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Il più grande errore che tu possa fare
è lasciare andare l’amore
della tua vita

[Arcangelo Caiazzo]

Le dita sottili afferrarono la zip della valigia piena , una mano pressò sulla stoffa ruvida facilitando la chiusura della zip.

Erano le prime luci del mattino quando Yeji chiuse il secondo trolley nero e si voltò a fissare l’armadio semi vuoto, sospirò. Si passò una mano tra i ciuffi rossi ricaduti davanti al viso spostandoli distrattamente e con un gesto stanco dietro alle orecchie ed iniziò ad afferrare gli ultimi abiti rimasti.

Sfilò i maglioncini dalle grucce e li ripiegò malamente dentro ad uno scatolone consumato e via via svuotò l’armadio, i cassetti, il comodino. Il necessario lo aveva ripiegato con cura nelle valigie, il resto se lo sarebbe fatto spedire, almeno quello, Changbin glielo doveva.

Si sfregò le mani, liberandole dalla polvere e si diresse verso il bagno. Si liberò della camicia da notte lasciandola scivolare fino ai piedi, si tolse l’intimo e aprì l’acqua della doccia. Rimase qualche secondo a fissare le fughe delle piastrelle prima di entrare, aspettando che l’acqua si intiepidisse. Si sentiva stanca, aveva sonno, ma non riusciva più a dormire in quella casa. Ogni angolo di quel piccolo appartamento gli procurava troppi ricordi. Quella piccola casa che avevano tanto faticato per acquistarla, frutto di così tanti sacrifici da parte di entrambi, ma all’epoca era tutto diverso… loro erano diversi.

Rimanere lì significava soffrire.

Le spalle bianche e sottili si alzarono lentamente e scesero al medesimo modo accompagnando un lungo sospiro. I capelli spettinati scarlatti ricadevano sulla schiena bianca quasi priva di nei. Rabbrividii per l’umidità e alzò il capo, ed entrò finalmente nella doccia, buttandosi sotto l’acqua calda.

Si insaponò il corpo e lavò i capelli senza pensare a nulla, si sciacquò dall’abbondante schiuma profumata ed uscì dalla doccia e si avvolse nell’asciugamano.

Aveva la pelle d’oca ricoperta di gocce d’acqua. Faceva ancora fresco alla mattina e non aveva nemmeno acceso i riscaldamenti. Si tamponò le ciocche rosse mentre fissava il suo volto bianco allo specchio, le occhiaie scure contornavano gli occhi assonnati e le labbra erano screpolate.

Accese il phon, si asciugo i capelli, per la prima volta fregandosene dell’eventualità di  svegliare i vicini. Si truccò, prese gli abiti che aveva scelto precedentemente e si vestì.

Allacciò le stringhe delle scarpe, si infilò il giacchino di pelle e afferrò la borsa . Trascinò le valigie fino alla porta chiusa e le lasciò lì, dirigendosi in cucina.

Si sedette al tavolo, dove avevano mangiato con amici e parenti ed osservò la cucina e poi il frigo, quanti pasticci avevano fatto negli anni, bruciato lasagne, scotto la pasta, stappato bottiglie. Sembrava tutto così lontano.

Sospirò e aprì la borsa, prese l’agendina e l’aprì. Scrisse poche righe prima di strappare il foglio e lasciarlo sul tavolo con il suo mazzo di chiavi.

Si sfilò la fede, la rigirò lentamente tra le dita prima di poggiarla sul foglietto e si alzò dalla sedia e si diresse verso la porta, prese le valigie ed uscì.

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-Sei mesi dopo -

-“Ancora non capisco perché Chan ti abbia invitato” – Bisbigliò Felix, le mani raccolte tra il ventre e le cosce fasciate dall’abito elegante blu. La stoffa morbida e leggera lo teneva fresco in quella calda giornata nonostante fosse già settembre inoltrato.

-“Perché gli sono simpatico” – Rispose il biondo, aggiustandosi una ciocca finita sulla fronte umidiccia, ridacchiando a bassa voce per non disturbare – “Infondo, io sono simpatico a tutti, a differenza tua” – Aggiunse divertito.

Silky Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora