<16: "I tuoi occhi sono uno specchio"...>

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IRENE
"Ti rendi conto di tutto quello che hai combinato con le tue idee, vero, ragazzina?" chiese la preside, posizionandosi accanto all'agglomerato di banchi uniti.
"Certo, e non è peggio di tutto quello che VOI avete combinato a me e agli altri!" rispose lei, puntando il dito nella direzione da cui proveniva quella voce. "Ma in fondo a voi cosa importa? Per voi non siamo che stupidi numeri! Numeri dall'uno al dieci, secondo le vostre idee! Numeri di persone da nominare per accertarvi che ci siamo! Cosa potreste farvene di una sequenza di numeri associati a dei nomi? Per voi non siamo un bel ricordo, una personalità, un modo di pensare e vivere... siamo solo numeri... stupidi numeri!"
"Ma come ti permetti, stupida ragazzina?" chiese la donna.
"Come mi permetto? Questo è l'esempio lampante dell'incoerenza di un'istituzione."
"Ma che storia è questa? Cosa stai blaterando, Emma?"
"Sto dicendo che siete incoerenti! Ci predicate spirito critico, ma se diciamo cose diverse da quelle che volete sentirvi dire ci gridate contro. Ci predicate apertura mentale e siete chiusi. Ci dite di non studiare solo dai libri, ma pretendete spiegazioni date esattamente con le parole scritte in quegli stessi libri. Ci dite che siamo limitati e non fate altro che metterci limiti. Ci dite che dobbiamo esprimere le nostre opinioni, ma trovate sempre e comunque il modo per aver ragione, anche se avete torto!"
"Ma per favore! Questo è soltanto un tuo sciocco puntiglio, messo su per tenere in piedi una cosa che non sta né in Cielo né in Terra. Cosa credi di fare? Rivoluzionare completamente la scuola?"
"No! Ci vorrebbe troppo tempo per quello e anche troppa pazienza, e grazie a lei e ai suoi sottoposti, purtroppo, io di pazienza non ne dispongo più. Ma almeno potrò far piazza pulita nel posto che mi ha ospitata per tanto tempo. E sia gentile, per una volta: ammetta che c'è qualcosa che non va qui dentro."
"Ti giuro che te la farò pagare cara quando questa storia sarà finita!"
"Quando questa storia sarà finita io concluderò gli studi da un'altra parte!"
"Ma guarda che ragazzina vigliacca! E io che ti credevo una brava ragazza, una brava studentessa..."
"Beh, se è per questo anche a me è toccata una disillusione... ho scoperto che la scuola imprigiona, non libera, e che io che ho bisogno di persone mentalmente aperte mi sono infilata tra persone con una mentalità chiusa e... limitata."
Mia sorella evidenziò la parola "limitata" in modo che fosse perfettamente chiara alla persona alla quale si rivolgeva. Quest'ultima stava per saltarle addosso, ma lei la schivò e gli altri studenti la presero letteralmente di peso e se la portarono via. Mia sorella rimase ferma sul posto. Aveva il viso completamente rosso, gli occhi lucidi e un'espressione che trasmetteva puro sfinimento.
La vidi alzarsi e cercare a tentoni l'uscita. La seguii e notai che oltre a me c'era anche Gabriele che la seguiva. Lei arrivò in cortile, si lasciò scivolare a terra e si prese la testa tra le mani. Là faceva freddo, perché marzo è un mese totalmente irregolare e l'inverno stava finendo. Lei era di salute cagionevole, ma in quel momento sembrava quasi non interessarle l'ipotesi di beccarsi un raffreddore. Era in lacrime.
"Dai, Emma Spirito Libero!" le disse Gabriele, avvicinandosi e mettendosi in ginocchio vicino a lei. "Togli le mani, ti prego, toglile!"
"No! Non voglio che mi guardi, non voglio!" gli disse lei. A quel punto lui posò le sue mani su quelle della mia sorellina e iniziò ad accarezzarle, con delicatezza.
"Sei stata brava! Hai solo detto quello che pensavi, no? Niente di più e niente di meno di quello che hai detto a me."
"La verità è che io non ce la faccio! Mi sento costantemente in errore, perché purtroppo lei ha ragione. Se potessi io ribalterei tutto quello che ha a che fare con la scuola, tutto!"
"Però sei stata abbastanza intelligente da capire che dirle questo sarebbe stato tempo perso, piccola!"
"Gabriele... il fatto è che ogni cosa mi fa pensare di essere in errore. Qualsiasi cosa io possa fare ho quasi la certezza del fatto che... che sto sbagliando, capisci? È un peso costante!"
"Certo, però tu sei veramente un bel tipo. Dici quello che pensi e ti senti in colpa un secondo dopo. Adesso però scopriti il viso che voglio vederti. Tu non lo sai, ma sei molto bella."
Lei esitò, quindi lui le fece spostare le mani dal viso. Le passò in rassegna il viso con le mani, con delicatezza, e disse: "Dai, adesso entriamo che se prendi freddo ti ammalerai di nuovo e sei già un pochino accaldata. Dai, vieni, torniamo dentro e se ti va io vado a prenderti qualcosa, okay?"
"Se mi dici dove faccio da me." balbettò lei, esitante.
"Ma figurati, non farti problemi come tuo solito, piccola, vieni!"
Gabriele la prese per mano e lei, stringendo leggermente, lo trattenne dal muovere un passo in avanti.
"Gabriele, aspetta!" disse.
"Cosa?"
"Grazie."
"Per che cosa?"
"Può sembrare una cosa sciocca da dire, ma..."
"Ehi, tranquilla... ti ho già detto più di una volta che non mordo!"
Lei prese un respiro profondo e disse: "Ecco... grazie per essere quello che sei!"
"Perché? Cosa c'è di speciale?"
"Perché sei il mio specchio..."
"Il tuo... che? Non credo di aver capito."
"Sei il mio specchio. Non posso guardarti negli occhi, perché di solito si dice che ci si riflette negli occhi degli altri... però... attraverso le tue descrizioni, il tuo modo di fare, il tuo tono gentile quando vuoi dirmi che sto facendo progressi o vuoi darmi un consiglio... è come se mi permettessero di guardarmi allo specchio... è una cosa che un po' mi spaventa, ma mi fa anche bene... e poi c'è il fatto che non so tu come ci riesca, ma anche con un gioco di parole hai la capacità di tranquillizzarmi. Uno tipo... l'O... maggio!"
Lui scoppiò a ridere, ricordando che una volta le aveva detto: "Ti ho portato un omaggio anche se siamo a dicembre!", perché lei era in crisi pre-spettacolo e lui, che l'aveva capito, aveva cercato d'inventarsi qualcosa che potesse tranquillizzarla.
"Non so se sia un bene o un male essere il tuo specchio, ma sono felice che tu mi consideri tanto importante." le disse avvolgendole le spalle con un braccio e tenendola vicina a sé, come un degno cavaliere.

La rivoluzione di mia sorellaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora