0.8 • regole

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Fu profondamente sconcertante lo scoprire che, almeno per quanto riguarda il gusto angelico, mi sarei dovuta cambiare gli abiti per cenare

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Fu profondamente sconcertante lo scoprire che, almeno per quanto riguarda il gusto angelico, mi sarei dovuta cambiare gli abiti per cenare.

Non ne trovavo un senso: in fondo, non avrei dovuto fare altro che masticare e deglutire: che importanza poteva mai avere il modo in cui ero vestita?

In ogni caso, Isaie mi costrinse ad obbedire, estraendo quasi magicamente dal mio armadio un maglione color porpora ed una gonna nera.

Una gonna: di quelle, non ne avevo mai avuta una.

Osservai il mio riflesso allo specchio, se pur di sfuggita, mentre Isaie mi legava i capelli in una treccia centrale, cercando disperatamente di riordinare i miei ricci.

Mi spazzolava con cura, sfiorando le mie ciocche castane con delicatezza, facendomi sorridere di tanto in tanto con qualche battuta leggera.

Ovviamente, Isaie mi aveva chiesto il permesso, prima di osare a toccarmi con tanta irruenza ed aveva aspettato pazientemente che mi cambiassi, entrando solo una volta vestita, così da sistemarmi al meglio per l'incontro con il suo Principe.

E mi ritrovai ad apprezzare quelle cure gentili, quasi affettuose, per quanto, in realtà, sapessi perfettamente che Isaie non si stava preoccupando per me solo per una bontà personale, ma perché gli era stato ordinato.

Fingere un'importanza che non avevo mi risultava fin troppo facile, al tempo.

Alla fine, però, il momento arrivò comunque, e non fu affatto dolce.

Isaie era tornato nella sua forma animale, rimanendo relegato in una quieta obbedienza sulla poltrona che gli era stata concessa: nessuno glielo aveva ordinato, eppure lui sembrava già conoscere l'indice dei suoi comportamenti.

Avrei tanto voluto conoscere il mio.

Sospirai, nervosa, passandomi con durezza le mani sul viso, cercando di calmarmi.

Una sola porta mi divideva dalla mia prima cena da creatura libera, da ex prigioniera, e avrei dovuto passarla con l'Angelo che teneva stretto fra le mani tutto il mio destino.

Una cosa semplice, insomma.

Alla fine, mi arresi, facendo pressione sulla maniglia lucida, liberandomi di ogni barriera.

E lui era lì, appoggiato ad una parete con un vago disinteresse dipinto sul volto liscio e il corpo longilineo fasciato nel completo candido.

I capelli biondi ricadevano sulla sua fronte, quasi a sfiorare le sopracciglia del medesimo colore, corrucciate in un'espressione concentrata per via della lettura di uno dei tanti volumi della mia libreria.

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