...Ricordo bene quei giorni.
Il vento soffiava forte, tanto da strappare via tutte le foglie degli alberi.
Mi piaceva correre lungo quella strada piena di colori caldi, contrastanti alla stagione che c'era.
Mi faceva sentire viva, correre in quel modo, come se nulla e nessuno avrebbe mai potuto farmi male.
Venne inverno, a scuola arrivò un nuovo studente, James.
Aveva una strana aura intorno a lui.
I suoi occhi, ricordo i suoi occhi come se ce li avessi qui davanti a me.
Erano così profondi che potevi perdertici dentro.
Si diceva in giro che appartenesse a un famiglia molto ricca e potente e per questo molte ragazze cominciarono ad andargli dietro benché lui non dimostrasse alcun interesse nei loro confronti.
Era molto popolare anche tra i maschi, i quali spesso lo invitavano a uscire e quant'altro.
Cominciò a socializzare con gli altri ragazzi solo tre settimane dopo, tuttavia aveva sempre quell'aria assente che l'avvolgeva.
Rideva, la sua risata riempiva i corridoi come nient'altro.
Lui si trovava sempre nella parte opposta del ponte rispetto alla mia. Io ero sempre sui libri e lui con i suoi amici.
Non ci rivolgevamo mai la parola, lui era "top" e io ero, ero nulla.
A volte, una forte rabbia s'impossessava di me e cominciavo ad odiarlo.
Non sono mai riuscita a capire il perché, forse, era perché sapevo che non sarei mai riuscita a raggiungerlo, sapevo che era lontano una stella.
Apparentemente vicino, realmente lontano, lontano anni luce.
Poco tempo dopo, a scuola si venne a scoprire che la mia famiglia aveva problemi finanziari e per questo motivo avevo iniziato a lavorare.
Cominciarono dunque a prendermi in giro, e a criticarmi.
Le loro critiche non mi sfioravano nemmeno lontanamente, tuttavia erano fastidiose.
Anche lui, James, seguì quella massa di imbecilli.
Passare nei corridoi e stare in classe era diventata un'impresa sovrumana, così per la maggior parte del tempo, stavo in un angolo della biblioteca a leggere.
Un giorno, stanca di tutte quelle chiacchiere, sbottai : "Chi non è mai stato ferito, ride delle ferite altrui."
Probabilmente non avevano nemmeno capito la frase appena citata.
"Siete solo un ammasso di scarafaggi che dipendono solo ed unicamente dai soldi che guadagnano i genitori.
Ma cosa sareste nel mondo reale senza i vostri genitori a proteggervi? Nulla, solo dei fastidiosi, schifosi, inutili scarafaggi."
Probabilmente dissi un po' troppo, ma tutto ciò era vero e non nego di averlo pensato davvero.
Rimasero sconcertanti, questo lo dedussi dal fatto che non spicciarono nemmeno una parola.
Solo dopo qualche minuto, cominciarono ad inalare le parole che avevo appena detto.
Fecero qualche smorfia e mi guardano con quell'aria di chi pensa di essere superiore.
Non rivolsi la mia attenzione a nessuno di loro, eccetto James, il loro "capo branco".
Vidi che anche lui, in qualche modo, era rimasto esterrefatto.
Mi voltai dall'altra parte del cortile per andare via ma prima che potessi farlo, qualcuno afferrò la mia mano.
Mi voltai, e vidi quel paio d'occhi azzurri a pochi centimetri dai miei.
"Non hai nessun diritto per insultarci così." Disse.
Una rabbia mai provata si diffuse rapidamente in me.
Mi ripresi la mia mano e lo guardai con disprezzo, esattamente come si guarderebbe uno scaraffaggio.
"Quello che dico non sono affari tuoi." Risposi, e con questo me ne andai una volta per tutte.
Era l'inizio di una lunga guerra.
I giorni a seguire furono un incubo.
Per farmela pagare, quei piccoli schifosi scarafaggi, mi riempirono l'armadietto di vermi.
Come se non bastasse, proprio quando stavo per entrare in classe, mi si rovesciò in testa una bacinella pieno di fango.
Non mi pentii assolutamente di quello che avevo detto precedentemente, ma quella situazione era davvero troppo.
Non volevo piangere di fronte a tutti loro, no, non dovevo dargliela vinta, così scappai.
Andai sul tetto della scuola e mi accasciai a terra contro il muro.
Cominciai a piangere, volevo solo andarmene da quella scuola di ricconi.
Ovviamente non potevo dopo tutti i sacrifici che i mia madre aveva fatto per me.
Mi rialzai e ritornai in classe, così com'ero, senza vergogna.
Seguii tutte le lezioni senza curarmi dei gesti e dei sussurri attorno a me.
Fu una giornata lunga, molto lunga ma alla fine terminò, così come tutte le giornate seguenti.
Ricordo ancora, quando in mensa, mi misi in piedi su un tavolo e urlai a James che un paio di stupidi scherzi non mi avrebbero di certo sconfitta.
Lo guardai dritto negli occhi, senza paura.
Lo odiavo, lo odiavo come non avevo mai fatto con nessuno.
Nelle settimane a seguire non ci parlammo, nei corridoi capitava che i nostri sguardi si incrociassero ma a parte quello, non ebbi nessuna interazione diretta con lui.
Le prese in giro cessarono con l'arrivo di un nuovo scandalo.
Nonostante quell'incubo fosse finito in quel modo, qualcosa mi legava ancora a James.
Era un rapporto di odio reciproco che si faceva sentire appena ce n'era l'occasione.
Poi accadde un fatto, che cambiò la mia opinione su di lui.
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Tempeste e Uragani
Romance"Non importa quante battaglie dovrò combattere, finché sarai con me, so che le vincerò tutte." Abby ha 17 anni e frequenta una prestigiosa scuola di New York. Vive con la madre e il fratello in un piccolo appartamento lì vicino. Prima della scuola i...