con Emma, in quella che sembrava essere stata un'altra vita.
Lì era dove una biscia si era arrampicata intorno alla caviglia di Emma, cacciandole l'urlo più buffo che avesse mai sentito. Erano sedute invece su quelle due rocce, quando Emma e Naomi si erano confessate a vicenda una cotta per lo stesso ragazzo e avevano deciso che nessuna delle due ci avrebbe più pensato, perché la loro amicizia era più forte. E a quel ramo avevano creato una specie di altalena con una corda, facevano a turno per starci sopra, ma il pomeriggio in cui Emma aveva raccontato piangendo a Naomi del divorzio dei suoi genitori e di suo padre che era andato via, Naomi l'aveva ceduta alla sua amica per tutto il tempo. E, infine, c'era quella roccia appuntita, sotto cui c'era uno strapiombo di centottanta metri. Lì facevano a gara a chi riuscisse a sporgersi di più senza farsela sotto, senza che le gambe tremassero per la paura. Naomi perdeva sempre: nella sua vita non aveva fatto altro che avere paura.
Si avvicinò a quella roccia a punta e ci salì sopra. Guardò in basso. La testa le girò e le gambe furono scosse da un brivido. Ma allargò le braccia e ritrovò l'equilibrio. Guardò ancora in basso. Il Redood Creek si schiantava contro le rocce e talvolta il suo rumore sembrava quello di un tuono. Naomi si voltò indietro, badando bene a star dritta sulla roccia. C'era un albero. Anche di quello si ricordava bene.
"Emma e Naomi. Migliori amiche. Per sempre"
L'aveva inciso Emma con un coltellino arrugginito che aveva rubato a un suo cugino.
"Per sempre".
Il suono nella sua testa smise di rumoreggiare, ora che Naomi aveva finalmente capito cosa fosse. Quella sera, la sera della scritta sull'albero, erano andate al bowling e tutta la sera non avevano fatto altro che giocare all'Hockey da tavolo, facendo rimbalzare il disco da un lato all'altro, colpendolo con forza in tiri imprecisi, che strappavano un mucchio di risate.
TLIN TLIN TLIN.
Era stata una sera perfetta, in cui per la prima volta nella sua vita aveva creduto davvero a quella promessa, che qualcosa potesse esistere per sempre.
Poi aveva scoperto che nulla è per sempre, che è solo una bugia che si dicono le persone per farsi coraggio.
Poi si cresce, era così che dicevano gli altri. E non c'è più spazio per bugie come quelle.
Ma Naomi continuava a pensare che il termine giusto non fosse crescere, bensì tradire.
"Per sempre"
Sentì le lacrime scendere sulle sue guance e le sue labbra tremare.
Sentì qualcosa dentro di sé che le diceva di tornare indietro, che era ancora a tempo.
Ma il suo piede andò in avanti, nel vuoto, e il resto del corpo lo seguì.
***
Ehilà!
Questo capitolo è in due parti, come avrete intuito dal titolo.
Di che parla la seconda parte? Vi anticipo solo una frase che ritroverete nella seconda parte, vediamo se vi ricorda qualcosa:
"Non avere paura, Naomi. Vieni avanti. Sono felice di conoscerti, il mio nome è Abe"
Detto questo, grazie mille per aver letto fin qui! Fatemi sapere se il capitolo vi è piaciuto con un commento, una stella o un messaggio ;)
A presto!
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Knock
ParanormalSono trascorsi sei mesi da quando Naomi è scomparsa nel nulla e in molti sembrano già averla dimenticata. Non l'ha fatto però Emma, che è stata una delle poche amiche di Naomi... forse l'unica. Eppure, Emma ha molti rimorsi, che non smettono di torm...