Durante le vacanze estive non incontrai nessuno dei miei compagni, a parte qualche volta Marianne.
Lavoravo 6 giorni su 7 in un lussuoso ristorante del centro.
Ottenni il lavoro grazie sopratutto a Marianne, perché i proprietari erano amici di suo padre.
Non riuscii proprio crederci quando, in un'afosa serata di metà luglio, vidi James seduto in uno dei tavoli del ristorante.
Era da tanto che non lo vedevo, ed era diverso dal solito.
Indossava uno smoking nero ed era circondato da gente come lui, ricca.
C'era una ragazza seduto vicino a lui, era bellissima.
Mi faceva un certo effetto vederlo così.
Mi diressi verso di loro e mi presentai.
"Buonasera, sarò io a servirvi per il resto della cena, avete già deciso cosa prenderete?" Dissi tutto d'un fiato.
Guardai dalla parte di James, il quale continuava a fissarmi come se avesse visto un alieno.
Sforzai un sorriso e presi tutte le ordinazioni.
"Abby." Disse James.
Si girarono tutti verso di lui. "Conosci questa cameriera JayJay" Chiese la bellissima ragazza.
Non potevo crederci, JayJay, lo aveva appena chiamato JayJay!
Ma che razza di soprannome era?!
"Allora?" Insistette.
Finii velocemente di scrivere le ordinazioni e me ne andai di corsa ma a metà strada qualcuno mi afferrò la mano.
Non fui sorpresa di vedere James quando mi voltai.
"Cosa vuoi?" Sbottai.
"Cosa ci fai qui?" Chiese.
"Sto lavorando." Risposi, liberandomi dalla sua presa.
"In che senso?"
"Le persone normali lavorano per guadagnarsi da vivere, ecco io sono una di do loro, capito?"
"Non mi aspettavo di vederti qui." Borbottò.
"Neanch'io." Bofonchiai.
Rimanemmo in silenzio per un po.
"Devo andare, se no il capo si arrabbierà di nuovo." Dissi, e me ne andai prima che potesse dire qualsiasi cosa.
"Aspetta."
Camminai il più velocemente possibile.
Arrivai finalmente in cucina, dove feci un lungo respiro.
Fu una lunga serata, nella quale camminai avanti e indietro un milione di volte.
Scoprii che quella bellissima ragazza accanto a James si chiamava Danielle.
Finii di lavorare verso le 02:00 di mattina.
Presi la borsa e la giacca e uscii.
Mi appoggiai per un istante al portone e sospirai.
Finalmente, pensai.
"Lavori sempre fino a così tardi?" Chiese, una voce familiare.
Non avevo nemmeno bisogno di voltarmi per sapere chi era che lo sapevo già.
"Perché sei ancora qui?"
"Non so, mi andava." Disse, camminando lentamente verso di me.
Restai a fissarlo.
Era proprio strano vederlo in smoking.
Risi.
"Che c'è?" Chiese, guardandosi attorno.
"Tu." Dissi.
"Io cosa?" Chiese, confuso.
"In smoking."
Sorrise.
"Devo andare a casa." Dissi, uscendo dal vicolo.
"Ti accompagno."
"Non ci pensare nemmeno." Dissi, accelerando il passo.
"Sono le due di mattina, pensa se qualcuno ti aggredisse sulla via verso casa, avrei la coscienza sporca per tutta la vita."
"Sono difendermi benissimo da sola."
"Come quella volta che sei caduta dalla bici nel bosco."
"Era diverso." Borbottai. "Parli te che non sapevi nemmeno impugnare una scopa."
"Era diverso." Imitò la mia voce.
"Hey, io non parlo così!" Dissi dandogli un pugno sul braccio.
"Ahi, mi hai fatto male!" Disse, ridendo.
La sua risata, era da tanto che non la sentivo.
"Come potrebbe difendermi uno che si fa prendere a pugni da una ragazza?"
"Guarda che ho fatto judo e arti marziali da quando sono piccolo, ti potrei mandare dall'altra parte della strada se volessi."
"Certo, provaci."
"Non mi provocare."
Risi e così anche lui.
Continuammo a camminare per un pezzo.
"Comunque Danielle è solo la figlia di un amico di mio padre." Disse, interrompendo il silenzio che si era creato.
Sorrisi e stetti zitta per un po, alla fine dissi : "Non te l'ho chiesto."
"Mi andava di dirtelo." Rispose.
Arrivammo finalmente a casa mia.
"Di solito, le normali coppie a questo punto si dovrebbero baciare." Disse, con tono malizioso.
"Non siamo una coppia e per giunta non siamo mica tornati da un appuntamento."
"Lo so, ma ho fatto tutta questa strada solo per accompagnarti a casa, qualcosa me lo merito."
"Non eri obbligato a farlo, e poi non te l'ho mica chiesto." Borbottai.
"Va bene, come vuoi." Disse, e fece per andarsene.
Non so perché lo feci ma lo feci.
"Aspetta." Dissi, affermandogli la mano.
Gli diedi un rapido bacio sulla guancia.
"Grazie." Mormorai silenziosamente.
Sorrise.
"Buonanotte." Disse, prima di andarsene.
"Buonanotte." Ripetei fra me e me.
Rimasi lì per un po, a osservarlo sparire nell'oscurità della notte.
Sempre più lontano.
Salii le scale e mi diressi direttamente in camera.
Presi il romanzo che stavo leggendo durante la gita che avevamo fatto a maggio e l'aprii.
Avevo fatto essiccare la margherita che mi aveva regalato James e lasciata sull'ultima pagina di quel libro.
Restai lì per un po, a fissare quel fiore e ricordare ogni dettaglio di quel momento passato assieme.
Sorrisi, avvolta nel buio che occupava la stanza.
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Tempeste e Uragani
Romance"Non importa quante battaglie dovrò combattere, finché sarai con me, so che le vincerò tutte." Abby ha 17 anni e frequenta una prestigiosa scuola di New York. Vive con la madre e il fratello in un piccolo appartamento lì vicino. Prima della scuola i...