<21: Sono fragile... ma tu sai sostenermi!>

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IRENE
Avevamo pulito tutto. Ci eravamo ripuliti noi stessi. Ora non ci restava che attendere che le pareti si asciugassero per vedere il risultato effettivo del nostro lavoro. Io aspettavo che la vernice si asciugasse per rappresentare i disegni che vi erano sopra in rilievo, in modo che mia sorella, come tutti noi, potesse vederli.
Mia sorella era distesa sul suo materasso. Dava le spalle alla porta, ma i capelli le ricoprivano interamente la faccia. Ero sicura del fatto che non volesse mostrare i suoi occhi perché stava piangendo.
Non le feci domande. Non ce l'avrebbe fatta a rispondermi, lo sapevo fin troppo bene. Sperai solo che riuscisse a rispondere almeno al suo migliore amico. Al MIO migliore amico. Forse lui sarebbe riuscito ad aiutarla, a farla sfogare... se lo meritava.
Mi allontanai in silenzio. Speravo che lui raggiungesse mia sorella e la vedesse. Speravo che la facesse sfogare.
Infatti, poco dopo, lo vidi alzarsi. Era tarda notte, per cui lui cercò di muoversi silenziosamente.
La raggiunse e le spostò delicatamente i capelli dal viso. Mi disse che i suoi occhi erano talmente serrati da fargli temere che potessero esploderle da un momento all'altro. La fece tirare su a sedere e le prese il volto tra le mani, con delicatezza, accarezzandole le guance con i pollici per cercare di farle rilassare i muscoli, anche se di poco, ma senza risultato.
"Ehi! Smettila di stringere gli occhi, altrimenti ti farai male sul serio!" le disse piano.
"Non posso... ho troppe lacrime e ti posso assicurare che fa male tirarle fuori... fa tanto male!"
"Allora vieni!"
"Che?"
"Vieni con me!"
Lei si tolse di dosso il lenzuolo che portava e Gabriele la portò in cortile, perché potesse prendere almeno una boccata d'aria. Lei, però, non sembrava sentirsi meglio.
"Respira... cerca di rilassare i muscoli. Ti stai facendo del male, Emma Spirito Libero!" le disse stringendo la sua mano per riscaldarla dato che durante la notte le temperature calavano vertiginosamente in quel periodo dell'anno.
"Non ce la faccio! Il pianto silenzioso fa questo effetto!"
"Allora grida!"
"Non ci riesco, Gabriele! L'unica cosa che ti chiedo è un abbraccio, soltanto questo. Ti scongiuro!"
"Bastava che ti girassi e allargassi le braccia! Non dovevi sforzarti di dirmelo visto che sento che fai fatica!"
"Forse non sono abbastanza forte per questa prova della vita, Gabriele! Non ce la faccio più... e dopo quello che è successo oggi, forse, ho capito che sto perdendo tempo e ve ne sto facendo perdere. Tu, Irene, Alex... tutti voi mi state dietro, cercate di aiutarmi, di appoggiarmi, di non perdervi d'animo, ma forse Alex avrebbe fatto meglio a incastrarci con i professori! Stiamo solo perdendo tempo!"
"Piccola, ma tu lo sai chi dice questo?" chiese lui. "Le persone che non hanno più fiducia nelle loro capacità... e tu a questo punto non devi tornarci dopo aver fatto tanta fatica per cercare di acquistare la sicurezza che ti serve, capito?"
"Gabriele... io non so più com'è uscire, non so che giorno è oggi... non so niente!"
"Lo so io che giorno è oggi, Emma!" le disse lui semplicemente, tenendola più stretta a sé. "Oggi è... il tuo compleanno!"
Lei trattenne il respiro per qualche secondo.
"Oggi...?" sussurrò strizzando forte gli occhi, perché le sue lacrime sembravano non voler smettere di sfuggirle dagli occhi, come se avessero troppa fretta di andare via perché lei potesse anche soltanto pensare di trattenere.
"Certo! Auguri Emma Spirito Libero! Sei ufficialmente maggiorenne ora, e sei una donna molto coraggiosa, anche se so che non mi crederai, vero?" le disse lui sorridendo.
Lei non ebbe la forza di dirgli altro e si lasciò coccolare e stringere. Lui la guardava con apprensione e se la stringeva al cuore come un oggetto prezioso, come un fiore delicato, usando le parole di Alex. Lei glielo lasciò fare, lasciò che lei si rannicchiasse contro il suo petto, che ascoltasse i suoi battiti accelerati, che i suoi ricci gli solleticassero il volto. Non osava spostarli.
"In questo momento vorrei solo sparire in un tuo abbraccio" disse in un sussurro.
Forse sperava che lui non la sentisse, perché credeva di spingersi troppo oltre, più di quanto fosse lecito, ma lui non parve pensare questo mentre la stringeva forte.
"Scusa... sono stata eccessiva" gli disse lei, provando a staccarsi, ma lui la trattenne stringendola più forte al suo petto. Le disse soltanto tre parole, che però le bastarono a capire che non aveva esagerato.
"Non è vero."
Non è vero che hai esagerato. Non è vero che voglio lasciarti andare. Non è vero che non voglio che tu sparisca in un mio abbraccio. Non è vero. Punto e basta. E a lei bastò questo per lasciarsi andare completamente sul suo petto e sfogare tutta la tristezza che stava provando in quel momento.
E in quel momento capii che mia sorella aveva ragione: Serena era molto fortunata.
"Lo sai che sei incredibile?" disse mia sorella, staccandosi lentamente da quell'abbraccio.
Lui la guardò con un'espressione interrogativa e chiese: "Perché dici questo? Non mi risulta di avere qualche potere magico!"
"Ne hai eccome, invece" rispose lei. "Vedi, il fatto è che io ho moltissime barriere... vivo praticamente in una fortezza che io stessa ho costruito... per proteggermi. I miei guardiani ti hanno lasciato passare... io ho avuto fiducia in te da quando le nostre mani si sono toccate. E poi... tu hai imparato a capirmi anche quando non parlo, a fermarmi quando mi tiro forte le dita, ad abbracciarmi quando gli occhi mi fanno male e a capire quando ho bisogno di sfogarmi con qualcuno di cui mi fido... sei il.migliore amico che potessi desiderare di avere, davvero!"
"E ti sei mai chiesta come faccio a capirti?" chiese Gabriele.
"Certo! Me lo sono chiesta lo stesso numero di volte in cui tu mi hai chiesto come faccio a riconoscerti..."
"Allora, se lo vuoi sapere... è semplice. Il motivo è che ti voglio molto bene, e so per certo che tu lo senti... e visto che lo senti diventi un libro aperto per me."
Gli occhi di Emma divennero due stelle luminose. Stelle marroni, certo, ma non per questo meno luminose di quelle che si vedono la notte.
Era vero. Lei era fragile, ma al tempo stesso forte, ed io l'ammiravo per questo e ammiravo Gabriele che era stato disposto ad andare oltre le sue barriere, era stato disposto a conoscerla.

La rivoluzione di mia sorellaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora