Cap. 22: Il suo nome

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Pov's Haru
Il palazzo di Aleppo è grande quasi quanto quello a Palmira. La servitù corre indaffarata di stanza in stanza, pattinando sul liscio pavimento delle sale. Dalle finestre e gli archi appuntiti si scorge un giardino curato e lussuoso, ricco di palme e prati verdi, qualche laghetto di acqua dolce e uccelli variopinti. Asahi ci aveva fatto fare un giro del parco, a me e a Rin. Kisumi è ancora ricoverato, ma dice che starà meglio. Comunque sembra che anche Asahi sia un nuotatore, di farfalla, proprio come Rin. Quindi mi avvio verso la piscina del nobile, vasta e limpida, alcune palme si specchiano sull'acqua ed e profonda tanto che non tocco. Mi spoglio lentamente. Quindi mi volto ad osservare la piscina. Era da tanto che non rimanevamo così, solo io e l'acqua. Come la studiassi. Intingo la punta del dito sulla superficie, disegnando cerchi concentrici che si allargano fino a diventare piccole onde. Mi alzo in piedi. Ascolto il mio respiro. Dei pappagalli sulla palma e della palma stessa. Ma c'è un respiro di troppo. Neanche il tempo di farci su un pensiero che due braccia muscolose mi attanagliano il petto, trascinandomi in acqua allegramente. Prima di sprofondare per diversi metri noto un ciuffo rosso, che mi fa sorridere. Ci amiamo da poco, ma abbiamo fatto tanto insieme. Eppure non abbiamo mai passato un pomeriggio ridendo e scherzando come i ragazzi della nostra età. Rin mi schizza ridendo, prendendosi in viso i miei schizzi di rimando. Quindi si immerge sott'acqua, afferrandomi giocosamente le caviglie e passandomi fra le gambe. All'inizio sono scocciato, mi ha fatto bere e ho anche bagnato i sandali, ma poi sto al gioco, facendo la lotta subacquea e cercando scherzosamente di spingerlo sott'acqua. Quando siamo stanchi, col fiatone e gli occhi rossi, è oramai il crepuscolo, ci tiriamo a fatica fuori dalla vasca, Rin deve spingermi da dietro perché coi vestiti pesanti e bagnati non riesco a farmi forza. Quindi ci stendiamo sul prato, mano nella mano, a petto nudo scrutando il firmamento. Se ripenso alla nostra storia, la fuga ed il viaggio, a tutte le notti passate abbracciati, piangendo e sperando di raggiungere la casata di Aleppo... stringo più forte la mano del mio uomo. Lui è mio. Finché staremo insieme niente potrà farci cadere.
Pov's Kisumi
Anche oggi il servo entra di soppiatto. Si avvicina silenziosamente. Come tutti i giorni si appoggia sul materasso, ma oggi si avvicina alle mie labbra rapito, baciandomi senza preavviso. Non mi chiede neppure se sto meglio, non prova neppure ad imboccarmi, eppure esplora la mia Bocca con la sua lingua, quasi volesse cibarsi dei miei gemiti. Gli mordo il labbro vogliosamente. Oggi voglio essere suo. Lascio che indaghi il mio corpo, che sfiori il mio petto e stringa i miei capezzoli turgidi, mentre slaccia lentamente la moltitudine di veli che ho in vita. Quando rimaniamo ancora nudi, a fissarci rapiti, la scena è molto più erotica di ieri. Non sento più i morsi della fame: ora mi manca il fiato per la bellezza del servo. Quindi si china sul mio collo, baciandomi il pomo d'adamo. Il suo respiro, il suo calore, i suoi baci umidi. Sono un'agonia. Lo voglio. Con un movimento fluente ma allo stesso tempo desideroso, avvicino i nostri membri, facendogli comprendere le mie intenzioni. Il servo prende in mano la sua lunghezza, accostandola al mio orifizio,per poi spingere malamente dentro. Strampalato anche a letto, con spinte irregolari e paradisiache sfonda il mio culo. "D... di pppiù... ah" Mormoro sopraffatto dall'uomo. E quello aumenta la velocità, schiaffeggiandomi ritmicamente ogni volte che penetra. Mi concentro sul calore dell'uomo, sui suoi muscoli scolpiti. Emana calore, riscalda il cuore. Me lo avvicino, e gli bacio le labbra travolto dal momento. Con un ultimo orgasmo vengo sul petto del mio amato, che trova anch'esso la soddisfazione poche spinte dopo. Si lascia andare, si distende su di me, pesante e sfinito. "Come ti chiami?" Sussurro timidamente, una volta realizzato di non sapere ancora il suo nome o la sua identità. "Non lo vuoi sapere" mormora lui contrariato, per poi nascondere il viso nella cavità del mio collo.

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