<11: Sole>

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IRENE
Il giorno seguente ce la prendemmo comoda per quanto si possa fare in una vecchia scuola. Facemmo colazione tutti insieme ed io ero praticamente diventata la mascotte della banda. Ero seduta tra mia sorella e la sua migliore amica: Mary, e alcuni ragazzi stavano distribuendo dei cornetti messi su un piattino. Non sapevano come indicare a mia sorella dove fosse il suo, e, come al solito, fu Gabriele a provvedere, perché forse era l'unico ad essersi preso la briga di andare più a fondo, di conoscerla come era necessario.
"Ecco! Il latte e il cornetto sono qui, davanti a te, ma un po' più a destra rispetto alla tua mano... qui, coniglietto" le disse lui, battendo un dito contro il piatto per farle capire dov'era.
Lei sorrise, ma scosse leggermente la testa. Non le piaceva molto quel soprannome.
"Gabriele, sai che io ti voglio tanto bene, ma non potresti chiamarmi in un altro modo?" gli chiese ridendo.
Lui la chiamava in quel modo perché lei, in inverno, poiché i cambiamenti di temperatura la fanno ammalare facilmente, porta sempre una felpa con un cappuccio che ha le orecchie simili a quelle di un coniglio. La prima volta che Gabriele gliela vide addosso le diede quel soprannome e nonostante lei gli chiedesse di smettere, lui si divertiva a chiamarla in quel modo, anche perché in fondo la cosa faceva ridere parecchio anche lei.
"Dai, non te la prendere tanto, coniglietto..."
Lei, prima di dare il primo morso al cornetto, vi intinse l'indice e chiese: "Se tu puoi chiamarmi coniglietto, io posso spalmarti la crema del cornetto sulla guancia... fratellino?"
"Ma neanche per sogno, coniglietto!" insisteva lui, e a quel punto lei passò delicatamente il dito sulla sua guancia sinistra, che era più a portata di mano.
Gabriele avvicinò la guancia alla sua e ve la sfregò contro, per restituirle il favore, cosa che non la fece arrabbiare, ma sorridere. Forse perché si trattava di lui ed era difficile che lei potesse provare qualcosa che fosse almeno un po' somigliante alla rabbia nei suoi confronti. Mi sono sempre chiesta se lui lo sapesse, perché a volte si divertiva a stuzzicarla, anche se lei, quando era in difficoltà, si limitava a ridere leggermente e a non rispondere alla frase che le aveva creato problemi d'imbarazzo. Però questo Gabriele l'aveva capito e sapeva quando doveva fermarsi.
Alex si avvicinò quando entrambi si stavano pulendo il viso con le mani, per poi passarsele sulla bocca. Si avvicinò a Gabriele e gli sussurrò qualcosa all'orecchio... qualcosa che io non avevo sentito, ma che a mia sorella era arrivato fin troppo chiaramente, tanto che lasciò cadere il cornetto sul piattino di ceramica e irrigidì le spalle. Evidentemente Alex stava parlando di lei.
Guardai Gabriele e vidi che anche i muscoli del suo viso e delle sue spalle erano piuttosto rigidi. Sembrava irritato da quello che gli era stato detto.
Prese delicatamente la mano di mia sorella e si voltò verso Alex per poi dirgli: "Ha il diritto di uscire anche lei! Saremo in gruppo e in caso di pericolo torneremo indietro di corsa, Alex. Non possono essere sempre delegati gli altri per queste cose, e lo sai meglio di me. Emma, tu te la sentiresti di venire con me per andare a fare rifornimento?" chiese infine, chiaramente rivolgendosi a mia sorella, che sembrò rilassarsi un pochino.
"Mi piacerebbe tanto non essere un manichino che serve solo ad occupare un po' di spazio!" disse risentita.
"Chi dice che sei un manichino che deve solo occupare un posto?" le chiese Gabriele. "Tu hai impedito un disastro quando tutto questo è iniziato, o non lo ricordi più?"
Lei abbozzò un sorriso.
"Aspetta, vieni qui! Ti porto alla finestra... magari attraverso le sbarre di questa prigione potrò vedere il Sole, potrò farti sapere se c'è."
Le prese la mano e si diressero insieme verso la finestra.
"Eccolo! C'è il Sole, Emma! C'è il Sole!"
Mia sorella sorrise. Le piaceva molto il Sole sul viso.
Contrariamente all'idea generale, mia sorella ama il Sole, perché tocca tutte le percezioni. Non bisogna per forza vedere per sapere che c'è.
Una volta eravamo a casa nostra. C'erano i nostri compagni di corso. Avevamo visto un film... in quel film c'era un uomo, interpretato da Vittorio Gasman, che sosteneva che la pioggia è più bella del Sole, perché si ascolta. Praticamente era quasi saltato addosso al suo accompagnatore quando lui aveva detto che era una bella giornata, perché c'era il Sole.
Un mio amico le aveva chiesto cosa ne pensasse lei di questo e lei aveva risposto: "A me piace il Sole. Se provaste ad andare su una spiaggia, alzare la testa verso il Cielo e chiudere gli occhi, potreste sentirlo mentre vi accarezza le guance... ed è talmente bello!"
Credo che in quel momento i miei compagni fossero piuttosto sconcertati. E, a dire il vero, anch'io ero rimasta parecchio sorpresa da quella storia.
"Tranquilla, ti proteggo io!" le disse Gabriele sorridendo.
"Non è questo!"
"Allora cosa ti preoccupa?"
"Tutto. La volta scorsa ci è andata di lusso. I poliziotti sono andati via, e... e nessuno si è fatto troppo male... insomma, voglio dire: se dovesse accadere di nuovo... se ci andasse peggio e qualcuno ci andasse di mezzo? Non potrei mai perdonarmelo, te lo giuro... su quello che ho di più caro, io... io ho paura..."
"Ed è legittimo averne, tesoro, ma fidati: non succederà niente del genere. Siamo tanti, ci siamo scontrati già una volta con la polizia e non credo che una seconda volta ci faremo trovare impreparati, stai tranquilla. Ce la faremo!"
Mi aggregai anch'io all'uscita. C'eravamo io, Gabriele, Emma, Alex, Mary, Denise e Chiara, la nostra amica dell'Accademia.
Appena usciti dalla scuola fummo investiti dal calore del Sole e vidi il viso di mia sorella illuminarsi improvvisamente.
"Che bello! C'è il Sole!" disse in un soffio di voce. "Gabriele... non te lo chiederei mai... di ballare per la strada, dico, però... ora che c'è il Sole vorrei farlo! Ti farebbe piacere... ballare con me?"
"E facciamola questa follia! Vieni, amica mia! Sarò il tuo cavaliere... finché non ne troverai uno migliore, naturalmente..."
E ci aggregammo tutti a quel movimento. Mary prese le mie mani e iniziò a ballare con me. Lo stesso fecero Alex e Denise, mentre Chiara, che si trovava esattamente tra due coppie, toccò la mia spalla e quella di Alex e ci mettemmo a ballare insieme.

La rivoluzione di mia sorellaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora