20. Romanticismo

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Sebastian

Entro in casa di Martina, le chiedo il permesso di entrare e lei mi dice gentilmente di seguirla. Contrariamente a quanto avrei immaginato, la parete alla mia sinistra dell'edificio si apre in un cortiletto interno, invece sulla mia destra c'è una scala in legno.

«Lassù c'è il mio appartamento, mentre quello dei miei è dalla parte opposta.» Mi spiega Martina, indicando prima il suo e poi quello dei suoi genitori.

«Ah, già che siamo qui giù, ti vorrei fare vedere l'altro cortile interno.» Io la guardo confuso; ci sono due giardini, all'interno di questa casa?

«Vieni, seguimi.» Mi dice Martina, allontanandosi dalla porta principale d'ingresso. Cammina una ventina di metri in avanti, fermandosi in corrispondenza di un'altra porta nera.

«Un attimo, è un po' dura da aprire...»

Solleva due catenacci, poi vedo che per i restanti fa fatica, così mi offro di aiutarla «Vuoi una mano?»

«Sì, grazie, forse è meglio, altrimenti restiamo qui tutto il pomeriggio!» Effettivamente sono un po' duri da aprire, ma dopo due tentativi ce la faccio.

«Grazie mille Sebastian, questo ti fa capire quanto poco usiamo questo spazio.»

Quando oltrepasso la porta, vedo un tappeto erboso verde smeraldo intervallato da un sentierino di piccole pietre di vario colore. Il giardino è contornato dalle due pareti della casa, mentre per i due restanti lati c'è un muretto dell'altezza di circa un metro e mezzo, che separa il cortile da un'altra abitazione.

«Non è molto grande, mi sorprendo che i miei lo abbiano fatto sistemare un po', tanto è impossibile goderselo. In estate c'è un caldo che si muore, invece, da questo periodo in avanti, non ci sono poi così tante attività da fare, a parte ovviamente tirare su le prime foglie che cadono dagli alberi.» In questo momento osservo meglio i tre alberi del giardinetto: non me ne intendo molto di piante, però sono carini. Due hanno le foglie allungate, mentre il terzo direi che è un tiglio.

«Beh non è poi così brutto. E poi ci stanno tre alberi, non lo definirei esattamente piccolo.»

«Hai ragione, comunque non mi dispiace che sia piccolo, in fin dei conti così l'erba da tagliare è poca!» Faccio qualche passo avanti, continuandomi a guardare intorno.

«E questo?» Domando io, indicando un arco con sotto una panchina.

«È imbarazzante vero? È roba dei miei, in primavera ci sono le rose rampicanti che fioriscono e uno si può mettere sotto e fare la principessa Sissi o chiunque altra principessa per un giorno.» Mi viene da ridere alle sue parole.

 «Vieni qui Marty,  dai.» Le dico io, andando verso la panchina.

«No Seb, la panchina è sporca, dopo ti rovini i pantaloni.» Io faccio spallucce, in verità non mi sembra poi così sporca.

«Vieni Mar, vieni qui.» Ripeto io ancora una volta. Mi siedo e aspetto che venga anche lei, cosa che poi effettivamente fa.

«Siediti sulle mie gambe, così non ti sporchi quei bei pantaloni chiari che hai.» Le dico io, ben sapendo che, quella di Martina era soltanto una scusa. Che dire, sono stato bravo a trasformarla a mio favore.

Lei fa quello che le ho appena detto, allora avvicino le labbra al suo orecchio e le sussurro «Tanto lo so che sei una romanticona inside

«Non mischiare le lingue che noi italiani non abbiamo bisogno di anglicismi.»

Le scosto un po' i capelli per darle un bacio sul collo «Cambia pure discorso; questo mi conferma che ho ragione.»

Lei sospira, però volta il viso verso di me «Smettila di torturarmi il collo, mi fai morire così.» Invece di smettere, continuo, passando poi alla sua bocca «Devi solo pronunciate quattro parole: 'Sebastian, hai ragione tu!' Il punto esclamativo lo puoi anche tralasciare.»

Numero Sei || Sebastian VettelDove le storie prendono vita. Scoprilo ora