21. Sono solo fantasmi

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Martina

Sorprendente mio padre si è contenuto. Sicuramente sarà stato un po' spaesato quando ha visto Sebastian all'ingresso della sua casa; ma non poi così tanto. Scommetto che lui e mia madre hanno parlato un po', prima del nostro arrivo.

È andato tutto bene, abbiamo appena finito di cenare e io e Sebastian siamo seduti sul divano dei miei. È il solo momento che abbiamo avuto per noi dall'inizio della cena.

«Ho mangiato molto bene questa sera, Mar. Grazie dell'invito.» Mi dice Sebastian mentre io prendo una coperta. Dopo aver mangiato mi viene sempre freddo.

«Dillo a mia mamma, sarà contenta di sentire queste parole.» Rispondo io.

Sebastian mi attira a sé, con tanto di coperta. Io lo guardo come per dire 'Ti sembra il caso di starmi appiccicato proprio adesso?'

«Shh Martina, devo fargli vedere che ti voglio bene.» Mi dice lui, riferendosi ai miei genitori. Io annuisco piano; è bastata una frase a farmi cambiare idea.

«E ora dimmi quella cosa di tuo padre e te.» Cavolo, speravo che ormai se ne fosse dimenticato, invece no.

«Beh, ecco... Lo sai che quando eri in Red Bull non mi stavi simpatico. Preferivo Alonso, invece mio padre continuava a dire che se tu fossi venuto in Ferrari, quella sarebbe stata un'operazione davvero intelligente. Quando sei davvero arrivato in Ferrari, è andato giù di testa. Le gare che guardavamo insieme riassunte erano così: io che rimpiangevo Alonso e mio padre che mi dava della stupida perché, secondo lui, non sapevo quello che stavo dicendo.»

Sebastian mi fa l'occhiolino «Cosa posso dire, aveva ragione lui, sì!»

Io mi metto a ridere «Me ne sono accorta anche io, però ci ho messo un po' più di tempo.» Ammetto io, anche se mi costa molta fatica e orgoglio. Ma che cosa pensavo io, alcuni anni fa?

«Per fortuna Mar, per fortuna.» Mi dice Sebastian, puntando gli occhi su mia madre, che nel frattempo è entrata in salotto.

Ci sorride e dice ad entrambi «Se siete stanchi o se avete da fare, andate pure a casa.»

Sebastian mi guarda, io lo guardo, poi guardo mia mamma e dico «Sì, ora andiamo a casa.» A malincuore però, mi alzo dal divano e dalla coperta che aveva già iniziato a scaldarmi. Forse quello era più il corpo di Sebastian, ma pazienza.

Quando arriviamo sulla soglia di quella che, fino a pochi anni fa, era anche la mia casa, Sebastian ringrazia i miei genitori per la cena, poi fa per darmi un bacio sulla fronte, ma si blocca, perché si ricorda che non mi piacciono. Allora mi mette un braccio dietro alle spalle e, prima di andare, dice che per lui è stata una bella serata.

Stanca di questa lunga cerimonia di congedo, apro la porta per fare capire a Sebastian che voglio andare.

«Ciao Martina, è stato bello sapere che ho una figlia.» Mi dice mia mamma, salutandomi. Io sospiro, come se non ci vedessimo mai.

Poi io e Sebastian torniamo nel mio appartamento.

«Suppongo che, a questo punto, tu resti stasera?» Domando io, mentre saliamo le scale.

«Ma, non saprei...» Mi prende in giro lui, usando la frase che gli avevo detto quando mi aveva chiesto di rimanere a dormire da lui, a Monza.

Sebastian, il gioco è bello quando è corto.

Lui mi afferra per i fianchi e mi bacia. Siamo fermi in mezzo alle scale; se uno dei due si sbilanciasse, rischierebbe di ammazzarsi, dato che non c'è la ringhiera.

«Uno, voglio stare con te; due, voglio scoprire se davvero ci sono i fantasmi in questa casa; tre, non sarei capace di uscire da questa città da solo.» Mi viene da ridere e Sebastian cattura il mio sorriso con un altro bacio.

Numero Sei || Sebastian VettelDove le storie prendono vita. Scoprilo ora