9. Verita pt.2

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Io guardo lui, lui guarda me. Ad un certo punto il telefono nella mia tasca vibra e io cerco di afferrarlo, ma Jackson si rianima e dice <Non ti azzardare Lexa!>
Metto la mano lungo il fianco e non lo tocco.
<Non riesco a credere che tu mi abbia tenuto nascosta una cosa del genere. Che.. che cazzo ho fatto per farti perdere la fiducia in me eh?!> chiede arrabbiato e in questo momento potrei lasciarlo, sarebbe il momento perfetto. Almeno DP avrebbe quello che vuole e lui sarebbe al sicuro.
<Niente.> dico guardando a terra
<So che mi tieni nascoste altre cose. Lo so, ma non dico niente perché so che tu hai bisogno dei tuoi spazi, ma io non posso continuare così.> dice e lo guardo negli occhi.
È stanco, ed è normale, lo sarei anche io.
<Non ti chiedo di farlo> dico guardandolo negli occhi.
E vedo che lui spalanca i suoi, non si aspettava questa risposta. Si aspettava un "Ti dirò tutto." o un "Mi dispiace" ma no non posso continuare a farlo rischiare inconsapevolmente per me.
<Sono stanco di lasciarti i tuoi spazi. Ero... stavo diventando matto quando tuo padre mi ha chiamato. Non sapevo niente, tu non mi avevi detto niente. Che cos'altro mi tieni nascosto?> chiede urlando
<Niente.> dico guardandolo negli occhi.
<Menti. E io non voglio stare con una bugiarda.> dice
In teoria sto facendo fare tutto a lui, ed è meglio così, se facessi tutto io sarebbe peggio.
<E allora vattene Jackson. Non ho mai detto che stare con me sarebbe stato facile. Mi dispiace, ma ho bisogno dei miei spazi e se tu non puoi darmeli, allora vattene> urlo e in quel momento sento qualcosa dentro di me rompersi. Gli occhi di Jackson mi guardando come se fossi una sconosciuta, è deluso.
Lo sono anche io di me stessa.
<Io..> inizia ma questo non glielo lascio fare <Non voglio più stare con te> concludo al posto suon guardandolo negli occhi.
Prendo la borsa ed esco dalla stanza lasciandoli lì. Fuori ci sono tutti, evidentemente mi hanno sentita, ci hanno sentito, ma non mi importa voglio solo andarmene. Mi sento un verme.
<Charlie, Kate, tornate a casa. Non serve che voi stiate qui.> dico cercando di capire da che parte stanno.
<Tranquilla ce ne stavamo andando. Non riesco a crederci Alexa, non ti riconosco più.> dice Charlie. La guardo, lei guarda me e alla fine dico <Neanche io.>
<Possiamo andare?> chiedo ai miei finti genitori. Poi guardo Evelyn e mi chiedo come dovrò chiamarla, per me è una sconosciuta non una mamma. Le mamme non abbandonano i figli.
<Andiamo> dice mia "madre"
Prendo le analisi e andiamo via.
Il viaggio in macchina è lungo e appena mi ricordo del telefono lo prendo e leggo il messaggio, che casualmente è di DP
Ti metto sotto stress? Lascia tutti!
Poi leggo il secondo messaggio, sempre suo, che è arrivato qualche minuto più tardi.
Quanto mi dispiace per quel povero ragazzo. Sei una bugiarda non si fanno queste cose.
Vorrei buttare il telefono fuori dal finestrino, ma non lo faccio, non so come potrebbe reagire questo figlio di puttana.
Appena arriviamo entriamo in casa e ci sediamo tutti nel soggiorno.
<Adesso mi spieghi bene come stanno le cose. E mi spieghi anche perché mi hai abbandonata. Mi spieghi come vi siete conosciuti e mi spiegate tutti perché non mi avete detto niente. Anni e anni di bugie, ho vent'anni e scopro solo ora di essere stata adottata, vi rendete conto?> urlo l'ultima parte
<Hai ragione. Ora ti dirò tutto.> dice Evelyn
Mi siedo e la vedo chiudere qualche secondo gli occhi. <Ero incinta di due gemelli. Mio marito non era un uomo, era un animale. L'esatto opposto di tuo padre Alexa. -mi guarda
e subito dopo guardo Stefan- Mi maltrattava, mi menava e alcune volte mi violentava. Era un caso perso ma l'ho capito tardi. Non gli dissi di essere incinta. Volevo salvarli entrambi. Ma dopo poco tempo scoprì della mia gravidanza. Non sapeva che io fossi incinta di due gemelli, il mio scopo ormai era di salvarne almeno uno. Parlai con il ginecologo e gli dissi di non dire niente e lui mi aiutò molto. Così continuai la gravidanza, le violenze erano cessate, mio marito David Price stava cambiando era buono, se così si può dire. Tante volte avrei voluto confessargli dei gemelli, ma non lo facevo, non mi fidavo.> dice richiuse gli occhi e poi li riaprì continuando il racconto <Quando partorii, mio marito non c'era, così dissi al ginecologo di dirmi i sessi. Non volevo saperlo prima, altrimenti mi sarei torturata su chi salvare e chi no. Mi disse che una era femmina e uno era maschio. Mi disse di dargli dei nomi, ma io detti il nome solo al maschio. Dovevo salvare la bambina e darla a qualcuno, non spettava a me darle il nome. Il bimbo lo chiamai Jason. Jason Price. Dissi al ginecologo di tener nascosta la bambina e quando mio marito arrivò gli feci vedere Jason. Se ne innamorò, o perlomeno era quello che pensavo. Quando tornammo a casa, dovetti stare con Jason, mentre David andava a lavoro. Le violenze erano tornate e avevo così paura che potesse far del male a Jason che il più delle volte stavamo sempre fuori casa. Non mi ero dimenticata della bambina, ogni giorno andavo all'ospedale per controllarla e piano piano me ne stavo affezionando. Un giorno il ginecologo mi disse che c'era una famiglia che lui conosceva che non poteva avere figli, mi disse che potevo dare la bambina a loro e io accettai. Mi fidavo di quel ginecologo mi aveva aiutata e quando conobbi la famiglia mi piacque molto e decisi di darla a loro. La donna e l'uomo si chiamavano Sara e Stefan Payton. Sarebbero andati ad abitare a Daly City e a me andava molto bene dato che era abbastanza lontana da South San Francisco. Gli raccontai tutto e promisi di tenerli sempre aggiornati su qualsiasi evenienza, inoltre ogni anno per il tuo compleanno mi mandavano una tua foto che io custodivo gelosamente. Tu Alexa sei mia figlia. Non sono venuta qui per rovinarti la vita, ne per costringerti a chiamarmi mamma. Perché a perer mio la famiglia non la fa il sangue, ma l'amore. E purtroppo io non ci sono potuta essere per te. No, io sono qui perché per tutti questi anni ho sempre cercato di proteggerti dal tuo padre biologico. Non sapeva nulla di te, fino a quando per sbaglio ha visto una tua foto e notando la somiglianza con Jason ha iniziato a farmi domande. Mi ha picchiata e non mi ha dato un attimo di pace. Quando lui scopri tutto, tu avevi dieci anni. Presi Jason e scappai via. Non sapeva dove tu stessi abitando. Fatto sta che ho passato tutta la mia vita a proteggervi.> dice e in quel momento mi guardò negli occhi.
Abbasso lo sguardo, sto piangendo, ma cerco comunque di asciugarmi le lacrime.
<Dov'è? Dov'è Jason?> chiedo e la guardo negli occhi. Sta piangendo anche lei.
<Quando sono scappata, conoscevo una famiglia a South San Francisco. Non avevano figli, diciamo che alla fine è andata bene a tutti e due. E io sono stata molto fortunata a trovare quella famiglia. Dissi loro di stare attenti, anche loro sanno la storia. Lo presero e subito dopo io sparii. Non potevo avvicinare David a voi due. Vi avrebbe presi. E per fortuna David pensava che Jason stesse con me, altrimenti sarebbe andato a cercarlo.> dice
<Dov'è ora?> chiedo
<Vedi Jason sa di te, sa tutto. Chiesi a tua madre e tuo padre di non farti mandare mai a South San Francisco. Era pericoloso. Ma avrei dovuto sapere che tu alla fine in un modo o nell'altro ci saresti andata.> dice
<Ci sono andata a scuola insieme alle mie amiche e di solito scappavo per andarci in discoteca. Ma se David era con te perché io non potevo andarci?> chiedo
<Era pericoloso. Lui ha uomini dappertutto Alexa.> dice e continua dicendo <Come dicevo, Jason sa chi sei, come sei fatta e dove sei. Quando ti vide per la prima volta mi chiamò mi disse che tu eri lì a South San Francisco.> dice
Cerco di capire chi possa essere.
<Veniva nella tua stessa scuola, non ti ha mai lasciata sola. Quando è andato a vivere nella nuova famiglia ha preso il cognome Costa.>dice
<Non mi ha mai lasciata sola. È con me al college.> dico e inizio a piangere.
<Appena vi ho visti insieme la scorsa volta quando siete venuti a prendere la macchina, mi sono sentita così bene perché eravate insieme, ma anche così male perché per David sarebbe stato più facile trovarti.> dice
<Ho sentito abbastanza. Vado su> dico

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