<1: School>

73 2 0
                                    

NARRATORE
Un'auto si muoveva letteralmente a passo d'uomo in una strada stretta e trafficata. C'era una famiglia di quattro persone: i due adulti erano seduti sui sedili anteriori e su quelli posteriori c'erano due ragazze. Una aveva diciotto anni, l'altra tredici. C'era anche una quinta persona: un ragazzo biondo e con due magnifici e magnetici occhi celesti. Lui non faceva parte della famiglia, non biologicamente, almeno, ma gli altri componenti del gruppo gli volevano un bene incredibile e lui, alla richiesta di sostegno morale durante quella giornata, dato il suo carattere affettuoso e la sua indole di premura verso "le sue protette", le due ragazze che gli erano sedute accanto, non si era di certo tirato indietro.
La più piccola delle due ragazze era tesa. Molto tesa. Era come se stesse andando dritta dritta nella tana di un lupo.
L'altra ragazza non poteva vedere la sua faccia, certo, ma dal silenzio che era calato in auto, interrotto soltanto dalla radio accesa ad un volume non troppo alto, capiva che c'era molta tensione.
"Irene, che hai? Sei agitata?" chiese improvvisamente la più grande delr due sorelle, perché tali erano le due ragazze. Irene sospirò, portando una mano al cuore per cercare di frenarne i battiti, e vide Gabriele sorridere. La piccola aveva lo stesso vizio dell'altra ragazza quando era in ansia: massaggiarsi il petto o tormentarsi le mani.
"Ho paura, Emma. Non so perché, ma ho paura." le rispose l'altra.
"Su, scricciolo. Non ti preoccupare, di certo i tuoi insegnanti vorranno farti i complimenti per come sei andata alle prove scritte!" le disse Gabriele, cingendole le esili spalle con un braccio. "Di' un po', Emma" aggiunse toccando scherzosamente anche la spalla dell'altra ragazza, "ti ricorda qualcuno?"
"A chi alludi?"
"Come? Non lo sai... cara?" le chiese il ragazzo, facendo ridere sia lei che Irene.
"Ragazzi, ci siamo!" disse il padre delle due ragazze. La madre, intanto, spalancò la portiera dal lato di Emma e l'aiutò a scendere. Gabriele prese sottobraccio le due: Emma che non sapeva dove stava andando e Irene che riusciva a stento a stare ancora in piedi.
Il gruppetto entrò nell'edificio, e la preside scortò tutti in un'aula vuota. Irene iniziò a mordersi nervosamente il labbro inferiore. Altro vizio di famiglia. Gabriele frequentava quella famiglia da quattro anni, non da una vita, ma era come se fosse cresciuto insieme a loro. Facendo un po' l'acrobata, passò l'indice sulla bocca della ragazzina, facendola ridere di gusto.
"Buongiorno." salutò la professoressa di lettere, invitando il gruppo a sedersi con un cenno. Emma comprese cosa voleva dire, ma non sapendo come fosse la stanza e dove si trovassero le sedie, iniziò a girare la testa da una parte all'altra, smarrita, come se si stesse guardando intorno, ma senza farlo per davvero.
"Aspetta. Vieni qui" le disse Gabriele.
L'avvicinò di più a sé e portò la mano che stava stringendo sullo schienale di una sedia di ferro. Una di quelle odiose sedie in ferro che la ragazza conosceva anche troppo bene. Cambiò espressione quando la toccò.
Lui se ne accorse e, per distrarla, provò ad ispirarle una battuta ironica, cosa che non gli risultava difficile poiché scherzare sulla sua condizione era una specialità della sua amica.
"Se vuoi te la sposto." le disse, sapendo con certezza in che modo avrebbe risposto.
"So che sei un cavaliere, ma non sarà eccessivo?" chiese la ragazza, lasciandolo andare per poi tirare su la sedia a due mani e spostarla abbastanza da potersi sedere e avere spazio per muoversi. In quell'ambiente, dopo alcune cose che le erano successe, anche lei si sentiva nervosa.
"Scusi, professoressa" ruppe il ghiaccio suo padre, cercando di allentare un po' la tensione, "è successo qualcosa di cui dovremmo preoccuparci?"
"Beh, non saprei dirle. Non si tratta di un voto. Non ho niente da ridire sotto quest'aspetto su Irene... ma nel suo tema c'era una cosa che riguardava te." disse la professoressa, indicando Emma.
Doveva aver dimenticato qualche "piccolo dettaglio", perché Gabriele toccò nuovamente il braccio della ragazza per farle capire che "te" era riferito a lei. La ragazza si morse le labbra, nel tentativo di soffocare una risata.
"Che cosa c'entro io?" chiese Emma.
"Il tema aveva a che vedere con te." le rispose la donna. Le mise davanti dei fogli, che Irene aveva accuratamente rilegato per evitare che si mettessero in disordine. Più che un tema sembrava un libro che avrebbe potuto essere tascabile se non fosse stato per la lunghezza dei fogli. La ragazza lo passò in rassegna con le dita che le tremavano.
"Vedi, il fatto è che tra le tracce proposte bisognava parlare di un tema storico ricorrente, che affascina per qualcosa... e lei questo l'ha fatto, ma su basi di una storia che sembra abbia inventato lei."
"Mi scusi" intervenne Irene, con voce tremante, sforzandosi di mostrarsi calma, "potrei leggere il tema a mia sorella?"
"Ah... certo, Irene! Perdonami, dimenticavo che..."
La donna si bloccò. Ecco: sempre la solita storia. Quella parolina, per quanto breve e semplice fosse, suscitava una certa tensione. La stessa Emma da bambina ne era turbata, ma il suono di quel gruppo di lettere, una volta imparato a prendere la sua vita in modo diverso, le risultava persino comico se pronunciato in un certo modo o associato ai modi di dire.
La professoressa lasciò la classe e si chiuse la porta alle spalle, per lasciare ai quattro ascoltatori il tempo di conoscere quella storia che credeva Irene avesse completamente inventato.
"Siamo soli, Irene. Sei pronta?" le chiese Emma.
"Ora lo sono... spero solo che non ti arrabbi."
"Non credo che mi arrabbierò... piuttosto credo che per quanto sono curiosa potrei iniziare a saltellare come un grillo!"
Irene prese un respiro profondo e iniziò a leggere.
"Il tema che ho scelto di trattare sono le rivoluzioni. Mi ha sempre affascinata quel cambiamento tanto improvviso da sconvolgere sia chi lo mette in atto sia chi ne viene colpito. La rivolta di Masaniello, la rivoluzione francese, la rivolta del 1799, le quattro giornate... ma più di tutte, la storia che mi ha toccato il cuore è stata... la rivoluzione di mia sorella."

La rivoluzione di mia sorellaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora