IRENE
Era il giorno stabilito per ridipingere la scuola e Gabriele sarebbe andato ad acquistare i pennelli e i barattoli di vernice. Aveva voluto farlo lui per fare una sorpresa speciale a mia sorella. Prima di uscire, però, mi fece segno di avvicinarmi e seguirlo. Non capivo cosa volesse fare, ma fu Serena a spiegarmelo: voleva vedere se mia sorella era comunque in grado di riconoscerlo, come era già successo, senza che le parlasse.
Le andò vicino, molto silenziosamente, e le toccò la spalla sinistra.
La vidi irrigidirsi per qualche secondo, ma la luce che le comparve negli occhi mi diede l'idea del fatto che aveva capito perfettamente chi fosse... ma lei, incerta com'è, non disse una parola. Gabriele allungò una mano nella quale stringeva un bigliettino con su scritto in Braille: "Indovina?", e usando il labiale mi chiese di darglielo. Lei si mise a ridere, si voltò verso sinistra e disse semplicemente: "Ehi! Così non vale... Gabriele!"
Lui staccò la mano di scatto e lo vidi assumere un'espressione talmente stupita che mi venne quasi da ridere.
"Mi fai paura."
"Veramente sei tu che mi fai paura, perché hai l'abitudine di materializzarti alle mie spalle tipo Sau l'Enigmista!" esclamò lei. "E comunque, mi meraviglio di te, Gabriele... non ricordi che io sono una marziana? Sarebbe strano se non riuscissi a capire chi sei con le antenne che ho sotto la pelle e sulla testa..."
"Da questo punto di vista non hai tutti i torti." le disse lui, facendola girare per darle un bacio sulla guancia e scompigliarle i ricci, già ribelli per conto loro.
"Stai andando a prendere la vernice?" chiese mia sorella.
"Certo... e fidati: i colori li riconoscerai anche tu!" le disse Gabriele.
"Non sapevo che avessi avuto uno scontro frontale con Santa Lucia!" scherzò lei.
"Niente del genere, piccola. Tu fidati semplicemente di me e vedrai..."
"Ah, va bene... pensavo mi chiedessi altro. Questo è facilissimo." gli disse lei, semplicemente. "Non mi è per niente difficile fidarmi di te!"
"Però anche tu te le cerchi, piccola marziana. Solo un minuto fa hai detto che sono capace di materializzarmi alle tue spalle come Sau l'Enigmista e adesso dice che ti fidi di me... forse questo dovrebbe farti porre qualche domanda, non credi?" le disse lui sorridendo.
"Sai... io ci metto tempo a fidarmi delle persone, però quando mi fido o no generalmente ci prendo... quindi, signor fantasma, faccia pure quello che vuole!" lo prese in giro lei a sua volta.
Lui non se ne ebbe a male. Le passò nuovamente le mani tra i capelli e disse: "Mi piacerebbe che mi facessi un mantello per l'inverno, riccioli d'oro!"
"Io quello te lo faccio... ma non eri tu riccioli d'oro?"
"Il primato ce l'hai tu!" le disse lui, semplicemente. "Girati, vorrei farti fare una cosa che non permetto a nessuno, vieni!"
Lei si voltò verso di lui, che le prese una mano e se la portò sulla testa. "Ci puoi anche giocare."
"No, non posso" ribatté lei. "Hai detto che in genere ti dà fastidio che qualcuno faccia questo e io non voglio che tu ti senta costretto a farmi fare questo."
"Quanto sei dolce!" le disse lui, spostandole una consistente ciocca dietro l'orecchio destro. "Sei unica, piccola!"
"Unica? Non direi. Sono una come un'altra!"
"No. Tu sei unica, solo che non lo sai. Sei unica per il tuo modo di riconoscere le persone e di capire cosa provano ad occhi chiusi... anche se non ho ancora capito come fai. Sei unica perché, a modo tuo, cerchi di proteggere quelli a cui vuoi bene... sei unica e basta!"
"In realtà nemmeno io so come ci riesco!"
Lui le sorrise.
"Ora però dobbiamo andare" disse Gabriele, per poi prendere la mano di Serena.
"Certo, Gabry" disse Serena per poi andargli incontro e afferrare la sua mano. Guardai mia sorella e la vidi incupirsi.
Prima di andare via, però, anche Serena le si avvicinò e le lasciò un leggero bacio su una guancia. "Ci vediamo dopo, tesoro." le disse. Le voleva molto bene anche lei.
"A dopo, Sery" la salutò Emma con un sorriso.
Un sorriso che però mi sembrava un po' forzato.
Presi da parte mia sorella e le chiesi: "Emma, che ti prende?"
"Niente di grave, tranquilla... il fatto è che..."
"Cosa? Dimmi."
"Anch'io vorrei avere un ragazzo speciale come lui, Irene. Serena è fortunata, perché ha un ragazzo che le vuole bene, che le sta vicino e la fa sorridere. Chissà se io avrò mai una simile fortuna?"
"Certo che ce l'avrai, perché te la meriti!" le dissi prendendo le sue mani. "Vedrai, un giorno anche tu potrai dire a te stessa, perché so che non lo urleresti mai, di avere un ragazzo buono e sensibile come Gabriele!"
Lei abbozzò un sorriso e mi strinse in un forte abbraccio.
"Sei la sorellina migliore del mondo" mi disse.
"E tu sei la sorella maggiore migliore che esista!" dissi a mia volta, mentre le saltavo in braccio e lasciavo che mi stringesse a sé.
"Ti voglio bene, Irene..."
"Anch'io, Emma... e spero che troverai presto quello che cerchi!" le dissi sottovoce.
I ragazzi tornarono un paio d'ore dopo.
"Ehi, Emma Spirito Libero, vieni!"
Mia sorella rise al sentirsi chiamare in quel modo. Le piaceva tanto, e piaceva anche a me, moltissimo.
"Irene, mi porteresti da lui? Ho un po' paura di fare le scale, e per cercare il mio bastone ci metterei troppo" mi disse con un soffio di voce.
"Non c'è bisogno, Irene" disse Gabriele per poi posare sul pavimento i barattoli e venirci incontro. "Vieni tesoro."
La fece avvicinare ai barattoli di vernice e la fece inginocchiare davanti ad essi.
"Non so se ricordi, piccola, ma una volta mi facesti vedere i colori a modo tuo... ora, a modo tuo, potrai riconoscerli..."
"Come potrei dimenticare?" gli disse lei, con la voce leggermente tremante a causa dell'emozione.
"Dammi l'altra mano" le disse lui gentilmente.
Lei gli tese la mano e lui gliela fece posare su uno dei barattoli completamente rivestito di...
"Erba! Verde!"
"Potresti ripetere?"
"Questo contiene il colore verde, giusto?"
"Esatto! Ora spostalo a sinistra e girati leggermente verso la tua destra" le disse Gabriele, mettendo un braccio come limite, in modo che lei capisse quando fermarsi.
Lei sfiorò un altro barattolo, ma fu costretta a ritrarre la mano di scatto.
"Ahi! È..." disse, sentendo le guance ardere visto che aveva abbassato la testa.
"Bollente." le disse Gabriele.
Le toccò per scherzo una guancia e disse: "Proprio come la tua faccia!"
"È... è rosso?"
"Esatto! Rosso!"
"Ma... ma come hai fatto a... a farlo diventare così?" gli chiese lei.
"Mi sono semplicemente assicurato che fosse costantemente al caldo, in modo che ti sia facile riconoscerlo..."
Vidi gli occhi di Emma diventare leggermente lucidi. Non era la prima volta che la vedevo emozionarsi in quel modo e non era nemmeno la prima volta che il merito fosse del suo migliore amico, ovviamente. Lui aveva imparato in fretta a capire come comportarsi con lei, e soprattutto come sorprenderla.
"Che hai, Emma Spirito Libero? Non ti fa piacere?" le chiese lui.
"Mi... mi prendi in giro?"
"Per niente! Seriamente: cosa ti prende?"
"Mi prende che sono fortunata ad avere un amico come te... tanto fortunata da non saper apprezzare quello che ho... non ho un ragazzo, ma ho un amico. Anzi: un fratello, che forse è molto meglio..."
"Un amico, un fratello... io sono quello che vuoi tu, riccioli d'oro!"
Le lasciò un bacio sulla guancia, rossa e accaldata, e lo vidi sorridere.
Doveva piacergli questo lato a dir poco caratteristico di mia sorella. Questo lato introverso, dolce, esitante.
Questo lato che aveva solo lei.
Le mostrò gli altri colori, in senso figurato, naturalmente, e disse: "Vieni, andiamo a dare un tocco di vita alle pareti..."
"Ehi! Non vale! Voglio farlo anch'io!" dissi correndo incontro a loro.
Mi attaccai all'altro braccio di Emma prendendo alcuni barattoli e corremmo tutti dentro. Gli altri alunni ci raggiunsero e tutti insieme ci mettemmo a dare "un po' di vita alle pareti", come aveva giustamente detto Gabriele.
"Ti andrebbe di disegnare un arcobaleno sulla parete della tua classe?" chiese Gabriele, tenendo ancora mia sorella per mano.
"Come? Perché?" gli chiese lei, con la voce che le tremava leggermente.
"Perché se dovessi tornare qui, anche se non lo vedi, ricorderai di essere stata quell'eroina che durante una rivoluzione diede un po' di colore a questo posto... poi proverò a rappresentartene uno in rilievo, almeno potrai vederlo anche tu, come è giusto che sia!"
"Mi dici perché ti prendi tanto disturbo per me?" chiese lei.
"Disturbo? Non me ne sono accorto" rispose lui ridendo. "Dai, vieni! Ti aiuterò io a disegnare l'arcobaleno e ti farò ballare con i colori, se ti fa piacere!"
"Spero di distrarmi... stasera verranno i professori e ho paura che la mia idea dei colori non sortisca l'effetto che spero su di loro."
Mia sorella aveva raccontato solo a pochi del discorso con Alex. Per Gabriele non ne aveva avuto bisogno, avendo sentito tutto.
"Andrà benissimo, vedrai!" le disse lui.
Entrarono nella classe di Emma, che era vuota perché era stata aperta giusto per essere ridipinta, e lui aiutò mia sorella a salire su una delle sedie dei professori, presa apposta per dipingere le pareti, nei punti che si trovavano... un po' più in alto.
"Tranquilla, ti tengo io. Non ti lascio cadere" le disse lui, vedendola un po' agitata. Tenne un braccio attorno alla sua vita, per sorreggerla, e le fece alzare l'altra mano. "Qui c'è un barattolo: prova ad indovinare di che colore è?" E portò la sua mano sul grosso barattolo di vernice. Lei sorrise quando toccò un barattolo avvolto con una serie di spaghi.
"È giallo!" esclamò mia sorella, con un sorriso che le andava da un orecchio all'altro.
"Ottimo! Ecco, tieni! Questo pennello ti darà molte soddisfazioni! Non puoi vederlo, ma puoi sentire il movimento..."
Lei si lasciò guidare e quel movimento parve piacerle, e anche parecchio.
Andarono avanti con gli altri colori, ma dopo un po' Gabriele si lasciò sfuggire un'affermazione un po'... provocatoria.
"Piccola, perdonami, ma sembri un pagliaccio!" disse ridendo poiché lei era completamente coperta di vernice.
Lei non si offese, ma finse di essersela presa.
"E io che credevo tu fossi un gentiluomo!"
"Infatti io in genere lo sono!"
"Ah... e da quando un gentiluomo dice alla sua amica pipistrello che è un pagliaccio? È un pochino scortese da parte tua, sai?"
"Non lo so, ma... che? Amica pipistrello?"
"L'hai detto tu che a livello di udito sembro un pipistrello!"
Lui scoppiò a ridere e continuò a scherzare con lei che, dal canto suo, pur non riuscendo a mostrarsi seria, disse: "Allora vuoi la guerra, Gabriele? Molto bene... che guerra sia!"
Prese un po' di colore dal barattolo che conteneva il rosso, a mani nude, e glielo spalmò sul viso.
"Beh? Chi è il pagliaccio, adesso?"
"Ah, hai intenzione di giocare! Molto bene, piccola birbantella!" le disse lui, avvicinandosi e spalmandole il colore sulle guance. "Ecco!"
"Vuoi evidenziare il mio colore rosso sulle guance quando m'imbarazzo, non è vero?" chiese lei. "Va bene, non hai tutti i torti... ma ora cosa ne diresti di ballare con i colori, come mi hai detto prima che venissimo qui a ridipingere l'aula?"
"Andata!" rispose lui. Si misero entrambi a prendere del colore dai rispettivi barattoli e a spalmarselo a vicenda sulla pelle, ma questa volta non lo fecero per farsi dispetto. Solo per ballare con i colori, come a loro piaceva dire. Dopo un po' Gabriele portò Emma al centro dell'aula e disse: "Mi concede questo ballo, Principessa dei colori del Buio?"
"Che?"
"Non ti piace?"
"Mi piace tantissimo, però... perché?"
"Perché tu i colori puoi vederli nel modo che preferisci, associarli a quello che vuoi, e stai guidando anche me, se vuoi saperlo." E detto questo portò le mani di mia sorella davanti ai suoi occhi e quelli di lei s'illuminarono incredibilmente.
"Hai... hai gli occhi chiusi!" esclamò lei, quasi commossa.
"Certo! Vorrei che mi guidassi tu, Emma Spirito Libero! Solo la.Principessa dei Colori del Buio può guidarmi nel suo regno, e per entrarvi bisogna chiudere gli occhi."
"Ma non hai paura di cadere, Gabriele?"
"Non se le uniche cose che occupano la stanza sono ammucchiate in un angolo e la mia migliore amica esperta in movimenti al buio, mi guida!"
A quel punto, abbattuta ogni barriera e risolto ogni dubbio, Emma e Gabriele iniziarono a ballare insieme.
"Grazie per avermi mostrato i tuoi colori... fratellino!" gli disse sottovoce Emma.
A quel punto il nostro piccolo gruppo li raggiunse e anche noi iniziammo a ballare con loro e... come loro!
"Io vedo i tuoi veri colori brillare. Io vedo i tuoi veri colori ed è per questo che ti voglio bene. Non aver paura e mostrami i tuoi veri colori... che sono belli, come un arcobaleno!"
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La rivoluzione di mia sorella
Teen FictionIrene, una ragazzina di tredici anni, per il suo esame di terza media sceglie un soggetto insolito... tanto insolito da portar i professori a convocare la sua famiglia. In particolare è richiesta la presenza della sorella maggiore: Emma, che è il pe...