La verità, finalmente!

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Il rientro è stato meno caotico di quanto pensassi in realtà. Le settimane sono trascorse tranquille, anche se Bastian non ha retrocesso di un millimetro. È rimasto fermo nella sua posizione e nei propositi: ovvero, fare pace con me. Abbiamo avuto una mezza discussione, in cui gli ho fatto presente che non ero pronta a chiarire. Ha accettato a malincuore, ma non ha perso la speranza.

La cosa che invece va al contrario è Sharon; distaccata, assente e distante. Se ne sta per la maggior parte del tempo per fatti suoi, ci parla di rado e lancia occhiate bellicose a non si sa chi. L'ho vista confabulare spesso con colosso, senza però dirle niente o aggredirla. Starà tentando di scoprire l'inesistente intrigo dietro all'episodio della scorsa volta.

Ma come ho detto fino all'esasperazione, la conosco bene e so che a breve mi affiancherà e mi dirà quel che c'è da sapere, ammesso che davvero ci sia qualcosa sotto.

Al momento, il mio intento primario è quello di studiare; motivo per cui, dopo la fine delle lezioni mi rinchiudo in biblioteca, accompagnata dai mille volumi che devo usare per ripassare. La prossima settimana inizieranno i test e devo essere pronta.

Inizio dalle materie che meno mi piacciono: matematica e geografia. Ci metto tutto l'impegno e lo sforzo necessari, ma sono sempre lì; faccio fatica, non riesco a farmi entrare in testa le nozioni.

Sbuffo e chiudo il libro con un colpo secco. Questo odioso mal di testa non vuole passare, ed ho di nuovo lo stomaco sottosopra.

Mi devo calmare e far allontanare lo stress, prima che mi faccia venire l'ulcera. Vado in corridoio a prendere un tè caldo, ma non riesco a compiere pochi passi che vengo intercettata da testa bionda.

«Ehi, tutto bene?» domanda affabile.

«Ciao, Grace, sì, tutto ok. Ero a studiare ma... che cavolo, quelle stupide materie non vogliono saperne di entrarmi in testa!» mi lagno un po'.

«A chi lo dici! Senti, se mi aggrego a te?» domanda timidamente.

«Ti prego, sì!
Vieni, prendo il tè e ce ne torniamo dentro.» Attendiamo che la macchinetta eroghi il liquido, poi facciamo ritorno. Si mette di fronte a me e tira fuori la sua roba. È molto organizzata, non c'è che dire.

«Senti, c'è una festa stasera, ti va di venire? Andiamo tutti e ci manchi.»

«Vengo volentieri.
Mi sono mancate le serate in allegria, mi siete mancati voi. Ma avevo bisogno di crogiolarmi un po' nell'autocommiserazione e prendere le distanze, spero che capiate.» Le sorrido.

«Ma certo che comprendiamo. Una batosta del genere non si somatizza in pochi giorni.
Lo capisco bene, sono ancora depressa per Pete, anche se...» mi incuriosisce non poco.

«Anche se, cosa? Ti vedi con qualcuno?» sono del tutto dimentica dei doveri scolastici.

«Sì, ma per favore non criticarmi. Mi vedo con Dawson!» arrossisce come una scolaretta alla prima cotta.

Mi esce un fischio che mi fa prendere una rimbrottata dagli altri studenti.

«Che dire, sono sbalordita.» E pensare che era quello che ci remava contro per averla riaccolta nel gruppo.

«Lo so, soprattutto perché mi odiava a morte. Ma poi ha capito, mi ha avvicinata e... ma stavolta farò per bene, non mi lascerò prendere dalla smania e non affretterò i tempi.»

«Brava! Così si fa. Ma a questo proposito, devo confessarti alcune cose: ti devo delle scuse per averti sempre mal giudicata e averti fatto la morale. Ora come ora sono la persona meno adatta a sputare sentenze.»

«Per via di te e Pete?» mi prende in contropiede. Che il mio migliore amico lo abbia raccontato in giro?

«No, non pensare male», si appresta a chiarire, «non è partito da Peter il discorso. Sono stata io; l'ho visto abbattuto ed ho voluto ricambiare quello che mi ha dato in tutto questo tempo. È scoppiato e mi ha detto della vasca idromassaggio. Ma non stare in pena, non ti giudico. Capisco bene che cosa ti passasse per la testa. Siamo esseri umani, non macchine perfette, possiamo sbagliare. Ma il necessario è imparare dai nostri errori.»

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