IRENE
Non sapevamo come sarebbe andata a finire.
Non sapevamo se le parole di Emma avessero toccato o meno il cuore di quell'uomo al punto di permetterci di riabbracciare le nostre famiglie senza il timore di una ritorsione dei professori nei confronti degli allievi ribelli.
Quello che sapevo era che ammiravo sempre di più Emma e Gabriele per il coraggio che dimostravano nel ribellarsi con i fatti, ma non per questo in maniera cruenta.
Lei era tesa, camminava avanti e indietro per il corridoio per passare il tempo e andava continuamente a sbattere contro qualche porta o contro il muro, perché la tensione le impediva di tenersi nella zona centrale del corridoio e accentuava la sua tendenza ad andare a destra.
"La smetti di fare il canguro per il corridoio o hai intenzione di procurarti qualche livido?"
Gabriele si mise alle sue spalle e gliele strinse leggermente, quel tanto che bastava per fermarla dall'andare avanti e injcetro senza sosta. Vidi che era preoccupato per lei, perché aveva iniziato a tormentarsi le mani con tale forza da rischiare di procurarsi dei graffi sui palmi. Le tolse le mani dalle spalle e prese le mani di Emma, stringendole per evitare che potesse farsi ancora più male.
"Andrà tutto bene, vedrai" le disse. "Hai parlato con calma nonostante quello che hai dentro e sono certo che quell'ispettore ne terrà conto."
"Non lo so, Gabriele" sospirò lei amaramente. "La verità è che non riesco più a credere in niente di quello che faccio. In fondo hanno ragione loro: io non posso fare proprio niente!"
"Ehi! Ti ho già detto che questo non devi pensarlo neanche lontanamente! Tu sei una ragazza meravigliosa e nessuno... hai capito? Nessuno deve portarti a pensare il contrario." le disse Gabriele.
Lo disse con tono dolce e pacato, ma al contempo fermo e deciso. Non gli andava per niente l'idea di mia sorella senza autostima.
Del resto, neanche a me faceva piacere che lei, a livello morale, si buttasse giù.
"Emma, ha ragione lui!" le dissi. "Non permettere a nessuno di far crollare la tua autostima, anche perché se stai male tu sto male anch'io di riflesso, te lo giuro! Preferisco sapere che sei felice, vederti sorridere, perché nessuno ha il diritto di far soffrire la mia sorellina!"
Andai verso di lei e anch'io portai le mie mani sulle sue. Speravo che mi prendesse in braccio, che mi stringesse forte a sé e mi dicesse che avrebbe continuato a lottare fino a raggiungere il suo obiettivo... quello che, del resto, era diventato anche il mio obiettivo proprio per la ragione per cui non volevo che la sua autostima avesse un calo.
"Vi giuro che ci sto provando, ma non so quanto ancora potrò resistere" sussurrò lei, con un tono di voce che esprimeva quasi un senso di colpa che lei non meritava assolutamente di provare. "Vi prego, scusatemi. Perdonatemi per tutto il tempo che... che vi faccio perdere!"
"Ti piace tanto questa frase, a quanto pare. È già la seconda volta che te la sento dire, mia piccola marziana... ma te lo ripeto: stare con te non è mai una perdita di tempo, qualsiasi cosa si faccia. A maggior ragione se si tratta di questo genere di cose. Tu stai dando un segnale forte a coloro che ti fanno soffrire, e puoi credermi se ti dico questo: non è di sicuro una cosa da tutti... te lo giuro su quello che vuoi. Sei una ragazza coraggiosa, sei il mio esempio!"
"Ah, giusto! Questo discorso l'avete già affrontato, no?"
Emma si limitò a fare un cenno d'assenso, staccò una mano dalla mia presa e da quella di Gabriele e se la portò sulla fronte, sfregandola talmente forte da rischiare di farsi seriamente male. Gabriele la fermò e le disse: "Tesoro, adesso cerca di non pensarci... domani sapremo e agiremo di conseguenza, d'accordo? Se lui dovesse dire che possiamo ritornare a casa senza preoccuparci di eventuali ritorsioni lo faremo. In caso contrario... resisteremo ancora un po', e se il problema risiede in questo ci siamo io e tua sorella ad aiutarti..."
"Lo faresti sul serio, Gabriele?" gli chiese esitante.
"Certo che lo farei davvero... anzi: lo farò davvero, e sai perché? Perché tu sei la mia migliore amica!"
Lei gli sorrise debolmente. Mi fu subito chiaro che il suo era un sorriso sincero, ma anche stanco visto che le stava succedendo praticamente di tutto. O meglio: che CI stava succedendo praticamente di tutto... anch'io ero coinvolta in quella rivoluzione, ma se potessi tornare indietro nel tempo mi comporterei esattamente alla stessa maniera.
Per dimostrarlo a mia sorella feci segno a Gabriele di lasciarla andare e saltai in braccio ad Emma, allacciando le mie braccia al suo collo, in modo che potesse avere l'ennesima conferma del fatto che, qualunque cosa fosse successa, io sarei sempre rimasta con lei.
"Non dimenticare che ci sono anch'io" disse all'improvviso una voce alle nostre spalle. Era Alex, che doveva essere appena arrivato e, a quanto pareva, aveva ascoltato tutto.
"Alex" sussurrò lei, come se non ci credesse.
"Esatto. Alex. Non potrei mai lasciarti sola, fiore delicato. Non potrei mai farlo, dopo quello che hai fatto per me." le disse Alex. "Se qualcuno ti fa piangere, io gli spacco la testolina per controllare se ha un cervello."
A quell'uscita, forse senza aspettarselo lei stessa, mia sorella scoppiò in una risata... una risata che mi mancava da un bel po' di tempo e che avevo finalmente avuto il piacere di udire di nuovo... una risata che poteva essere solo di mia sorella. Nessun'altra rideva come lei.
Anzi: per dirla meglio: ero più che certa del fatto che non potesse esistere qualcuno che rideva come lei.
In ogni caso ringraziai mentalmente Gabriele che le aveva impedito di farsi male a causa del suo nervosismo e ad Alex per averla fatta ridere, anche se soltanto per qualche secondo.
"Lo sai che sei unico, Alex?" disse lei. "Ma credimi se te lo dico: io non ti chiederò mai di fare niente del genere. Sai perfettamente che sono contraria a qualsiasi forma di violenza, che sia fisica o psicologica. Non avrai bisogno di fare niente di quello che hai detto."
"Allora cosa posso fare per sdebitarmi con te, piccolo fiore delicato?"
"Per la cronaca non mi devi proprio niente, e lo sai" disse mia sorella, "ma se proprio vuoi fare qualcosa per me, basta che tu resti accanto a me..."
Lui non disse altro. Si limitò a rivolgere un enorme sorriso. Quella sera mettemmo da parte l'idea di andare a dormire poiché Emma non era l'unica ad essere nervosa per quella faccenda.
Passammo la notte a cercare di distrarci con chiacchiere su vari argomenti e giochi che già esistevano o giochi inventati al momento, ma uno di quelli io lo conoscevo e fu terapeutico per tutti noi. Si chiamava: "I'm dreaming", e consisteva nel rivelare i nostri desideri, concludendo per l'appunto con la frase che fungeva da titolo al gioco.
A fare questo gioco c'eravamo io, Emma, Denise, Mary e Chiara. Ci eravamo messe in disparte perché eravamo quelle che avevano più confidenza fra loro e quel gioco poteva portare fuori alcuni segreti di estrema importanza.
"Chi comincia?"
Feci quella domanda cercando di non alzare la voce dato l'orario, anche se per fortuna non c'era un silenzio assoluto poiché nessuno era ancora riuscito ad addormentarsi...
"Posso cominciare io." sussurrò Mary, spostandosi al centro del cerchio che avevamo formato.
Ci sistemammo intorno a lei che disse: "Vorrei frequentare la facoltà di psicologia all'università e trovare un lavoro che mi dia un minimo di stabilità. Vorrei cercare di capire fino a che punto devo preooccuparmi di chi ho intorno. Vorrei trovare qualcuno che non mi respinga una volta saputo che non me la sento di diventare madre. I'm dreaming."
Mia sorella tese la mano e cercò quella di una delle poche amiche che aveva trovato in quell'ambiente.
"Ora tocca a me" disse Denise in un debole sussurro.
Mary si spostò, tornando a sedersi accanto ad Emma e Denise prese il suo posto, al centro del solito cerchio che noi provvedemmo a chiudere, esattamente come prima.
"Vorrei non dover più avere paura del giudizio altrui. Vorrei che le persone che ho intorno riuscissero ad accettarmi per quella che sono. I'm dreaming."
Denise era stata breve, ma mentre parlava dei suoi desideri le tremava la voce.
"Ora tocca a me" disse Chiara, prendendo il posto di Denise che, dal canto suo, si spostò accanto a me.
"Vorrei che non mi prendessero costantemente in giro perché sono quella che tutti definiscono una figlia dei fiori. Vorrei non essere tanto esitante da non riuscire a dire alcune cose a delle persone molto importanti per me. Vorrei dire loro esattamente questo: vorrei far sapere loro... quanto sono importanti. I'm dreaming."
"Tocca a me." dissi spostandomi al centro. Mi posizionai esattamente di fronte ad Emma.
"Vorrei che mia sorella avesse più fiducia in se stessa. Vorrei che non le servissero le barriere che si è creata intorno per proteggersi da chi vuole farla stare male. Vorrei che tutti coloro che l'hanno fatta soffrire... si rendessero conto di quanto le cose che le hanno fatto abbiano inciso su di lei e sul suo carattere... I'm dreaming."
Mia sorella strinse forte le mie mani tra le sue... sembrava che non avesse il coraggio di fare quel gioco.
Io lasciai la presa sulle sue mani e mi spostai all'indietro, accanto a lei, che, senza dire una parola, si posizionò al centro, come avevamo già fatto noialtre prima di lei. Prese un profondo respiro e iniziò a lasciarsi andare attraverso quel semplice gioco.
"Vorrei abbattere le mie barriere, una per una. Vorrei essere in grado d'incassare meglio i fendenti della vita. Vorrei che mia sorella non dovesse soffrire per me. Vorrei che il mio migliore amico non dovesse soffrire per me. Vorrei capire che cosa è cambiato da quando questa storia è iniziata. Vorrei sapere perché quando sono con una persona mi batte forte il cuore, perché lo sento spingere contro lo sterno, come se volesse soltanto schizzare via dal mio petto... vorrei capire cosa mi succede. I'm dreaming."
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La rivoluzione di mia sorella
JugendliteraturIrene, una ragazzina di tredici anni, per il suo esame di terza media sceglie un soggetto insolito... tanto insolito da portar i professori a convocare la sua famiglia. In particolare è richiesta la presenza della sorella maggiore: Emma, che è il pe...