02 • a letto col nemico

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Continuavo ad osservarlo, appoggiato con una tetra eleganza sul suo cespolo di legno, perfettamente immedesimato nel suo ruolo di sentinella

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Continuavo ad osservarlo, appoggiato con una tetra eleganza sul suo cespolo di legno, perfettamente immedesimato nel suo ruolo di sentinella.

Avevo studiato le metamorfosi, e sapevo che, solitamente, i vampiri sceglievano come propria forma animale quella di un uccello o di un pipistrello, sfruttando la possibilità dei volatili di potersi spostare senza attirare troppo l'attenzione, diventando delle vere e proprie spie, oltre che degli ottimi soldati.

Se avessi dovuto scegliere, avrei detto che non c'era nulla di peggio dei vampiri: non era semplice diventarlo, perché, solitamente, i demoni erano piuttosto indulgenti con il rispetto delle leggi, ma, se uno era arrivato a farsi privare della propria cittadinanza, significava che aveva fatto qualcosa di tanto terribile da risultare esagerato perfino per i figli del male.

Non era rassicurante, affatto, e sapermi chiusa in una stanza con uno di loro non faceva che peggiorare il mio malumore.

Erano passate ore, tante ore, quindi perché non avevo ancora ricevuto un segnale da Ethos? Non mi stava cercando, non voleva salvarmi? Non riuscivo a giustificare quel silenzio: eppure, ero certa che non mi avrebbe mai lasciato in quel posto.

Gli avevo detto che ero innamorata di lui.

Ripensarci mi faceva sentire una perfetta idiota: come potevo essere stata tanto impulsiva da rivelarglielo? La sua espressione era stata chiara: era terrorizzato.

Forse era per questo che non voleva trovarmi, che fingeva di essersi dimenticato di me: non mi voleva più, soprattutto non ora che potevo rappresentare una così spinosa presenza.

Avevo rovinato tutto.

Scostai lo sguardo, sentendo la serratura della porta di metallo scattare, e subito mi strinsi contro la testata dell'ampio letto, quasi potessi davvero scomparire.

Non ero pronta a rivedere Aima, non lo avrei sopportato, ma, per fortuna, non fu lui ad entrare.

"Oh, eccoti qui." Un'esile ragazza dai capelli biondi mi sorrise con grazia, entrando nella stanza con una terrina d'acqua in mano e una pezza nera sotto braccio. "Tu devi essere Blue Marine, giusto?"

"Solo Marine," puntualizzai, con una nota di perplessità, mentre la ragazza posava con delicatezza la terrina sul piccolo tavolino in marmo al centro della stanza.

Non sembrava una demone, affatto, ma i suoi occhi rossi non lasciavano dubbi sulla sua appartenenza: non riuscivo ad inquadrarla, non capivo se potevo fidarmi, ma, alla fine, non ero mai stata molto brava a scoprire le intenzioni degli altri.

"Io sono Serena, mio fratello mi ha detto di aiutarti con le ferite," spiegò, gentile, inzuppando un lembo del telo nell'acqua chiara, tornando poi a guardarmi. "Non è mia intenzione farti male."

"Tu sei sorella di Aima?" Chiesi, sinceramente sorpresa: sicuramente, non si assomigliavano affatto.

Serena annuì, candida, e si avvicinò a me, sedendosi sul bordo del letto con grazia. "Ho paura che ti abbia spaventata, non è vero? Altrimenti non avrebbe mai mandato me."

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