IRENE
Le sorprese per mia sorella, però, non finirono con quella conversazione e quell'abbraccio.
Ci era arrivata la notizia che un ispettore sarebbe venuto a vedere in che condizioni era la scuola. Che disdetta! Proprio il giorno del compleanno di mia sorella dovevano mandare a chiamare quel tizio? Perché?
Per fortuna non facemmo nulla di eccessivo, anche perché lei non era proprio in vena di fare festa, quindi, quando ci trovammo quel tizio di fronte, fummo in grado di accoglierlo a dovere... che non significa assalirlo, sia chiaro. Fu proprio lei a volerlo ricevere, perché in fondo l'idea di ritinteggiare le pareti era partita da lei, e sono certa che lui fosse rimasto sorpreso dal modo in cui lei si comportò in quell'occasione.
"Buongiorno, signore" disse gentilmente. Gabriele era vicino a lei. Non gli era stato chiesto di farlo, ma forse lui sentiva che lei si sarebbe sentita un po' più sicura se lui le fosse rimasto accanto.
"Tu devi essere Emma, il capo dei ribelli!" le disse l'ispettore con un sorriso che mi sembrò falso.
"Sono Emma, ma non sono il capo di niente!"
"Beh... ammetto che mi aspettavo qualcosa di molto peggio quando mi è stato detto che qui c'era una rivoluzione. La scuola non sembra avere un aspetto tanto malvagio, ragazzina... almeno per quanto riguarda l'ingresso... e non so come tu abbia fatto a farmi entrare e a tener buoni i tuoi guardiani!"
"Non siamo animali, signore! Basta che ci si metta d'accordo, in modo che nessuno debba farsi del male! A volte litighiamo anche noi, ma siamo un gruppo unito quando occorre."
L'uomo scosse vigorosamente la testa mentre a turno lo guidavamo in giro per l'edificio. Mi sembrò sempre più sorpreso nel constatare che l'unica cosa che era stata tolta erano i bastoni delle tende e che i banchi erano stati semplicemente spostati in altre aule. Ma la cosa che dovette stupirlo di più fu l'arcobaleno che mia sorella e Gabriele avevano dipinto.
"Come mai questa scelta?" chiese a mia sorella dato che lei aveva voluto accompagnarlo nella perlustrazione dell'aula che aveva occupato per tanto tempo.
"È stata un'idea del mio amico. Mi ha aiutata lui a dipingere l'aula realizzando un arcobaleno." gli rispose Emma. "E sono felice del fatto che lui mi abbia proposto proprio questo, se devo essere sincera, e lo sa perché? Perché qui dentro ho rischiato di ammalarmi seriamente grazie a chi dovrebbe insegnarmi qualcosa! Ora le dirò una cosa... una cosa che ho sentito dire in un film. Le hanno mai parlato del film: "Stelle sulla Terra"?"
"No, ragazzina, ma perché me lo chiedi?"
"Perché in quel film vengono citate delle isole. Si chiamano Isole Salomone, e da quello che ho capito, per deforestare una zona, gli indigeni si avvicinano agli alberi e li insultano pesantemente..."
"Dove vuoi arrivare?" la interruppe lui.
"Se lei mi facesse parlare, glielo spiegherei... si dice che, dopo un po', gli alberi che vengono insultati... cadano da soli."
"E con questo?"
"Io e molti dei miei compagni abbiamo rischiato di fare esattamente quella fine. È per questo che stiamo impedendo a chi ci ha portati a questo di continuare a lavorare, esattamente come loro, per anni, ci hanno impedito di sentirci bene in questo posto... che avrebbe dovuto unirci in un altro contesto... in un altro modo... e invece ci ha uniti attraverso una rivolta..."
"Forse perché siete decisamente troppo sciocchi per potervi avvicinare gli uni agli altri in un altro modo, ragazzina" le rispose lui.
"O forse perché non ci è mai stata data la possibilità di conoscerci veramente, visto che avevamo ben altro di cui occuparci... ad esempio: evitare di crollare sotto continue pressioni psicologiche..."
"Non dire bestialità, ti prego! Ci è stato detto che i professori che hanno tentato di accedere sono stati brutalmente cacciati! Cosa mi dici adesso?"
Senza dire una parola, Emma si spostò dalla fronte una ciocca di capelli che copriva il bernoccolo che si era procurata tempo addietro, ancora evidente sulla sua pelle candida, alzò la testa e glielo mostrò, continuando a rimanere in silenzio. Forse aspettava che lui le chiedesse qualcosa, ad esempio... "Come te lo sei procurato quel coso in fronte?"
"Come me lo sono procurato?"
Lei tese una mano per cercare quella di lui e disse: "Deve sapere che ci sono state diverse incursioni della polizia. Nella prima il mio amico qui presente è stato colpito alla spalla e ha battuto la testa nella zona in cui dovrebbe essere il cervelletto." disse toccandosi la zona dietro la testa. "Ha avuto la febbre alta per giorni. Durante un'incursione io ho mandato dentro gli altri per evitare che potessero farsi del male. Risultato? Un professore mi ha strattonata per portarmi via, e visto che io non volevo andare con lui è stato tanto corretto da mollare la presa improvvisamente e farmi cadere a faccia in giù, sul pavimento!"
L'uomo parve sorpreso dal racconto di mia sorella, che però comprese che c'era ancora qualcosa che non gli tornava.
"I bastoni delle tende ci servivano soltanto in caso di difesa, non per attaccare qualcuno!" disse senza nemmeno chiedergli cosa non quadrasse in quella storia.
"Non so come tu abbia fatto a capire cosa ti volevo chiedere, tantopiù che non mi puoi guardare!" disse l'uomo, passandomi una mano sulla fronte. In quel momento giuro che avrei potuto saltargli addosso o, in alternativa, gli avrei probabilmente riso in faccia, ma non feci nulla di simile.
"Come si vede che lei ancora non conosce bene la mia migliore amica!" gli disse Gabriele.
Lei diventò tutta rossa e gli sorrise. Le piaceva che lui la considerasse importante fino a quel livello.
"La tua migliore amica?"
"Ma certo! Lei è la mia migliore amica!"
Lui prese la mano di Emma e, sorridendole affettuosamente, la strinse forte nella sua.
"Non solo lo è, ma io ne vado anche fiero. Lei è diventata la colonna portante di tutto questo, ma non vuole dirlo perché riconosce che ognuno ha fatto la sua parte. Si è esposta da sola, per proteggerci, ma quando si tratta di spiegare che ruolo ha avuto, ne parla poco."
"Io non sono nulla del genere. Sono solo una studentessa in crisi d'astinenza da dosi di autostima... e quelle non te le può dare qualcuno: devi prendertele tu!"
Non lasciò mai andare la mano di Gabriele, ma gli chiese sottovoce di accompagnarla dal visitatore, che si era spostato, e lui, che sapeva bene come gestirsi, lo fece. Quando si trovarono faccia a faccia, mia sorella alzò di poco il viso e disse: "Noi siamo stati alberi che sono quasi stati sradicati. Qui dovremmo essere tutti uguali, rispettarci gli uni con gli altri... è da qui che si dovrebbe partire per creare un mondo privo di povertà, barriere, distinzioni per questo o quello. Ma come si può sperare di fare questo, se chi dovrebbe insegnarci come affacciarci alla vita si comporta come se in qualche modo valesse più di quanto valiamo noi? Loro devono insegnarci, non certo soffocare le nostre idee!"
L'uomo trattenne il respiro per qualche secondo.
Lo vidi girarsi dalla parte opposta, come se gli occhi di mia sorella potessero vederlo davvero.
Era commosso... molto commosso.
"Vedrò quello che posso fare."
Quelle parole, pronunciate da un uomo tutto di un pezzo come quello, mi fecero battere forte il cuore. Forse quello che mia madre mi aveva detto, ovvero di essere sempre buona e pensare sempre in maniera positiva, stava iniziando a fare il suo effetto.
Mia sorella l'aveva fatto, nonostante in quel periodo le costasse davvero molto, e qualche risultato l'aveva ottenuto. Non con i professori, con un estraneo, ma credo sia meglio aver toccato il cuore di un estraneo. Per quello di chi ti conosce, ma non fa nulla per evitarti altre sofferenze, c'è ben poco da fare. Non mi sorprende che da questo punto di vista lei sia stata costretta a lasciar stare.
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La rivoluzione di mia sorella
Novela JuvenilIrene, una ragazzina di tredici anni, per il suo esame di terza media sceglie un soggetto insolito... tanto insolito da portar i professori a convocare la sua famiglia. In particolare è richiesta la presenza della sorella maggiore: Emma, che è il pe...