32. Miss Modestia

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Martina

«Faccio schifo! Sono una perdente! Arriverò ultima in campionato! » Mi canzona Sebastian ridendo. È da mezz'ora che questa cosa sta andando avanti.

«Smettila Seb, solo perché ho vinto questa gara, non significa che vincerò il mondiale. E poi secondo me sei solo invidioso perché domenica sei arrivato secondo e non primo come me.» Ribatto io, sistemando il mio trofeo sulla mensola.

È bello essere a casa.

«Non mi lamento per questo, ma mi lamento perché sei come quegli scolaretti che non studiano e poi prendono dieci al compito di classe, continuando a lamentarsi per tutto il tempo di aver preso quattro!» Mi viene da ridere, ma fingo di essere arrabbiata.

«Sebastian, mi hai davvero appena dato della scolaretta? È impossibile, tu sicuramente eri il primo della classe.»

«Sì, ma c'era una piccola differenza, io mi facevo il culo per prendere i bei voti a scuola.» Mi dice lui, venendo vicino a me e mettendomi le braccia intorno al bacino, abbracciandomi da dietro.

«Prima cosa, modera il linguaggio; seconda cosa, posso capire come tu ti possa sentire, ma in verità non faccio altro che fare allenamenti su allenamenti. Quindi tutto quello che ottengo è meritato.»

«Mar, sei sempre stata Miss Modestia.» Mi viene da ridere, poi piego la testa, sentendo il respiro di Sebastian sul collo. So quello che succederà tra qualche istante.

E infatti, subito dopo, sento le sue labbra accarezzarmi dolcemente il collo; per un momento si interrompe e mi dice «Senti Martina, quando hai intenzione di avere bambini? Non voglio che, quando andremo in giro insieme, mi considerino il nonno.»

Penso un attimo a cosa dire, intanto lui si corregge «Non volevo dire che... Insomma non voglio che tu pensi che sia tutto dovuto. Ovviamente tu puoi anche non volere bambini.» Appoggio le mie mani sulle sue, ancora sul mio bacino.

«Certo che voglio bambini con te. Ci penseremo a fine anno; spero capirai, ho bisogno di essere competitiva. E con un pancione, non lo sarei.» Sebastian mi volta verso di lui. Ha un sorriso radioso che adoro.

«Certo che capisco, però immagino sia una cosa giusta affrontare l'argomento.» Mi dice lui calmo.

«Sì, hai ragione Seb. Hai ragione.» Rispondo, prima che lui mi baci di nuovo. Era da tanto che non tornavo a casa mia, qui in Svizzera. Mi era mancata, anche se quella principale è quella in Italia. Però casa è sempre casa, ovunque essa sia.

«Devo andare a fare la spesa, c'è il frigo vuoto.» Dico io, tutt'ad un tratto.

«Aspetta ancora un po', Mar.» Mi dice lui, non lasciandomi andare.

«Devo fare tante cose Seb, tra un po' il supermercato chiude e rimarremo senza cibo. Io non ho vicini come i tuoi che ti vendono il latte e il formaggio.»

«Ho capito... Vuoi che ti accompagni?» Mi domanda lui rassegnato.

«Solo se andiamo con la mia macchina.» Dico io, con un sorriso malizioso sulle labbra.

«Immagino di non avere tante altre scelte.» Mi dice Sebastian, mentre io mi libero dalle sue braccia.

«Esatto, siamo a casa mia e si fa quello che dico io. Se vuoi venire, mi farebbe piacere, ma se non hai voglia, stai a casa. Non penso ci metterò molto.»

Sebastian mi guarda sorridente «Avresti potuto entrare nell'Esercito. Avresti avuto la giusta attitudine.» Pensandoci bene forse sì, ma ora è troppo tardi. Prendo le scarpe e le chiavi della mia R8.

Numero Sei || Sebastian VettelDove le storie prendono vita. Scoprilo ora