90 LAURA

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Laura annuisce alla mia richiesta, poggiando a sua volta il cucchiaino nella ciotola, finendo poi con l'asciugarsi la lacrima con la mano.

«Hai ragione», dice soltanto, riprendendo il cucchiaino, giocando con il gelato.
«Non mi sono mai sentita importante, per i miei genitori... ero convinta di non poter dare a nessuno quello che loro non avevano dato a me...», la sua voce è bassa, e un brivido inatteso porta il gelo nella stanza, ed io voglio credere che sia colpa del gelato.
«Vivevo come potevo, facevo quello che potevo, e spesso mi bastava essere considerata la più carina della famiglia, anche se sapevo quanto fosse stupido, perché la più bella, agli occhi dei miei genitori, sarebbe sempre stata Grace... ma io le volevo bene comunque, perché lei ne voleva a me», le parole di Laura mi ricordano quelle della zia, quel giorno in ospedale, ed una morsa mi attanaglia il cuore.

«Non so cosa piacesse di me a tuo padre... non so perché dicesse di amarmi, ma stavo bene con lui, ed io lo amavo davvero. Come vanno le cose con lui?», alza lo sguardo verso di me, mostrandomi che forse, in fondo, ancora ci tiene a lui.
«Spero che presto vadano meglio, non sono stata una brava figlia...», ammetto, portandomi un cucchiaino di gelato in bocca, lasciandolo sciogliere sulla mia lingua, cercando la forza di non rattristarmi per tutti gli sbagli che anche io ho fatto.
«Non ha senso dire ora che mi dispiace, ma... spero di riuscire a migliorare le cose... tra di noi», mi fa sapere Laura, continuando a rimestare il gelato con il suo cucchiaino.
«Quando scoprii di essere incinta... ero sicura che tuo padre mi avrebbe lasciata, che non gli sarei più piaciuta, ero sicura che non volesse una famiglia con me, ed ero sicura di non essere in grado di volerti bene. Avevo tante stupide certezze, e fra quelle c'era anche la convinzione di non poter essere una brava madre. Non avevo avuto nessun esempio, e non volevo essere come mia madre... ho... preferito rinunciare... lo dissi subito ad Andrew, e iniziammo a litigare, lui ti voleva, e voleva anche me, ma non mi ascoltava più, non mi capiva più, lui voleva solo te, ed io mi sentivo già messa da parte. Tuo padre mi stava lasciando non perché fossi incinta, ma perché io non volevo esserlo, e non importava in quel momento il perché, importava solo che lui stesse iniziando a non volermi più come prima...», la sua voce prende a tremare ancor più di prima, e le lacrime non tardano a scendere lungo le sue guance rosee.

«Quando sei nata eri un cosino minuscolo, ed eri adorabile, eppure non potevo vederti, non riuscivo a tenerti in braccio, avevo paura di farti del male, avevo paura di affezionarmi per poi doverti lasciare. Le cose con tuo padre non andavano più già da un po', non so... forse avremmo potuto sistemarle, ma... io avevo bisogno di altro, avevo bisogno che qualcuno mi cambiasse il passato, mi dicesse che avrei potuto affrontare questa sfida e uscirne da vincitrice, ed invece non ci fu nessuno, perché io non volevo nessuno...», si porta le mani alla testa e poggia i gomiti sul tavolo.

«È semplice allontanare le persone, è semplice essere cattivi, è semplice non riuscire a vedere oltre. Ed io non ci riuscivo», Laura non mi guarda più, e le sue parole sono sempre più sincere, più profonde, più taglienti.
Il mio cuore ha iniziato a battere troppo forte già da un po', lo sento nelle tempie e l'ossigeno non basta più.
Ho già sentito queste parole, le ho già sentite da Grace, ma vederle uscire dalle labbra di Laura è completamente diverso.
«Se ci ripenso ora so che avrei potuto scegliere di restare con tuo padre, anche se mi sentivo inadatta ad essere madre... mi sarei evitata di rimanere senza figlia e senza amore, ma in quel momento... mi sentivo così tradita da Andrew... mi sentivo così incompresa da tutti, che fu quasi per ripicca, una ripicca contro me stessa, più che contro la vita, ma non volevo più nessuno. Con il tempo poi... o forse semplicemente con la solitudine che iniziava ad abitarmi il cuore, ho capito che mi mancavi, che avevo fatto lo sbaglio più grande della mia vita, che avevo perso una persona che mi amava a tal punto da volersi prendere per sempre la responsabilità di un'altra vita... ma anche quella volta non reagii come avrei dovuto. Invece di tentare di ricostruire un rapporto con Andrew, invece di... cercarvi, ho iniziato a perdere me stessa nell'alcool, volevo dimenticarmi degli sbagli, delle inutilità, della miseria nella quale mi ero buttata, e il passo dall'usare l'alcool per piacere al passo di doverlo usare perché era ormai una dipendenza, fu breve...», per la prima volta Laura rialza lo sguardo verso di me, gli occhi ormai arrossati e gonfi per il pianto, le labbra piegate in una smorfia di dolore, ed è solo un secondo, prima che fugga di nuovo, ma un secondo sufficiente, affinché il mio cuore perda un battito.

«Non riuscivo ad uscirne, Grace cercava di aiutarmi, ma era inutile, avevo finito con l'affezionarmi a quel torpore che mi dava, a quello sbandamento nel quale qualunque cosa sembrava possibile, ero sempre su di giri, e il dolore sembrava messo da parte. Quella volta che Grace ti portò da me, la prima volta, era un suo tentativo di ricordarmi cosa mi stavo perdendo, ma vederti... riportava a galla il dolore che cercavo di nascondere con l'alcool, rivederti vanificava tutti i miei sforzi degli ultimi anni di perdermi e morire, rivederti mi ricordava quanto debole fossi, e ti odiai ancora di più. Furono anni difficili, i successivi, l'alcool non mi bastava più, nulla mi bastava più. Grace e Richard mi fecero ricoverare, per mesi stetti in una clinica di recupero, e anche se il dolore non svaniva, almeno la mia dipendenza dall'alcool migliorava. Ero arrivata ad un punto in cui non sapevo più neanche io cos'è che mi mancasse.
Mi mancava Andrew? Mi mancavi tu? Mi mancava l'alcool? Mi mancavano i miei genitori? Mi mancava tutto? O ero io a farmi mancare qualsiasi cosa, pur di non ammettere che ero io a non aver voglia di prendere nulla? Sono sempre stata così debole... debole dentro, incapace di impormi contro la vita, incapace di capire dove fosse la felicità, da che parte guardare», le mie mani iniziano a tremare, perché mi sento fin troppo simile a lei, mi sento lei.
Laura porta di nuovo lo sguardo su di me, guarda me, e non distoglie gli occhi, non questa volta.

«La vita mi aveva dato l'opportunità di essere felice, ed io l'avevo rifiutata, pretendendo altro, pretendendo quello che io volevo, e non quello che potevo avere senza nessuno sforzo. Volevo senza sapere cos'era ciò di cui avevo bisogno... quando ti ho rivisto, quattro anni fa, stavo meglio, l'alcool era ormai un periodo passato, avevo trovato un lavoro, Grace mi aiutava con le spese, aveva adattato il seminterrato ed io avevo finalmente una vita. Credevo di aver trovato un equilibrio, non la felicità, ma un equilibrio. Ma tu sei sempre stata capace di farmi mettere tutto in discussione, tu sei sempre stata capace di destabilizzarmi, di farmi perdere la testa. Eri cresciuta, eri diventata bellissima... sei bellissima», Laura mi sorride, per la prima volta, le sue labbra si allargano, ed i suoi denti bianchi mi salutano.
«Ed io non c'entravo nulla con te. Non era merito mio se eri così, e per me era ormai troppo tardi per qualunque cosa, la mia casa era un seminterrato, facevo la cassiera in un supermercato, non avevo più un padre da darti. Era solo troppo tardi, e allora tanto valeva continuare con la mia parte. Ma quando te ne andasti... l'alcool sembrò essere di nuovo il mio unico amico. Ho avuto delle storie in tutti questi anni... nulla di serio, perché nessuno è tuo padre, e nessuno riusciva a darmi il calore che trovavo nell'alcool. Ho ripreso a bere, fino ad ammalarmi, di nuovo. Dopo due anni le cose sembravano poter tornare calme, e poi questa estate... non so cosa mi fosse preso, volevo vederti, trovare un pretesto per parlarti, per farti vedere quanto male stessi, volevo coinvolgerti nel mio schifo di vita, egoisticamente, e non perché volessi il tuo bene, Grace mi aveva detto di te, che... non eri felice, e io mi sentivo in colpa ma allo stesso tempo volevo capissi che io ero messa peggio di te, che io ero davvero quella malata, e magari tu saresti diventata come me.

Quando mi sono risvegliata in ospedale, quella mattina... ho capito che se fossi morta avrei lasciato troppe cose inconcluse. Volevo finire quello che avevo iniziato con te, volevo fare qualcosa, una cosa, almeno una, nella mia vita. Non ho mai sperato nel tuo perdono, perché so di non meritarlo, ma ho sognato fin troppo di poterti parlare, ho sognato di avere la forza per farlo, e ho voluto finalmente farlo, quando la forza mi è stata data dalla vita, in un modo che non mi sarei mai aspettata, attraverso canali che non avrei mai potuto prevedere. Ho capito quanto male stessi per colpa mia, ho capito quanto male ti avessi fatto senza fare nulla, e facendo la scelta sbagliata, quando mi era dato di scegliere. E poi Grace mi ha detto che anche tu volervi parlarmi, io... voglio dirti solo che non sono mai stata in grado di vedermi come madre, ma che la vita mi ha insegnato a prendermi quello che ci viene dato, e se ora tu sei qui... voglio farti sapere che ci sono anche io, in qualunque modo tu vorrai».

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Questo capitolo è incentrato soltanto sul passato di Laura, sulla sua versione dei fatti, e spero di non avervi annoiati troppo. Vi aspettavate questa confessione? Credete che Laura sia sincera?🤔😏

Commentate e stellinate, stellinate e commentate👄👄👄‼⭐⭐⭐ e fatemi sapere cosa ne pensate.

Buona domenica a tutti dreamers! E tanti baci per voi😘😘😘😘😘😘😘😘😘😘😘😘😘

A presto! Con un nuovo capitolo, torneranno altri personaggi e verranno riaffrontate anche altre questioni in sospeso, in particolar modo una...😏❤

JUNIPER - [Wattys2020]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora