Come gocce di rugiada

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Il silenzio in auto si taglia a fette. Anche se non ha dato in escandescenze, si vede che è teso. Non appena ho sganciato la bomba, si è limitato a prendersi la testa tra le mani e sospirare pesantemente. Le spalle si sono piegate sotto il peso di questa notizia così dura e crudele. Ma, a differenza di ciò che mi aspettavo, non mi ha urlato contro, non ha recriminato. Si è limitato a dirmi: «Ti porto a casa.»

E adesso, nello stretto abitacolo, quasi soffocante, lo guardo sentendomi morire. Ha gli occhi lucidi, le labbra tirate e le mani strette attorno al volante. Vedo la mascella che si stringe facendo gonfiare la muscolatura. Si spezzerà i denti a forza di fare così, ma non gli dico niente, ha tutto il diritto di reagire come gli pare, glielo devo.

Ed eccoci davanti al mio vialetto. Sgancio la cintura e recupero le mie cose dal sedile posteriore. Scendo, e mi stupisce di nuovo seguendomi dentro casa. Lo farà di certo per i miei genitori. Ci stampiamo un sorriso finto in faccia, e fingiamo che tutto sia come sempre, mentre li affrontiamo.

Scappare in camera mia è la normale conseguenza. Mi metto seduta sul letto, dopo aver chiuso la porta.

«Mi dispiace, io non so davvero che cosa dire.» Parole vane, in relazione a quello che ho combinato.

«Lo so» è la sola risposta. Si affaccia alla finestra, osservando la casa dirimpetto. Spero che non...

«Come ti vuoi regolare con... il tuo amico?» mi prende alla sprovvista; in tutto questo caos non ho pensato neppure un attimo a Peter.

«Non lo so» ed è davvero così.

«Devo andare via ho bisogno di stare un po' da solo, di chiarirmi le idee.»

«Certo, va bene. Bastian, sono davvero dispiaciuta»
Chiedo scusa ancora una volta.

Mi guarda appena e dice: «Dispiacerti non serve. Ci sentiamo quando mi sarò calmato. Ciao.»
Apre la porta e scompare, lasciando dentro di me la sensazione che non ritornerà mai più.

***

Non ho una meta precisa, mentre girovago per le strade caotiche della città. Il cuore è straziato, la mia anima lacerata. Mi sento morire ad ogni passo che compio. Ma devo farlo, per me, per lei, per tutto il resto. Devo capire che cosa voglio, come desidero vivere questa situazione e se voglio viverla.
Non è una decisione semplice; ma sono un uomo e non mi tiro indietro, anche se ne avrei tutti i diritti.
Decido di fare una passeggiata sul lungomare; è sempre una buona scelta, rilassante e calmante.
Tolgo le scarpe e i calzini, arrotolo l'orlo dei pantaloni fin sotto le ginocchia.
L'acqua è gelida, ma è come se non mi facesse alcun effetto.

Rievoco la prima volta che la vidi, così bella e semplice, su quella scalinata.
Le sue movenze, la sua risata, quel modo particolare che ha di gesticolare. Sì, non può fare a meno di smuovere le mani, come se frullassero, mentre discute. I suoi grandi occhi nocciola, la forma delle labbra, il lungo collo da cigno. La perfezione del suo corpo, la setosità dei capelli bruni. È stato un colpo di fulmine vero e proprio; mi sono sentito di appartenerle dopo solo pochi attimi, ma come se fossi suo per il resto della vita.

Il primo bacio, la prima volta che abbiamo fatto l'amore. Entrare in lei, non solo fisicamente, fondere tutto me stesso con lei è stata una delle cose più incredibili che abbia mai vissuto.
Il suo respiro, la sua pelle a contatto con la mia; i cuori che battevano allo stesso ritmo. So che non ci sarà mai un'altra donna capace di farmi provare tutto questo. Perché lei, per me, è la sola ed unica.

Mi siedo a riva, lasciando che lo sguardo vaghi verso l'orizzonte infuocato. Mi lascio andare senza vergogna; piango per il dolore che provo. Ma nonostante tutto, non riesco ad odiarla. Anzi, la amo ancora di più. Rievoco un momento particolare, quello in cui ho capito di amarla sul serio, che non era una semplice cotta: quando la vidi al falò. Vedevo oltre il suo aspetto: la forza del suo cuore, la dolcezza nei suoi occhi, la lucentezza della sua anima. E vedo ancora tutte queste cose in lei.

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