18❁ 𝐶𝑜𝑠𝑎 𝑑𝑒𝑣𝑜 𝑠𝑎𝑝𝑒𝑟𝑒? 𝑝𝑡.2

149 28 74
                                    

Jimin pov

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.

Jimin pov

"Muori mostro." era quello che deliziosamente avevo mimato con le mie labbra verso quello stupido essere inutile, che con quale coraggio si era persino presentato a scuola? Voleva buttare all'aria tutti i miei sforzi con la sua futile presenza?

Strinsi le mani sulle cosce, stremandomi a guardare il campo di gioco e non lui, ma era un'impresa complicata per colpa della voglia di scendere lì a bordo campo e strangolarlo con le mie stesse mani. Lo odiavo. Lo odiavo. Lo odiavo con tutto il cuore.

Perché?

Aveva sfasciato tutta la nostra famiglia. A causa della sua condizione assurda, aveva circoscritto le cinghie che vincolavano la mia vita: "portalo qua" o "portalo là". Ero divenuto il suo fattorino, al quale era giusto appioppare quella peste contagiosa, della quale tutti si sgomentavano, lasciando abbandonato anche me. Eravamo bambini, ma da allora sviluppai questo odio, potrei io stesso dichiarare egoistico, per non avere nessun impedimento a rallentarmi nelle relazioni.

Quel mostro cominciò a comprendere che non era più desiderato e intraprese ad incollarsi a nostra madre, allontanando, questa volta, lei da me. Mi voleva isolare anche in famiglia? Io ero quello "sano"! Quello normale! Io non avrei mai fatto soffrire i genitori che mi avevano cresciuto, mentre lui pensava solo a cercare qualcuno che lo accettasse.

Quando nostra madre iniziò ad averne abbastanza e gli urlò contro, godei della più piacevole sensazione. Aveva capito che ero io quello dei due da crescere e non quello scarto umano, soltanto un ammasso di errori e spazzatura. "Non dovresti essere mai nato" suonò alle mie orecchie come la più meravigliose delle sinfonie, accompagnate dagli applausi che metaforicamente erano raffigurati dal silenzio che si instaurò negli occhi rosei di quel mostro.

Ero stato scelto.

Avevo vinto.

"Ti odio. Non saresti mai dovuto nascere!" lo accusai a mia volta un giorno, notando nient'altro se desolazione nel suo sguardo. Provai pietà per noi, la sua famiglia, i quali avevamo dovuto per anni occuparci di lui, come se fosse un cane randagio preso dalla strada.

Provai quell'adrenalinica sensazione di avere il mondo ai miei piedi per la prima volta quando lo lasciai indietro in quel posto adatto alla sua mente sgretolata. Nessuno vuole ricostruire le persone. Una volta distrutte, è inutile aggiustarle, perché rifaranno sempre lo stesso errore e cercheranno qualcuno che le custodisca, ferendosi volta dopo volta.

Le schegge non mi avevano scalfito, lo avevo solamente guardato cadere a terra, lasciando indietro seduto sul letto il suo corpo senza vita. Avevo goduto del dolore che lacerava la sua pelle in quel guscio vuoto, senza più un'anima degna di vivere e non mi ero voltato indietro per anni.

Ma la sua esistenza aveva comunque distrutto la nostra famiglia, poiché anche nostro padre ci lasciò, accusando che la colpa di una tale vergogna di figlio fosse solo di mia madre. Lei non disse nulla, strinse solo le mani, conficcando le unghie fatte da poco nel palmo, e trattenendo le lacrime per quell'amore distrutto per sciagura di un errore. Non credetti che mio padre fosse serio e per mesi, mentre egli muoveva in segreto le carte per il divorzio, cercai di parlargli e fargli capire cosa aveva spinto sua moglie a fare tutto quello.

𝑮𝑬𝑴𝑬𝑳𝑳𝑰: 𝑠𝑎𝑛𝑔𝑢𝑒 𝑝𝑒𝑟 𝑠𝑎𝑛𝑔𝑢𝑒〈 𝐈 〉Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora