Capitolo 12

3K 159 7
                                    

"Caro James,

Appena la distanza ti ha portato via da me, il cielo ha iniziato a piangere, così forte che sembrava non voler finire più.

Te ne sei andato così come sei entrato a far parte della mia vita, inaspettatamente, senza nessun preavviso.

Ti sei preso tutto e sei scomparso.

Il cielo non vuole smettere di piangere, ritorna presto.

Abby."

Piegai il foglio e lo misi in una busta.

Aggiunsi anche quella, alla pila di lettere che avevo scritto e mai inviato.

Man mano che il tempo passava, quella pila s'innalzava sempre di più, mi chiedevo spesso se sarebbe mai crollato.

Era passato una settimana dalla partenza di James, e il vuoto che aveva lasciato non voleva riempirsi.

Marianne veniva spesso per farmi compagnia, e le ero molto grata per questo, ma no, proprio non riuscivo ad essere felice.

Nella mia mente, le parole che James mi sussurrò quella notte, sembravano più vive che mai.

"Abby, ti amo e ti amerò anche quando ci sarà un oceano tra di noi."

Era l'ultimo giorno di vacanza.

Ero al centro commerciale con mia madre e mio fratello Jacob per fare compere per l'anno nuovo.

Mi stavo annoiando da morire perché odiavo fare shopping.

Non riuscivo a distinguere un vestito di marca da uno normale e forse era anche per questo che avevo poche amiche.

Così uscii di nascosto e gironzolai per le strade li vicino.

Guardai per un po le vetrine delle pasticcerie li accanto e continuai a camminare finché non mi fermai di colpo alla vista di ragazzo molto simile a George, in un vicolo di fronte con delle persone che avevano proprio l'aria di essere dei spacciatori.

Decisi di non chiamarlo, così rimasi nel dubbio.

Rimasi lì a fissarlo per qualche minuto, finché non mi voltai per ritornare al centro commerciale.

Mente camminavo, continuavo a pensare a quello che avevo appena visto.

Più cercavo di riflettere, più la cosa mi turbava.

Non dissi a nessuno di tutto ciò, il che mi pesava ancor di più, però mi ero ripromessa che sarei andata a parlarne a George.

Il ritorno a scuola fu pieno di controlli e verifiche così rimandai più volte la promessa che mi ero fatta finché, dopo due settimane, non decisi di porre fine a quella storia.

Andai decisa verso di lui, e lo trascinai in un angolo del cortine nel quale nessuno andava mai.

"Hey, che hai?" Disse, ridendo.

Lo guardai per un istante e quasi non lo riconobbi.

Quegli occhi verdi non si vedevano nemmeno più da quanto erano dilatate le pupille.

Non mi serviva nemmeno più una risposta ormai, ma chiesi ugualmente. "George, ti droghi?"

Rise.

Forse la mia domanda era stata un po troppo diretta.

"Ti ho visto, l'ultimo giorno delle vacanze, in quel vicolo con quei tizi."

Ritornò subito serio.

"Ti prego, dimmelo."

"Fatti i cazzi tuoi." Rispose e se ne andò.

Rimasi pietrificata da quella risposta, tanto che mi ci vollero dei minuti prima che mi riprendessi.

"Fermati!" Gli urlai dietro.

Continuava a camminare.

Gli afferrai la mano e lo costrinsi a voltarsi.

Era pure più alto di me, ma a livello di forza fisica, avrei probabilmente vinto io.

"George, dimmelo." Ripetei.

"Anche se la risposta fosse sì, cosa faresti? Andresti dal preside a dirgli che mi drogo? Sei un illusa, perché anche se lo sapesse non mi potrebbe far nulla." Rispose.

"No, se la risposta fosse sì, cercherei in tutti i modi di aiutarti."

"Non potresti."

"E cosa te lo fa pensare?"

"Perché una volta che sei dentro, non ne esci più Abby!"

Non dissi nulla.

Lasciai la presa e lui se ne andò.

Io ero solo brava a scuola, perché quando si trattava di risolvere i problemi che si possono incontrare nel corso della vita, ero una schiappa.

Tuttavia non mi diedi per vinta, ora sapevo cosa stava succedendo e volevo fare di tutto per aiutarlo.

Così quel pomeriggio stesso andai da alcuni centri giovanili per informazioni e consigli.

Mi diedero molti depliant.

Non sapevo da dove cominciare, ero andata in palla.

George, il ragazzo sorridente che mi aveva investito con la bici, caduto nel giro della droga.

Mi distesi sul letto e chiusi gli occhi.

Sospirai.

Scrivere, quello che mi ci voleva era scrivere.

Presi un foglio e la penna che mi aveva regalato zia Martha.

"Caro James,

Si sente la tua mancanza.

Come te la stai passando a Londra? Ti trovi bene nella nuova scuola?

Vorrei tanto avere il tuo indirizzo per poterti spedire tutte le lettere che ti sto scrivendo.

Io sto bene, o per lo meno, cerco di stare bene.

La verità è che non faccio altro che incasinare la mia vita.

Perché dev'essere tutto così difficile?

Non faccio altro che pormi delle domande senza mai trovare risposte.

Vorrei che tu fossi qui con me,

Abby."

Tempeste e UraganiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora