<9: Non mi farete di nuovo del male!>

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IRENE
Mi avvicinai a mia sorella e l'abbracciai da dietro. Lei inizialmente s'irrigidì, poi mi riconobbe, si voltò e mi abbracciò forte.
"Irene! Che cosa ci fai qui? È successo qualcosa?" chiese agitata.
"Volevo vederti! Ti hanno fatto qualcosa, Emma? Ti hanno fatto del male?" le chiesi, stringendola fortissimo a me.
"No, a me non hanno fatto niente, Irene."
"Per Gabriele non preoccuparti: c'è mamma. Lo curerà lei, vedrai!" le dissi, cercando di rassicurarla.
"Mamma è qui?" mi chiese Emma.
"Certo, è qui."
Mia madre si fece sentire, parlando con Gabriele.
"Voltati con il viso sul materasso, caro" disse gentilmente. "Piano. Piano, Gabriele. Non girarti così di scatto. Ecco."
Gabriele si voltò e mia madre iniziò a premergli leggermente la spalla contratta dalla botta che aveva preso. "Ti fa molto male, Gabriele? Se avverti fitte dimmelo ed io mi fermerò."
"Niente, non si preoccupi... Ahi!" sussurrò.
Doveva aver toccato un punto delicato poiché mia madre smise di colpo di massaggiargli la spalla e vi posò un freddino del congelatore per alleviare un po' il dolore del mio amico. Lui prese un respiro profondo e mi sembrò un po' sollevato... mia madre passò a sfiorargli la testa, piano, con delicatezza.
"Ah! Santo cielo!" sussurrò Gabriele, serrando la mascella quando mia madre sfiorò un bernoccolo. "Fa malissimo!"
"Scusa, caro... ecco qua. Un po' di fresco anche qui, okay? Ti farà bene."
"Mamma! Ce lo metto io!" disse Emma, tornando accanto a lui. "Dimmi se ti faccio male Gabriele, okay? Starò attenta, te l'assicuro!"
"Piccola, non preoccuparti per me. Riesco a muovere le mani, me lo metto io il ghiaccio." le disse lui, muovendo il braccio destro. Lui era stato colpito alla spalla destra e quando cercò di mettere la mano sul freddino ebbe un sussulto per il dolore. "Ahi! Accidenti, che botta!" disse serrando ancora di più la bocca.
"Fermo, ti farai male!" gli disse mia sorella, aiutandolo a sistemarsi meglio sul materasso. "Su, coraggio, cerca di resistere e non ti sforzare, d'accordo?"
"Va bene, mamma chioccia!" la prese in giro lui, facendola diventare rossa.
"Dai, Gabriele... dico sul serio!"
"Lo so, Emma Spirito Libero, ma stavo scherzando per allentare un po' la tensione. Non ti preoccupare!"
Lei scoppiò a ridere e gli disse: "Ti voglio tanto bene, Gabriele Cuore D'Oro!"
Lui le sorrise.
Lei in quel momento era troppo impegnata a curarlo per accorgersi del sorriso. Lui si lasciò coccolare la testa dalle mani delicate di mia sorella. Nel vedere che lui stava meglio sembrò che si sentisse meglio.
Poco dopo arrivò anche la professoressa siciliana. Le sentinelle la lasciarono entrare, ma non la persero di vista neanche per un secondo. Volevano solo che vedesse come stavano le cose nell'edificio. La donna rimase esterrefatta nel vedere molti studenti addormentati, sdraiati sui numerosi materassi che chiudevano le porte. Quasi tutte le classi erano sprangate.
Ne erano state lasciate aperte solo cinque o sei al pianterreno, che servivano per appoggiare piatti e posate.
L'Aula Magna, la presidenza, la segreteria, erano chiuse. Il bar era rimasto aperto e là si tenevano tutte le provviste e le riserve che erano già presenti prima dell'occupazione degli studenti.
Lo so perché Alex, lo studente che mia sorella non riusciva a sopportare o almeno a capire, mi aveva fatto fare un giro. Erano pochissime le persone che mi facevano sentire tranquilla in quell'ambiente: mia sorella, le sue tre compagne di scuola, tra cui quella dell'accademia che frequentavamo insieme, e naturalmente il mio amico Gabriele.
"Ti piace il nostro castello, principessa?" mi chiese Alex.
"Chiamalo castello!" gli risposi ridendo.
"Hai ragione... ma gli studenti possono avere soltanto questo. Ci tocca accontentarci di una vecchia, orribile scuola, in cui i professori..." disse, notando la presenza della professoressa e marcando di proposito su quella parola, in modo che lei lo sentisse, "ci tengono a ricordare agli studenti che sono delle nullità... vero, professoressa?"
Lei, sentendosi chiamare, si voltò di scatto.
"Alessandro!" lo chiamò con un tono beffardo.
"Cara professoressa, ma che sorpresa! Come mai qui?"
"Io qui ci lavoro, stupido ragazzino maleducato!" gli rispose lei. "Ah... c'è anche la sorellina di Emma la cieca!"
"NON LA CHIAMARE COSÌ, BRUTTA STREGA BIONDA!" urlai rabbiosamente.
"Stai calma, piccolina! E lei, professoressa... cerchi di evitare certi commenti! Non è nella posizione di prendere in giro qualcuno, sia chiaro, eh?"
"Infatti io non voglio prendere in giro proprio nessuno... devo solo parlarle!"
"Parlarle di che cosa... se mi è consentito, professoressa?"
"Non ti è consentino. Non è un affare che ti riguarda..."
"Allora lei non potrà..."
"Lascia perdere, Alex!"
"Fiore delicato! Ma che ci fai qui?"
Lei non sembrava molto contenta di quel soprannome, ma sospirò per poi voltarsi verso il punto in cui era la professoressa. Forse ricordava da dove aveva sentito arrivare la sua voce, perché fu davvero precisa.
"Di cos'è che vuole parlarmi?"
"Seguimi in una classe. Parleremo là, in privato, eh?"
"Le classi sono quasi tutte chiuse. Dove vorrebbe andare? Le poche aperte fungono da refettorio, non le piacerebbe per niente vederle!"
"Non importa. Ho bisogno di parlarti e qualunque posto andrà bene, anche una parte del refettorio."
Mia sorella si diresse verso una delle poche classi aperte.
"Senti un po', bambolina... dovrei chiederti un favore enorme" mi disse Alex. "Potresti andare vicino alla classe in cui sono tua sorella e la professoressa? Sei piccolina e forse, se ti nasconderai a dovere, la professoressa non ti vedrà e se farai attenzione a non far rumore, non ti farai notare neanche da tua sorella. Nasconditi nell'aula, sotto un banco, se preferisci... ascolta e osserva tutto e poi corri subito a riferirmelo!"
"Va bene, vado" risposi. Corsi verso le classi aperte, osservai la direzione che prendeva mia sorella e mi nascosi sotto il banco centrale.
Erano tutti uniti e intorno a me c'erano un bel po' di sedie. Se fossi stata attenta, non si sarebbero rese conto del fatto che ero presente anch'io alla loro conversazione... privata, diciamo. Ascoltai tutto, ma mi ci volle molta calma per non far spostare un banco, date le cose cattive che quella donna disse a mia sorella durante quella chiacchierata a mio parere per nulla piacevole.
"Che vuole dirmi?" chiese mia sorella, con un tono talmente glaciale da farmi dubitare che ci fosse lei in quell'aula-refettorio. "Qualcosa che mi darà fastidio a giudicare dal suo silenzio, e non poco, conoscendola..."
"Voglio dire che forse tu hai un po' di buonsenso, Emma. Sei pregata di dire ai tuoi compagni di finirla con questa pagliacciata..."
"Ah... era questo! Ma come? Lei, tanto perfetta... tanto poco... limitata... lei, insegnante... essere perfetto, infallibile, indistruttibile... viene a chiedere aiuto a Emma la cieca? Ad una studentessa, una strisciante e imperfetta creatura? Ma non mi faccia ridere che in questo momento la cosa mi provoca dolore!"
Mia sorella non sembrava più lei mentre parlava a quella donna. Sembrava una che ha già vinto una guerra senza aver preso le armi in mano e in quel momento io fui fiera di lei. Quella donna se le meritava tutte le sue parole taglienti e gelide, il suo modo di fare sprezzante, le sue atipiche prese in giro. Meritava quello che mia sorella le diceva, specie dopo la cattiveria che le aveva detto prima che arrivasse, prova del fatto che l'aveva sentita.
"Senti, questa storia non porterà nulla di buono, né a te né ai tuoi amichetti, quindi ti conviene darmi retta e dire ai tuoi compagni di smetterla, lasciare la scuola e permetterci di ricominciare il nostro lavoro... o non passeranno l'anno o, in casi come il tuo, l'esame di stato. Chiaro?"
"Cosa vuole che interessi a me? Una volta che chi deve perdere il posto l'avrà perso io cambierò scuola o ricorrerò ad altri studi, non rimarrò di certo qui. Potrebbero capitarmi persone peggiori di quelle che sono qui e personalmente non ci tengo per niente. Un diploma si può ottenere anche altrove... ma la libertà no! La libertà bisogna guadagnarsela e bisogna guadagnarsi anche il rispetto. Il fatto che lei sia un'insegnante non implica che io o chiunque altro dobbiamo dimostrarle rispetto incondizionato."
"Ah, e quale sarebbe il motivo?"
"È semplice: io ho smesso di essere Cenerentola! Lei rispettava persone che non le davano rispetto, ma almeno le è stato riconosciuto da qualcun'altro... peccato che quella sia una fiaba troppo bella per essere vera, e per colpa sua e di persone come lei io ho smesso di crederci, perché queste persone le ho rispettate per anni, e cosa ci ho guadagnato? Un bel niente!"
"Cosa vuoi in cambio di un aiuto a spegnere questa fiamma?"
"Questa fiamma si spegnerà solo con le vostre dimissioni. Non prima."
"Stamma sentire, ragazzina: chi vuoi che rispetti una come te? Chi vuoi che possa tener conto più del dovuto delle idee di una piccola cieca, di una..."
"Eh no! Non ci provi neanche a puntare sulla mia autostima, perché io non ci casco più! Non sono più la ragazzina insicura che lei ha portato all'esasperazione! Non sono più la ragazzina che metteva la scuola in prima posizione... ora al primo posto c'è la mia salute mentale e lasciando fare a lei la perderò sicuramente. Si può star dietro ad una mente sconnessa, a due al massimo, ma non oltre, e purtroppo parlando in maniera oggettiva, qui di menti integre ce ne sono veramente poche e noi permettiamo solo a loro di accedere. Non hanno potuto avvisarci della vostra ultima trovata, ma ci hanno supportati e sopportati quando eravamo stanchi, sfiduciati o arrabbiati solo a causa vostra!"
"Tu, piccola intrigante che non..." disse la professoressa, lanciandosi contro mia sorella. Mi toccò trattenere il respiro, perché la rabbia mi stava invadendo completamente e rischiavo di farmi sentire. Per fortuna lei ci pensò da sé a proteggersi dall'insegnante.
"Ho detto di no! Non questa volta, non di nuovo! Non riuscirà più a ferirmi con queste stupidaggini, okay? Mai più."
"Ma se solo tu cercassi di metterti nei..."
"Nei suoi panni? Ci ho già provato, e a cosa è servito? A niente! Ho cercato di capirla in tutti i modi, ma ho perso solo tempo e forze... e tutto questo per star dietro a lei, a gente del suo stampo e alle vostre ridicole manie di controllo sugli altri... ma adesso basta, non ci sto più e non tornerò a starci mai più!"

La rivoluzione di mia sorellaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora