Certezze

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«Scusate, ma qualcuno ha notizie di Didi?» domando al resto del gruppo, dato che sono giorni che non si fa sentire.
Ho provato a chiamarla, ma il suo cellulare è sempre spento.

«So che ha ancora la febbre e che con lei c'è sempre Bastian, che, a quanto si dice, non la molla un attimo. È anche rimasto a dormire con lei, la volta scorsa. Suppongo che sia per il malanno che non si è fatta viva per il gruppo di studio» replica Sharon, da sempre la più informata per quel che riguarda la nostra migliore amica.

«Okay, non importa. Oggi pomeriggio passerò da lei. Tra i compiti, Grace e gli allenamenti, non ho avuto tempo neppure per respirare.»

Detto questo, al suono della campanella, andiamo ognuno nella propria aula. Ma il tormento non mi abbandona; mi sento una carogna, per non essermi interessato alla mia amica del cuore.
Ma con Grace abbiamo fatto passi avanti giganteschi e ne sono stato assorbito pienamente.

Ma sono ancora in tempo a rimediare, spero. Rinfrancato da questo pensiero, presto attenzione a quello che sta spiegando il professore. Anche se la mia ragazza le tenta di tutte per attirare la mia attenzione.

Approfittando di un attimo in cui il docente è uscito, mi volto e le chiedo che succede.

«Oggi pomeriggio, da me», sussurra seducente. Mi trovo in mezzo a due fuochi: rispondere al richiamo della mia ragazza, o fare visita alla mia Didi?

«Vengo più tardi, passo da Didi per vedere come sta» mi sono deciso.

«Va bene. Salutala anche per me, ma non fare tardi», strizza l'occhio e si rimette con la testa sul libro. Sorrido tra me e me, essere tornati insieme non è stato un male, giusto?

Il rientro dell'insegnante pone uno stop ai miei pensieri. Torno in me e passo il resto della giornata a fare le solite cose tipiche di Pete, ma con ancora il pensiero di due occhi nocciola che mi restano impressi nella mente.

***

Apro gli occhi nell'esatto momento in cui lui esce dal bagno.
Ha solo un asciugamano legato alla vita, mentre va al cassettone, per prendere dei vestiti che sono posati sopra.

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«Buongiorno» lo saluto, palesando la mia presenza.

«Ciao, bellissima. Come ti senti?» siede ai piedi del letto.

«Molto meglio. Ma perché sei mezzo nudo? Hai fatto la doccia qui?» è un mistero ai miei occhi.

«Stavi così male che te ne sei scordata. Mi hai vomitato addosso, tesoro. Tua madre mi ha dato il permesso di usare la doccia e mi ha fornito degli abiti smessi di tuo padre. Meno male che anche lui è alto.»

Un accesso di vergogna mi coglie: «Mi spiace da morire! Non deve essere stato gradevole.» Mi sento davvero in colpa.

«Non dirlo neppure, non è colpa tua se ti sei sentita male. Oltretutto, Veronica ha già messo i vestiti in lavatrice.»

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