Infranta

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«Ok, adesso ti metto giù, con calma.» Bastian mi ha presa in braccio, nel tragitto dalla macchina fino a casa. Finalmente sono uscita dall'ospedale, dopo alcuni giorni sotto osservazione. Ma tutto sta procedendo per il meglio: l'ematoma si è assorbito completamente, le fratture si stanno rinsaldando e i valori delle analisi del sangue sono tornati al giusto livello.

Mi mancava casa, anche se non ero mai da sola. Il mio ragazzo, i miei amici e le loro famiglie non mi hanno mai lasciata, compresi i miei genitori.
Ed anche oggi è così: sono tutti presenti per festeggiare il mio ritorno a casa.

«Dunque, tesoro, abbiamo preferito allestirti una camera da letto qui nel soggiorno. Hai il bagno più vicino e non sei costretta a fare le scale. Se fossi rimasta in camera tua, ti sarebbe toccato, nel caso fossi voluta scendere di sotto o per altro. Abbiamo pensato di semplificare il tutto.» Papà è seduto sul letto, che mi guarda intensamente e mi stringe le mani. La mamma è al suo fianco, che gli circonda le spalle col suo braccio.

«È una fantastica idea, grazie mille.» Sorridono sollevati, mentre Bastian e i ragazzi si siedono un po' sparsi nel divano letto che è il mio giaciglio momentaneo.

Gli adulti vanno in cucina, subito dopo avermi tempestata di baci, mentre noi restiamo a parlare.

Mi preoccupo di Peter, la sua espressione tormentata mi affligge.

«Ehi, Parker, tutto ok?» la mia domanda zittisce tutti gli altri.

«No, Lodge, non sto bene per niente. Ho ancora quella maledetta scena impressa nella mente. Faccio ancora degli incubi orribili», risponde con voce gracchiante.

«Ascolta, io non mi posso mettere nei tuoi panni, ma una cosa posso dirtela: è finita, devi smettere di torturarti così e sentirti in colpa. Non hai fatto niente di male e non hai responsabilità. Sei accorso subito a prestarmi soccorso; hai avuto il sangue freddo necessario per chiamare Bas e gli altri. Non c'è da recriminare, sei stato grande.» Allargo le braccia, anche se con sforzo, lui si rifugia al loro interno con estrema delicatezza.

«Ho creduto fossi morta. Mi sono sentito... devastato. Perderti sarebbe la cosa che mi ucciderebbe. Ti voglio bene, Didi, tanto bene.»

«Anche io, sempre. Sei il mio migliore amico, mio fratello. Ma adesso basta piangere, sto bene e rivoglio indietro i momenti persi, questi giorni interminabili. Ho necessità di leggerezza e gioia, fallo per me, ti prego», lo imploro, quasi.

Si rianima tutto insieme, capendo che davvero non c'era nulla da farsi perdonare, e che per me è sempre il solito Peter.

«Va bene, ora basta, che mi sta venendo il diabete. Ci guardiamo La casa di carta?» Sharon interviene con la solita fermezza, anche se il suo viso...

«Sì, ti prego. Ho davvero bisogno di distrarmi.
Ma voi non dovreste essere a scuola?» stanno marinando un po' troppo spesso.

«No. Oggi abbiamo avuto il permesso di stare a casa. I nostri genitori non hanno avuto da ridire.»
Sentenzia Grace, con un tono così dolce che quasi mi scioglie. La stringo a me, lei sospira.

Dopodiché veniamo sommersi da una quantità vergognosa di cibo, preparato dai miei, ed iniziamo la visione della serie TV. Sarà un po' la nostra routine per i giorni a seguire, fino a che non mi rimetterò del tutto.

***

«Ok, ok, scendi con calma» il mio ragazzo è sempre così in ansia, nonostante siano passate settimane dalle dimissioni, e mi sia ristabilita completamente.

«Amore, va tutto bene.» Lo rassicuro scendendo dal Suv. Poso i piedi a terra e... tutto regolare. Ho fatto anche ginnastica, in questi giorni, una volta che le radiografie hanno rivelato che le ossa erano a posto. Grazie a Leonor Kavinsky, che si è presa a cuore la mia riabilitazione. È stata una mano santa, ed altrettanto paziente.

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