Capitolo 24

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Ancora una volta era il mio compleanno.
Come tutti gli anni, quella mattina mi svegliai presto e andai a correre. 
Corsi fino al solito posto.
Mi lasciai accarezzare dalla una ventata d’aria fresca. 
“Mi dispiace, Anne.” 
Era l’ultima cosa che aveva detto, o per lo meno, per me fu l’ultima cosa che disse.
Da quel momento in poi, incredibile ma vero, mamma e Bart si erano mantenuti in contatto. 
Mi dispiace. 
Ho sempre odiato quella frase e chi la diceva. 
A Bart non dispiaceva davvero, perchè altrimenti non se ne sarebbe andato via, non avrebbe lasciato la sua famiglia per vivere con un’altra donna, a lui non dispiaceva affatto, l’aveva detto solo perchè non sapeva più cosa dire, nient’altro.

Le lacrime scesero silenziose, veloci. 
Sorrisi e alzai il volto verso il cielo. 
Stavo bene, davvero, stavo bene, ero solo stanca.
Mi asciugai le guance e mi alzai. 
Respirai profondamente e mi avviai verso casa.

Mia madre, come tutte le mattine a quell’ora, era già sveglia. 
La salutai e finsi un sorriso. 
“Diciott’anni tesoro!” 
“Mamma, ti prego, non è il caso.”
“Ma Abby, compi diciott’anni, non è da tutti i giorni.” 
“Per me è un giorno qualunque.” Risposi, evitando il suo sguardo.
Mia madre era la persona più sensibile che avessi mai conosciuto.
Un’occhiata e sapeva esattamente ciò che stavi pensando.
Sospirò, e bofonchiò qualcosa. 
Andai in cucina e presi una bottiglia d’acqua.

“Ha telefonato un ragazzo.”
“James?”
“No, ha detto di chiamarsi George.”
George.
Era da tanto che non lo sentivo, chissà che fine avrà fatto.
Andai in camera e presi il cellulare dal comodino.
L’avevo lasciata lì, quand’ero uscita.
9 chiamate perse, 2 messaggi.
Chiamate : 5 erano di James, 3 di George e una di Mari.
Messaggi : 1 era di Marianne e l’altra di Josh.

Marianne : “Buon Compleanno Abby!” 
Josh : “Hey Abby, auguri!” 
Sorrisi, era la prima volta che ricevevo così tanti auguri. 
Chiamai James.

“Perchè non hai risposto?” Chiese incazzato.
“Ero andata a correre.” Risposi, scocciata dal suo tono.
“Alle 05.00 del mattino?” 
“Guarda che solo perchè tu ti svegli sempre alle 12.00 non vuol dire che anche gli altri si sveglino a quell’ora.”
Sbuffò. “Auguri.” 
Sorrisi. “Grazie.” 
“La festa a che ora è?”
“Non ci sarà nessuna festa.”
“Come nessuna festa? Ho capito che sei povera e non hai amici, ma una torta e qualche patatina te la potrai permettere.
E hai Mari da invitare.”
“Anche George e Josh, se è per questo.”
“No, loro non sono tuoi amici.”
“Da quando in qua decidi chi è o non è mio amico?”
“Da sempre.”
“Sì, okay.”
“Diciott’anni, non ci credo che non farai una festa.” Continuò.
James non sapeva nulla. 
“Incredibile ma vero.”
“Hai programmi per la giornata?”
“Sì.”
“Cosa?”
“Studiare, l’estate è ormai finita e a causa del lavoro, sono rimasta indietro.” 
“No, oggi non studierai, te lo proibisco.”
“Chi sei per darmi degli ordini?”
“Sto venendo da te.”
“Ti ho detto che…”
Riagganciò prima che potessi finire la frase.
Lo odiavo.

Telefonai a George.
“Tanti auguri a te, tanti auguri a te, tanti auguri a Abby, tanti auguri a…”
“No.”
“Hey, ma non avevo finito.”
“Odio quella canzone.”
Rise. “Perchè?”
“Mi ricorda brutti momenti.”
“Tipo?”
“Meglio lasciar stare.”
“Okay, come stai?”
“Come tutti i giorni, tu?”
“Sono in vacanza con i miei, è la prima volta dopo tanti anni, voglio dire, la prima volta tutti insieme.” 
Sentivo dalla sua voce che era felice.
“Sono contenta che ti stia divertendo.”
“Grazie.” 
“Dove siete in vacanza?”
“Vienna.”
“Ho sentito dire che è bellissima.”
“Sì, la gente è molto cortese.”
“Cortese, quando lo dici sembri uno di quarant’anni.”
Rise. 
“Ora devo andare, ti verrò a trovare appena ritorno.”
“Va bene.”
Riagganciai.

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