IRENE
Io, Emma e Gabriele camminavamo insieme, quel giorno. Io mi tenevo stretta a mia sorella. Avevo paura, perché una brutta sensazione mi aveva invasa. Avevo paura che da un momento all'altro potesse spuntare qualche poliziotto con un bastone tra le mani e iniziasse a menar colpi a destra e a sinistra. Anche Emma era agitata, anche perché Gabriele aveva ancora quell'enorme bernoccolo dietro la testa.
Arrivammo in un punto vendita e facendoci i conti in tasca acquistammo le provviste. Era bello avere il Sole sulle guance, camminare insieme, ridere, ma avevo paura.
Stavamo tornando indietro quando mia sorella urlò: "ATTENTI!", e tutti facemmo un passo indietro.
Doveva aver sentito delle voci, perché un attimo dopo ci trovammo addosso un mucchio di persone. Il professore di biologia di mia sorella mi strattonò forte, per il braccio.
"Piccolina... come mai sei in mezzo a questi ragazzi discoli e imprudenti? Su, vieni via!"
"LASCI STARE MIA SORELLA O IO..." gridò Emma, facendosi spazio e cercando di liberare il mio braccio dopo aver lasciato Gabriele. Con l'altra mano stringeva ancora la mia, per non perdermi. "Piccola, tira! Tira via il braccio!" mi sussurrò all'orecchio dopo aver toccato quella mano, per capire quanta forza stava mettendo nello stringermi il polso. Io ci provai, ma avvertii dolore.
"Certo! La lascio subito... perché ho un piccolo conto in sospeso con te" le disse il professore. Mi lasciò il polso, che mi faceva male. Io mi attaccai saldamente al suo braccio: non volevo che lui le mettesse le mani addosso, ma lui strattonò il braccio dalla mia presa e mi fece cadere per terra. Gabriele mi prese al volo, prima che battessi la testa per terra.
"ANDATE VIA, SVELTI!" gridò Emma mentre lui l'afferrava per portarsela via. Mia sorella punto i piedi al suolo, cercando di resistergli, ma ebbe non poca difficoltà.
"Alex, resta un attimo con Irene!" disse sottovoce Gabriele. "Scricciolo, rimani qui con lui. Tienilo per mano e correte verso l'altra entrata, veloci! Io ho qualcosa da fare!"
Alex prese la mia mano e iniziammo a correre, ma io non facevo che guardarmi indietro. Avevo davvero paura per mia sorella.
"Tranquilla, Irene. Emma è forte: vedrai che ce la farà."
Avevo capito perché aveva detto quella frase. Emma ci aveva praticamente mandati via, per evitare che i poliziotti che si stavano avvicinando, sbattendo i manganelli l'uno contro l'altro, potessero farci del male... ma cosa ne sarebbe stato di lei se loro avessero deciso di accanirsi contro di lei? Era da sola contro non so quante persone. Mi strinsi al ragazzo con la faccia da duro e scoppiai a piangere. Ero terrorizzata.
"Andrà tutto bene." mi sussurrò all'orecchio. "Non piangere."
Pochi istanti dopo vedemmo Gabriele raggiungersi di corsa. Sorreggeva mia sorella tenendola tra le braccia e sostenendola per i polsi. Corse verso di noi. Arrivammo all'entrata della scuola e le sentinelle ci fecero passare.
"Portatemi qui un materasso, presto!" esclamò agitato, mentre stringeva ancora mia sorella tra le braccia. "Emma, ti prego, svegliati, dimmi qualcosa, qualsiasi cosa!"
Corsi verso Gabriele. Ero presa dal terrore. Mia sorella aveva un grosso bernoccolo in fronte e perdeva sangue dal naso. Gabriele prese un fazzoletto imbevuto per tamponarle il sangue, perché ci sarebbe voluto troppo tempo cer cercarne uno asciutto e bagnarlo. "Dimmi che è successo, ti prego" gli dissi tra le lacrime.
"Quell'uomo voleva portarla via... lei si è gettata in avanti, verso di lui, che quando ha visto che faceva questo ha lasciato subito la presa sul suo braccio e lei è caduta a faccia in avanti." spiegò.
"Ma... l'hanno colpita? Dimmi: le hanno dato qualche botta con quei dannati bastoni?" chiesi agitata.
"No! Certo che no, altrimenti non avrebbero più avuto la testa sul collo" disse lui, infuriato. "Ma come potevo immaginare che quel professore potesse farle una cosa simile? Come... come potevo saperlo?"
"Lo so, Gabry! Non potevi di certo immaginarlo, non potevi saperlo, mi dispiace..."
"Dispiace più a me, amica mia!"
Mary, Denise e Chiara ci portarono un materasso, che fu disteso all'ingresso, e Gabriele ve l'adagiò sopra, con delicatezza.
"Mary, potresti portarmi del ghiaccio, per favore?" chiese.
"Certo, vado e torno, Gabriele." rispose, per poi posargli una mano sulla spalla, con fare conciliante, e dirgli: "Vedrai che lei si riprenderà presto. Lei non è per niente una sprovveduta. Non è esattamente preparata all'autodifesa a livello fisico, ma non è una che crolla tanto facilmente. Puoi crederci!"
Lui fece un cenno d'assenso.
Si chinò verso Emma e le disse sottovoce: "Sono qui, coniglietto coraggioso, sono qui! È un contrasto, ma non posso non riconoscerti che hai coraggio, molto coraggio!"
Mary tornò indietro di gran carriera, con un grosso pezzo di ghiaccio tra le mani, e lo passò a lui, che lo adagiò sul bernoccolo che lei aveva in fronte. Dovette sentire che le stava salendo anche la febbre.
"Bene! Ora non sono l'unico ad essersi ridotto in questo stato, accidenti! Se prende una botta uno di noi ogni giorno questo posto diventerà un ospedale più che una scuola."
"Stai tranquillo. Basta che si riposi un po' e si riprenderà, non ti preoccupare." gli disse Alex.
Gabriele si lasciò andare ad un sospiro. Mi dispiaceva vederlo tanto preoccupato. Non l'avevo mai visto in quello stato. Forse è quello che provano i fratelli maggiori. Forse i fratelli minori reagiscono in modo diverso quando succede qualcosa a quelli più grandi... non me lo sapevo spiegare, ma decisi di lasciar correre.
Mi avvicinai a lui e gli presi una mano per poi stringerla forte... fortissim). Ne avevo bisogno e forse anche lui.
"Ti voglio bene, Gabriele" gli dissi con un filo di voce.
"Anch'io te ne voglio, Irene!"
Restammo in quella posizione per un bel po'.
Poi, mentre Gabriele girava il blocco di ghiaccio, lasciò la mia mano e disse: "Tesoro, ora vai con gli altri, ci penso io a lei. @non ti preoccupare."
Mi allontanai, sperando che la vicinanza di Gabriele aiutasse mia sorella a riprendersi più in fretta. Mi faceva paura vederla ridotta in quello stato.
Sembrava che tutto si stesse ritorcendo contro di noi e questo mi portava ad avere dei dubbi: era giusto continuare a fare quello che stavamo facendo?
Dico: "Stavamo facendo" perché da allora anch'io entrai a far parte del moto rivoluzionario degli studenti, soprattutto perché accaddero delle cose che mi permisero di entrare nel gruppo.
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La rivoluzione di mia sorella
Teen FictionIrene, una ragazzina di tredici anni, per il suo esame di terza media sceglie un soggetto insolito... tanto insolito da portar i professori a convocare la sua famiglia. In particolare è richiesta la presenza della sorella maggiore: Emma, che è il pe...