<15: Finalmente ti senti importante, sorellina>

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IRENE
Dopo lo scampato pericolo mia sorella era diventata la beniamina del gruppo. Tutti si consultavano tanto con Alex quanto con lei e questo mi rese ancora più fiera di avere una sorella meravigliosa come lo è lei... finalmente anche quelli della sua scuola avevano capito quanto lei, in realtà, valesse.
Lo stesso Alex si consultava con lei prima di prendere qualsiasi decisione in merito al modo di vivere quel periodo complicato... io stessa facevo fatica ad adattarmi a quella situazione, ma lo feci per lei.
Non meritava di essere lasciata da sola, specie in un momento delicato come quello... un momento in cui poteva accadere tutto o niente, ma che doveva essere attraversato per far capire a chi di solito si trovava dall'altra parte la sofferenza che si prova nell'essere sottomessi alla volontà altrui, specie se poi a questo si aggiunge la pressione psicologica subita da coloro che, sfortunatamente per loro... sono sottomessi. Io spero di non dovermi ritrovare in quella situazione, specie dopo aver visto quanto questa storia abbia fatto soffrire una delle persone che amo di più. Non voglio dover stare male come è dovuta stare male lei, perché non credo di essere abbastanza forte da sopportarlo.
"Piccola, a che pensi?" mi chiese Gabriele, vedendomi seduta a terra, in corridoio, con le braccia incrociate vicino al petto.
"No, niente. È che... io non so com'è il liceo, e visto quello che è successo ad Emma non voglio dovermi trovare a vivere un'altra volta la stessa cosa."
"Ma non è detto che quello che è toccato ad Emma debba viverlo anche tu, scricciolo."
"Tu credi?"
"Certo. Sono sicuro che sarà lei stessa a mettere in guardia i tuoi professori. Non le piacerebbe vederti soffrire come ha dovuto soffrire lei..."
"Me lo dai un abbraccio con il metodo del Koala?" chiesi.
"Ma certo! Vieni" mi disse lui prendendomi in braccio per poi stringermi a sé come avrebbe fatto un fratello maggiore. Mi lasciai cullare, come faceva mia sorella, e fu in quel momento che compresi per quale motivo lei era tanto legata a lui. Scommetto che con lei impiegava ancora meno tempo per tranquillizzarla quando qualcosa la preoccupava.
"Sei più tranquilla, ora, vero?" mi chiese Gabriele. Voleva essere sicuro di aver fatto un buon "lavoro" prima di farmi scendere.
"Non avresti potuto fare di meglio" risposi.
Lui mi baciò la fronte per poi farmi scendere, ma appena mi lasciò andare lo vidi cambiare completamente espressione. Sembrava alquanto stupito per qualcosa, quindi mi alzai in punta di piedi per guardare oltre la sua spalla e vidi Emma che teneva una mano tremante, posata sul suo gomito.
"Emma... che cosa facevi là?"
"Chi, io? Ero qui... perché... ecco... ti stavo cercando."
"Mi cercavi?"
"Sì, ti cercavo perché... ecco, io... volevo... volevo... farti vedere una cosa che mi hai chiesto spesso."
"Ah... forse ho capito. Ma perché ti tremano le mani, non stai bene?"
"No... no, per niente, davvero" balbettò lei. "È che... ho assistito al vostro abbraccio da koala, ho sentito le cose che vi siete detti e... ecco, io... io non volevo che tu ti facessi un'idea simile della scuola, Irene."
"Ma non è stata mica colpa tua, Emma. Io ho visto quello che ti stanno facendo passare. È solo per questo motivo che ho paura..."
"Tua sorella ha ragione, Emma. Era inevitabile che andasse a finire in questo modo, credimi! Ma ti tremavano le mani anche per la scena a cui hai assistito? Per l'abbraccio che io e tua sorella ai siamo scambiati?"
"Gabriele... io ti ringrazio di tutto, davvero! Mi sei stato molto vicino e hai fatto altrettanto per la mia sorellina che sta soffrendo tanto per colpa mia, e io... Ecco..."
"Che esagerata! Lo sai che mi rende felice essere utile a te o a Irene, e quando vedo che gli sforzi che faccio portano a dei frutti sono sempre felice!"
Detto questo Gabriele si girò verso Emma e posò le mani sulle sue spalle come faceva quando voleva farsi riconoscere da lei, ma stavolta lo fece solo per sorreggerla.
Lei gli sorrise semplicemente e gli gettò le braccia al collo per dimostrargli più di quanto aveva detto a parole.
Gabriele accolse con piacere quell'abbraccio.
"Sei una ragazza meravigliosa, lo sai?" le disse.
"No... sono una qualsiasi, ma tu sei buono e visto che ho l'autostima più scarsa di un'oasi in pieno deserto, cerchi di aiutarmi a risollevarla..."
Lui le sorrise ancora prima di prendere me e lei sottobraccio e portarci in una delle sei aule-refettorio.
Il solito gruppo si mise a sedere intorno al tavolo creato con i banchi. Appena entrammo anche noi tre i nostri compagni di gruppo ci accolsero con un boato di gioia.
Colpetti sulle spalle, giri di trionfo, risate.
"Hai visto che bei risultati hai ottenuto, ragazzina?" le disse Alex, andandole vicino e schioccandole un bacio su una guancia. Mi venne da ridere: Alex faceva il duro, ma aveva un cuore tenero.
Anche Gabriele ne fu contento.
"Hai visto, idiota, che avresti fatto meglio a fidarti subito di lei?"
Naturalmente ad Alex fu chiaro che Gabriele non l'aveva chiamato "idiota" in modo serio, anche se forse avrebbe fatto meglio a definirlo "testardo". I due si scambiarono colpetti sulle spalle e risero.
Fatto questo si allontanarono e andarono a prendere latte e cornetti. Vidi mia sorella tastare il banco e capii che stava cercando la mia mano. La strinse forte e io ricambiai la stretta. La vidi sorridermi.
Forse, per una volta nella sua vita, si sentiva soddisfatta di se stessa e questo magari le era d'aiuto... forse un sorriso era l'unico modo che aveva per dimostrarmelo e voleva a tutti i costi che io fossi al corrente della sua felicità. I suoi occhi luminosi me ne diedero la conferma... ma quella felicità non durò molto a lungo, perché l'ultima persona che bisognava che fosse presente, era riuscita ad entrare e ci guardava in cagnesco, perché le avevamo tolto quello che lei definiva il suo territorio.

La rivoluzione di mia sorellaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora