Capitolo 14

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Marzo arrivò portandosi dietro periodi di pioggia improvvisi.

Un momento era soleggiato e un momento dopo diluviava.

Quei cambiamenti climatici sembravano i miei sbalzi d'umore.

Un momento ridevo e l'altro scoppiavo a piangere.

"È un coglione." Affermò George, appena gli raccontai di James.

Ciò che disse mi ricordò molto quella di Marianne.

"Non è colpa sua, dopotutto, lui non mi appartiene."

Mi faceva male dirlo, ma era vero, e solo allora compresi quanto la verità facesse male.

"Sai Abby," disse, voltandosi verso di me "quando ti ho detto che mi piacevi, non stavo scherzando."

"Lo so." Risposi, e ritornai a fissare il ciuffo d'erba davanti a me.

"Ma non ricambi, perché ti piace un'altra persona." Aggiunse lui per me.

"Non mi piace nessuno." Ribattei arrabbiata.

"Fai schifo a mentire, Abby." Disse ridendo.

Quella frase...

Scossi la testa e strappai il ciuffo d'erba.

Era ancora bagnata dalla pioggia che c'era stata quella mattina.

"Forse." Ammisi alla fine.

Nessuno dei due disse più niente per un po.

"Grazie." Mormorò.

"Perché di punto in bianco mi ringrazi?"

"Per il tuo aiuto, per il fatto che non ti vuoi arrendere nonostante sia un caso perso, per starmi vicino."

Sorrisi.

"Di nulla." Risposi.

Mi fissò per un istante e mi abbracciò.

"Voglio che tu sappia che non mi arrenderò." Bisbigliò.

Era una piovosa notte di metà marzo, quando, verso mezzanotte, suonò il citofono.

Ero rannicchiata sul divano assieme a mia madre.

Stavamo guardando un tristissimo film drammatico.

Tutti i popcorn mi caddero sul pavimento.

Mi voltai e vidi che mia madre si era già addormentata, provai a svegliarla ma non c'era nulla da fare.

Il citofono suonò di nuovo.

Mi alzai e andai a vedere chi era.

Davanti a me si presentava un James bagnato fradicio.

Rimasi li a fissarlo, pensando che fosse un altro dei miei sogni.

Allungai una mano verso di lui e gli accarezzai una guancia.

Non era giusto, sembrava tutto così reale.

Mi prese la mano e la strinse forte.

Mi tirò verso di lui e mi abbracciò.

Scoppiai a piangere in quell'esatto momento.

Non era giusto però.

Perché quel sogno doveva essere così dannatamente reale? Pensai.

Continuava a piovere, ma noi rimanemmo lì.

"È un sogno?" Chiesi silenziosamente.

Mi guardò per un po e sorrise. "Non sorridere." Mi lamentai.

Tempeste e UraganiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora