IRENE
Ora credo sia giusto raccontare la storia di Alex.
Lui non è sempre stato il bellimbusto con la faccia da duro che io e mia sorella abbiamo conosciuto. Da bambino aveva sofferto molto a causa di atti di emarginazione e bullismo... e tutto perché, a causa di alcuni problemi alla vista, portava un enorme paio di occhiali. Al contrario di quanto si pensa, però, la sua famiglia non l'aveva mai appoggiato. I suoi non volevano figli e si erano trovati, a detta di Alex che aveva riportato i loro discorsi, ad accollarsi un peso sulle spalle che era di gran lunga più grande di loro. Per questa ragione era cresciuto abbandonato a se stesso. I suoi genitori, che all'epoca in cui l'avevano concepito, erano due ragazzini totalmente irresponsabili e ribelli, lasciavano il bambino ai nonni o agli zii e andavano in discoteca praticamente ogni sera. Quando Alex crebbe iniziarono a pretendere grandi cose a livello scolastico, cose che lui doveva dar loro senza che loro gli avessero mai dato una dimostrazione d'affetto. Anche un semplice cenno di saluto con la mano fatto alla lontana gli era stato negato, fin da quando non era che un bimbo in fasce. Gli altri familiari avevano provveduto a farlo studiare, ma lui, ignorato dai suoi che ricordavano che esisteva solo per sgridarlo e bullizzato praticamente da tutti i suoi compagni di scuola, tirava avanti a fatica.
Una volta giunto al liceo, però, Alex cambiò totalmente. Poté togliere gli occhiali e insegnava a pugni agli altri a non mancargli di rispetto. Era inavvicinabile e lui stesso se ne vergognava, tanto che non volle proseguire nel racmontare a mia sorella cos'aveva fatto.
"Alex, ascolta: se non vuoi scendere nel dettaglio puoi scegliere di arrivare al punto. Dimmi qual è stato il punto di rottura che ti ha fatto decidere di aiutare i professori. Fosse posso risolverlo io il tuo problema." gli disse Emma.
"Il punto è che i professori mi hanno detto che mi avrebbero permesso di conquistarmi la stima dei miei a patto che io aiutassi loro a mandar via voialtri uno per uno. Non essendo riusciti ad abbattere te hanno puntato sulla mia fragilità psicologica... e io sono molto più fragile di quanto credevo che fossi tu..."
"Ah... capisco" disse mia sorella. "Senti, forse mi è venuta un'idea. Sarà ben poca roba, ma dubito che, conciati come dei pagliacci, i professori escano da qui." disse lei. "Tu di' loro che domani, dalle otto di sera in poi, usciremo tutti. Di' che ormai ci sentiamo praticamente la vittoria già in tasca e falli venire qui per quell'ora..."
"E poi...?" le chiese.Alex. "Cosa farai?"
"Giocherò un po' con loro al gatto e al topo, semplicemente!"
"In che senso?"
"Fidati di me."
"Tu... tu credi che possa servire a qualcosa?"
"Certo che sarà utile a qualcosa! E meno male che ti ho chiesto cosa ti prendesse, eh?" rise lei. "Su, vieni qui. Gli abbracci da koala fanno sempre effetto."
"I cosa?"
"Chiedi a Gabriele. Lui saprà spiegarti quello che ho detto in un modo che ti risulterà migliore di quello che potrei usare io, te l'assicuro!"
"Va bene, dopo glielo chiederò" le disse Alex.
Si gettò tra le braccia di mia sorella e lasciò che lei lo stringesse al suo petto e gli accarezzasse la schiena con una delicatezza che molto probabilmente a lui risultava essere una cosa del tutto nuova.
"Vedrai, ce la faremo. Dobbiamo essere uniti, ricordi? Tutti uniti contro i professori oppressori!" scherzò lei, senza smettere di abbracciarlo.
"Non ti facevo una studentessa che inventa slogan per deridere i professori!" la prese in giro lui, ma lei non si offese, anzi!
"Si vede che mi conosci davvero molto poco. Da quello che dice Gabriele, io rappresento tre animali: il primo è un gatto perché sono una ragazza che ci mette molto tempo a fidarsi delle persone... un koala perché se mi fido do tanto affetto... e una tigre, perché se mi fanno stare male io graffio, e i miei graffi, per quanto ne so... beh, sono molto profondi."
"Mi sa che chiederò a Gabriele qualche informazione in più, piccolo fiore delicato."
"Fa' pure, Alex. Poi però fammi sapere se ti ripete gli stessi concetti, siamo d'accordo?" lo supplicò lei. L'opinione del suo migliore amico le premeva parecchio, a detta sua almeno quanto la mia. Opinione che mi chiedeva sistematicamente, essendo timida ed esitante praticamente per qualsiasi cosa.
Alex stava per andar via, ma lei gli diede una leggerissima stretta al braccio.
"Alex, aspetta" disse a bassa voce.
"Cosa c'è?" le domandò lui.
"Sono certa che anche tu troverai il tuo posto nel mondo e verrai apprezzato per quello che sei!"
"Il mio posto?"
"Certo! Sai, ognuno di noi ha il suo piccolo angolo in questo mondo, solo che alcuni ci mettono più tempo di altri a trovarlo. Per esempio io non sono riuscita a trovarlo prima di qualche anno fa... per questo ti dico che lo troverai anche tu."
"E com'è che non dici: "Te lo prometto"?" le chiese Alex.
"È molto semplice. Io non ho le redini del destino e di certo non posso anticipare i tempi. Posso solo dirti che ti aiuterò a non sentirti troppo fuori posto. So cosa significa sentirsi in questo modo e so quanto può far male provare una sensazione come questa. Fa molto male, eh?"
"Ah... ho capito. Grazie" disse Alex, senza lasciare la mano di mia sorella. "Sei davvero una brava ragazza e non finirai mai di sorprendermi..."
"A quanto pare non sono l'unico che la pensa così" intervenne Gabriele, che era dietro mia sorella, seduto sul pavimento. Lei sussultò e si girò di scatto, trovandoselo praticamente di fronte.
"Dio mio, Gabriele! Ma è un vizio o cosa quello di farmi prendere un infarto al giorno comparendomi sistematicamente alle spalle?" chiese, portando le mani al cuore, che doveva batterle veramente forte in quel momento.
"Scusa, non volevo metterti paura. Volevo solo dirti... quanto sono orgoglioso della mia nanetta preferita... della mia migliore amica!"
"Bene. Io vi lascio da soli."
Alex si allontanò e mia sorella e Gabriele rimasero da soli.
"Posso chiederti dov'è che hai trovato il tuo angolo di Paradiso?" le chiese Gabriele.
"L'ho trovato... al teatro in cui studiamo io, tu e Irene e... beh, l'ho trovato in cortile, nel momento in cui tu mi hai presa sottobraccio e mi hai accompagnata fino all'auto... il giorno in cui ho avuto il piacere di parlare con te."
"Cosa? Perché?"
"Perché sei il mio migliore amico. Sei come un fratello più grande per me."
STAI LEGGENDO
La rivoluzione di mia sorella
Teen FictionIrene, una ragazzina di tredici anni, per il suo esame di terza media sceglie un soggetto insolito... tanto insolito da portar i professori a convocare la sua famiglia. In particolare è richiesta la presenza della sorella maggiore: Emma, che è il pe...