Parte 16

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Era una soleggiata mattina di metà aprile, quando a scuola, venni a sapere del ritorno di James.

Erano ormai passate tre settimane da quella notte, e non si era mai fatto sentire in quell'arco di tempo.

Ero arrabbiata e felice allo stesso tempo, questi due sentimenti si contrastavano così tanto che ero indecisa se andare a cercarlo o no.

No, mi dissi, questa volta non lo perdonerai.

Ero decisa ad evitarlo, ma per mia sfortuna, lo incontrai in mezzo al corridoio mentre andavo in biblioteca.

Mi fermai di colpo e rimasi a fissarlo.

Stava ridendo con alcuni compagni.

Solo dopo qualche istante mi notò.

Smise di ridere.

"Abby.." Mormorò.

"Chi è Abby?" Chiese una voce femminile.

Da dietro di lui spuntò una ragazza molto carina.

Gambe lunghe e magre, capelli rosso fuoco e occhi verdi smeraldo.

Personificazione della perfezione, ammesso che esista.

Mi ci volle qualche minuto prima di capire che quella ragazza era in realtà la stessa che era a cena con James e la sua famiglia l'estate scorsa.

Danielle.

Cosa ci faceva lì?

James rimase lì, senza dire nulla.

Sorrisi, e continuai ad andare avanti, ignorandoli come fossero fantasmi.

Prima che potessi arrivare in biblioteca però, qualcuno afferrò il mio braccio.

Non avevo nemmeno bisogno di girarmi che sapevo già chi era.

"Abby, io.."

"Per favore, lasciami." Dissi fissando la sua mano.

"No." Si rifiutò.

Lo fulminai con gli occhi e mi liberai dalla sua stretta.

Continuai per la mia strada, con una grande voglia di piangere.

Non potevo, pensai, non potevo scoppiare lì a scuola.

Non riuscivo ancora a crederci.

Dopo tre settimane, si era ripresentato lì come se nulla fosse, con Danielle al suo fianco, dopo che mi aveva promesso che non mi avrebbe più lasciato.

Era un bugiardo, uno schifosissimo bugiardo ed io ero una stupida.

Mi rinchiusi in bagno e mi accasciai contro il muro.

Continuavo a dire che andava tutto bene, che non era successo nulla, ma non era così.

Non era affatto così.

Le lacrime scesero silenziosi, una dopo l'altra.

Mi tolsi la collana che mi aveva regalato e la fissai per un po, continuando a piangere.

"Promesso" aveva detto, e io gli avevo creduto.

Che scema, mi ripetei, sei solo una stupida illusa.

Smisi di piangere e mi asciugai gli occhi.

Mai più, mi dissi, mai più mi fiderò di lui.

Nonostante stessi andando a pezzi, mi rialzai e mi ricomposi.

Ritornai in classe e seguii tutte le lezioni con la massima attenzione.

La giornata sembrava non finire mai, Marianne non c'era e George seguiva altre lezioni.

Tirai un sospiro di sollievo, quando finalmente suonò la campanella di fine lezioni.

Misi a posto i miei libri e mi avviai verso casa.

A cena fui silenziosa, ma mia madre non si accorse di nulla grazie a tutto il fracasso che stava facendo Jacob.

Andai direttamente in camera e mi tuffai nel letto.

Ero così stanca che non riuscivo ad alzare nemmeno un dito.

Erano ormai le undici, quando si presentò alla porta James.

Mia madre era ancora sveglia ed andò ad aprire lei.

"Abby, c'è qualcuno che vuole vederti qui! Dice di essere un tuo amico." Urlò.

"Mamma, io non ho amici, fatto eccezione per Marianne." Ribattei.

"Vieni lo stesso!"

Sbuffai e scesi.

Mia madre intanto era andata in cucina.

Era James.

Rimasi sulla soglia della porta e lo rimasi a fissarlo.

"Abby, dobbiamo parlare." Disse.

"Ah sì? Io non ho nulla da dirti."

"Per favore ascoltami."

"Evapora."

Gli chiusi la porta in faccia e ritornai in camera.

"Allora? Chi era?" Chiese mia madre.

"Nulla, solo uno stupido scarafaggio." Risposi.

"Ma..."

"Mamma, per favore!"

"Okay, okay, non m'impiccerò più nelle tue faccende."

Suonò il cellulare.

Avevo appena ricevuto un messaggio.

Era da un numero sconosciuto.

"Non è come credi, Abby, sul serio.

Per ritornare qui in America, mia madre mi ha imposto di portare anche Danielle.

Mi dispiace se non mi sono più fatto sentire, sono un coglione lo so, perdonami.

James."

Non risposi.

Ore 23.50 : "Scusami."

Ore 00.30 : "Mi sei mancata."

Ore 00.45 : "Vorrei averti qui accanto a me."

Ore 00.55 : "Ti scriverò finché non risponderai."

Ore 01.10 : "Buonanotte. x"

Ore 01.20 : "Non riesco ad addormentarmi, continuo a pensarti.

Scusami."

Ore 01.30 : "Cazzo, perché deve sempre andare così?"

Ore 01.40 : "Per favore, insultami, urlami contro ma non restare in silenzio."

Continuò a mandarmi messaggi fino a mattina ed io a leggerli senza mai rispondere.

Dovevo porre fine a quella situazione, una volta per tutte o sarei finita col cascarci nuovamente.

Misi la collana che mi aveva regalato nella scatola e il giorno dopo, a scuola, glielo riconsegnai.

Mi sforzai di sorridere. "Forse è meglio se questa la tieni tu." Dissi.

Non rispose, ma rimase a fissare la scatola, così gliela misi sopra i libri.

Me ne andai velocemente, perché sapevo che se fossi rimasta un altro po non avrei più avuto la forza di voltarmi.

Faceva male in quel momento, ma

pensavo che col tempo sarebbe passato.

Tempeste e UraganiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora