Pov's Rei
Mi giro e rigiro fra le lenzuola. Sono sveglio da ore ormai. Giro per l'ennesima volta il cuscino. Non è fresco, anzi è piuttosto tiepido. Haady dorme beato in un angolo del materasso, nessuno pare averlo visto, tranne il nobile Makoto, che però credo abbia chiuso un occhio. Da quando il gatto si è insinuato nel mio appartamento, poi con la fuga del principe e del suo schiavo, e la passione che mi travolge, i sentimenti per Nagisa, c'è una sola domanda che mi aleggia in testa da giorni. Dopo un'altra buona mezz'oretta passata a fissare il vuoto, a rigirare il cuscino e ad osservare Haady dormire, un presentimento si insinua fra i meandri della mia coscienza. Un presentimento che diventa a poco a poco una necessità. Vorrei alzarmi, correre dal biondo. Eppure perché il mio corpo sembra così pesante? Perché non riesco a muovermi? Conto fino a cinque: 1...2...3...4...5...; dovevo alzarmi, ma perché sono ancora qui sul materasso? È da tanto che non torno da lui. Abbiamo parlato, ci siamo anche toccati, ma mai "esplicitamente". Non saprei spiegarmelo, ma ho come il timore di essere rifiutato, di non sapere cosa fare nella stanza del ragazzo. Di essere fuori luogo. Di non dovere andare da lui in mezzo alla notte, nella stanza di un servo. Sì.Si io sono un consigliere. E un consigliere non ha tempo per amori fugaci e privi di spessore. Sono un uomo bello intelligente, cosa potrei mai guadagnare da un povero servo delle cucine? Eppure perché, ogni volta che chiudo gli occhi, il suo volto sembra tatuato sulle mie palpebre? Sbatto le palpebre e mi focalizzo sui miei respiri, inspira, espira, inspira, espira. Un colpo di reni e mi trovo in piedi. Ora che ho trovato la forza non posso certo tirarmi indietro. Arraffo uno scialle e l'appoggio maldestramente sulle mie spalle, per poi scatafiondarmi nel corridoio. Il palazzo di notte ha tutto un altro aspetto, le pareti chiare e lucide sono ombrose, le porte, dagli stipiti dorati, sono come voragini nere, senza luce e con tono lugubre. Avanzo a piedi scalzi sul pavimento freddo. Avrei dovuto vestire anche le ciabatte. L'ultimo corridoio e sono davanti alla fatidica porta. Appoggio la mano sul pomello freddo. La ritiro indietro fulmineo. Tremo per qualche secondo col braccio alzato. Poi lo appoggio di nuovo incerto sul pomello. Devo solo spingere questa porta, è così semplice... E mi ritrovo ancora a contare per farmi forza, e poi a ricominciare senza avere il coraggio di spingere quel dannato ostacolo che ostruisce la via del mio amore. Appoggio contrastato la fronte sul legno freddo e liscio del portone. I miei pensieri sono annebbiati, intorpiditi dal suo sorriso. Ed ecco di nuovo, quella spinta intrepida. Spingo la porta e praticamente cado all'interno della piccola stanza. Dall'emozione mi cede un ginocchio e per poco non rovino atterra. La stanza è piccola e angusta, ci sono pochi oggetti, la ristretta proprietà del giovane. Giusto i vestiti quotidiani e quelli del lavoro. E poi c'è lui. Adagiato sul letto, Come senza peso, abbracciato al cuscino, come un bambino. E poi quel sorriso stampato sul volto. Quel sorriso unico, bellissimo. Il sorriso di chi non ha niente se non la sua stessa felicità. E mentre lo guardo una fitta mi lacera il cuore. Non può una creatura così soave, così perfetta, così innocente appartenere a qualcuno. Se è di qualcuno, quel ragazzo è mio. Abbiamo preso un gatto insieme, qualcosa per cui la legge ci avrebbe condannato. Abbiamo visto due amanti fuggire insieme. Abbiamo vissuto la libertà sulla nostra pelle. Eppure quel ragazzo non è libero. Non ha niente, se non me ed il suo sorriso. Ma io così non posso vederlo, io non voglio che sia così. Io voglio che lui sia libero, libero insieme a me. Quanto deve avere subito quel sorriso così perfetto, ognuno ha il proprio inferno, e quello che ho davanti non è da sottovalutare. Mi avvicino furtivamente al letto col baldacchino. Mi corico lentamente sul materasso, cercando di non svegliare il più piccolo. Quindi prendo fra le dita una ciocca dei suoi capelli, capelli d'oro. E mentre tocco quella soffice chioma scendo sulla sua guancia, morbida ma carnosa, rosea. Lo sento sospirare. Ora sorrido anch'io. Un giorno viveremo insieme, Nagisacchi, insieme e liberi. Sfioro la sua guancia con le mie labbra. Mi sto già girando, rassegnato a dormire al suo fianco quando un suono mi desta dal dormiveglia . Aawnn...!" Mi riprendo dalla sorpresa e fisso preoccupato il ragazzino che, portata una manina alla bocca, sbadiglia seduto sul letto. Dopo poco biascica assonnato e si porta i pugnetti chiusi egli occhi, stropicciandosi per il sonno. Sorrido davanti a quella scena tenera. Poi si gira e mi guarda con gli occhi a mezz'asta. "Rei-Chan...?" Ha gli occhi lucidi per il sonno. "Scusami piccolo, temo di averti svegliato..." Non gli do il tempo di rispondere e stringo il suo viso contro il mio petto. Sento i suoi respiri caldi sui miei muscoli. Gli do un leggero bacio sui capelli e crolliamo insieme sulle lenzuola, avvinghiati come per tanto tempo avevamo desiderato. Sento il torpore del suo piccolo corpo contro il mio, d'istinto lo stringo più forte. "Rei-chan non respiro!" Sento una vocina provenire da qualche parte fra le mie braccia. Ridacchio e allento la presa. Non posso vedere la sua espressione ma so che sta sorridendo.
Non so se siano passati minuti o ore da quando sono entrato nel letto di Nagisa. Dopo aver constatato di non riuscire a dormire mi sono persa nei miei pensieri. Mentre carezzo i capelli biondi del piccolo, mentre mi godo il suo tepore, penso. Penso a quella fatidica domanda, quella che mi ronza in testa da così tante ore, che vorrai credergli, Bad cui temo la risposta. Quindi continua a tastare quei capelli soffici, così lisci e ordinati, anche se ribelli. E ancora una volta mi ritrovo a sussurrare a quello orecchio addormentato; "Nagisa... Piccolo mio... Un giorno, saremo liberi... Insieme..." Appoggio la mia guancia contro la sua, tiepida. "Rei-Chan...?" Mi blocco colto in flagrante. È la seconda volta che lo sveglio stanotte, lo biasimerei se mi cacciasse a pedate. Eppure sento che mi si stringe più forte, in un primo momento mi mozza il respiro. "Se mi addormento mi svegli... vero?" Dice assonnato, anche se con fare frivolo. Dopo qualche attimo di silenzio prendo il suo mento fra le dita. Gli inclino leggermente la chiorba per poi guardarlo negli occhi. Sono il colore più bello che abbia mai visto, Rossi purpurei, ma ora, nella tenue luce lunare, se,brano quasi viola. Premo le mie labbra sulle sue con fare lento e caldo, senza fretta, come se il mondo ci aspettasse, se il tempo fosse scandito dalle nostre lingue e carezze. E solo ora che ce l'ho così vicino, ora che la mia mano è sul suo fiancé e l'altra sotto il suo mento. Solo ora sento quanto ne avessi bisogno. Un sapore piccante mi invade a poco a poco la bocca. Ricordo che una delle prime cose che notai di lui era il suo particolare odore di paprika e rosa. Ci stacchiamo per riprendere fiato. A poco a poco mi rendo conto di essere schiavo del suo corpo quanto lui di questa casata. In un impeto di passione lo stringo a me. Sento uno strillato represso uscirgli fievole dalla gola. Quindi bisbiglio al suo orecchio, con la voce più roca di cui ero capace; "Nagisa..." ora sono serio, e anche il piccolo pare accorgersene "Io ti voglio. Voglio che tu sia mio, voglio averti e possederti. Ma, può sembrare strano, voglio anche vederti felice. E libero." Sento di averlo colto alla sprovvista. Soddisfatto dell'attenzione che ho ricevuto continuo il discorso. "Sappi mio dolce Nagisa, che io lotterò, con tutte le mie forze e capacità, come una belva. Per liberarti. Non posso vederti così. Questa esistenza angusta non ti rende onore. Il mio uomo deve poter guardare in faccia chi li sta davanti, senza sottomettersi a nulla e a nessuno. Ti chiedo solo di avere pazienza, un giorno io e te saremo liberi. Ti amo, Nagisacchi". Segue un lungo silenzio. Il ragazzo preme il volto contro il mio petto. Sento la camicia inumidirsi in corrispondenza dei suoi occhi, dove le lacrime scendevano copiose. L'ho colpito in pieno. Dopo poco comincia a singhiozzare più forte, il suo corpo, rotto dall'emozione, sobbalza ad ogni respiro. "Reiii... come è essere liberi?" Mi prendo qualche secondo per riflettere, voglio dargli la più bella definizione, per farlo crescere e sognare, l'importante è la speranza. " libertà è il coraggio, di fare le proprie scelte, ma soprattutto il coraggio di non seguire le orme del più forte. Il coraggio di rendere liberi se stessi e chi ti circonda. Perché potrai essere l'uomo più ricco e agiato, ma non sarai libero se il tuo amante è in catene. La libertà è come un loop infinito: ognuno è libero se è libero l'altro, perché la mia libertà significa la tua, il mio potere scontra contro il tuo, è tutto un incastro di volontà. Un giorno forse avremmo mondo dove ci si guarda negli occhi, senza differenze e senza pregiudizi, un mondo dove tutti sono liberi, perché tutti o nessuno, chissà, forse quel giorno arriverà, per ora la libertà dipende dalla prevaricazione, dall'essere più forti di chi ti vuole male. Io non sono libero Nagisacchi, la libertà la scopriremo insieme, quando riuscirò a spezzare queste catene che ti lacerano dentro."Angoletto della autrice UwU
Spero vi sia piaciuto il capitolo più lungo, più di 1500 parole! Comunque, non è scontato saperlo, la differenza fra servo e schiavo è semplicemente che lo schiavo è come un oggetto del proprietario, che può decidere tutto di lui perfino la morte, il servo invece è considerato una persona e non può esserne decisa la morte, gode di alcuni diritti in più anche se, come ho evidenziato, non si può chiamare "libero"(Comunque ditemi se la foto non è Nagirei perché non si vede bene non vorrei aver sbagliato)
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Hibiscus
FanfictionHibiscus. È il fiore dell'amore delicato e fugace, Dell'innocenza e della lealtà, è questo che pensa Haru mentre scivola nella fauci dell'acqua, e quello che pensa Rin mentre guarda il suo futuro regalo. Il primo non ha casa e non ha famiglia, il se...