93 ANABELLE È UNA PAZZA

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Dopo essere tornata da casa di Laura ho passato tutto il pomeriggio in giro per negozi con Fleur, ignorando forzatamente le chiamate ed i messaggi di Alex.
Ma Fleur, spazientita dalle notifiche, non ha fatto altro che consigliarmi di parlare con lui, di farlo per me, per non dovermene andare senza aver cercato di chiarire le cose.
E non so come, ma alla fine ho deciso di ascoltarla, anche perché non si trattava solo di lei, ma anche di Grace e di Laura, tutte mi avevano spronato a dare una possibilità ad Alex, ed in fondo, lo volevo anche io.
Lo voglio anche io.
Ma vorrei non doverlo desiderare, perché nel farlo mi sento di nuovo debole, debole come vorrei non essere più invece.
Ma il desiderio di lui è più forte delle mie debolezze, ed io non ho la forza di combatterlo, e tutto questo mi fa paura, una paura tremenda.
In ogni caso, questo non cambierà la mia decisione di partire, qualsiasi sia la spiegazione che Alex avrà da darmi, io sabato prossimo tornerò a casa, a stringere Michael, a dirgli quanto bene gli voglio, e a ringraziare Joanne per avermi trattata come una figlia, nonostante tutto. Magari non sarò in grado di ringraziarla con le parole, ma spero almeno di essere più disponibile con lei.
E ovviamente voglio, almeno per una volta, rendere orgoglioso mio padre, dicendogli che ho deciso di iniziare con il college, e diventare allenatrice sportiva, vista la mia passione per lo sport.
Voglio una vita, una vita tutta per me, con i miei sogni, i miei obiettivi e le mie passioni.
Mentre aspetto che Alex arrivi, dopo avergli dato appuntamento a casa mia, mi siedo sul mio letto, e ripenso al mese trascorso, a tutto il casino che questa estate ha portato con sé, e con questa pace che ora ho nel cuore, stupidamente, mi considero felice di aver vissuto tutto questo.
Mi sento cambiata, mi sento migliore, ma non perché ora sia perfetta e superiore a tutti, semplicemente perché ora sono più felice di quanto non lo sia mai stata prima.
Ho raggiunto un piccolo spicchio di felicità, e questo mi rende dannatamente orgogliosa di me stessa.
Abbassa la cresta amica...
Dovresti gioire anche tu qualche volta...

Il suono del campanello mi riporta alla realtà, mi alzo dal letto e vado ad aprire ad Alex.
«Ciao», sono la prima a parlare, mentre faccio scattare la serratura del cancello.
Alex resta in silenzio, mi osserva, gli occhi azzurri come sempre, ma scuri più che mai. La mascella contratta e le spalle rigide.
So di essermi comportata male, ma anche lui non si è comportato bene, qualsiasi sia la verità.
O almeno è questo quello che voglio credere, pur di non sentirmi in colpa per qualcosa di cui in fondo io non sono responsabile.
«Ti va di entrare?», gli domando, calma.
Alex annuisce e mi segue dentro.
Lo porto in salotto, mi siedo sul divano, mentre lui resta in piedi, di fronte a me.

«Te ne vai, non è così?», la sua voce taglia l'aria come un coltello nel burro, rigida e fredda, contro qualcosa di troppo debole per poter resistere.
«Sì», mormoro, non riuscendo a guardarlo negli occhi.
Ma è quello che ho deciso, qualsiasi sarà la sua spiegazione, io ho bisogno di tornare a casa.
«Allora cos'altro vuoi?», e dopo qualche istante di silenzio la sua voce torna a far vibrare il mio cuore.
«Ti va di sederti?», gli indico la poltrona, di fronte a me, nel disperato tentativo di scacciare il disagio che sento dentro.
«Non mi va di sedermi, o l'avrei già fatto», risponde secco lui, «dimmi cosa vuoi e poi lasciami odiarti in pace», le sue parole mi uccidono, e non dovrebbero.
In fondo che importa?
Ha ragione, io me ne andrò.
Forse ho sbagliato a farlo venire.

«Chi è Anabelle?», chiedo invece, cercando ferocemente un punto da cui partire.
«È la mia vicina di casa, la conosco da anni, te l'ho già detto...», spiega, controvoglia, lentamente, trascinando le lettere.
«E tu scopi con tutte le vicine di casa?», lo accuso, alzando lo sguardo verso di lui.
«Cosa te ne importa? Hai deciso di partire senza dirmi nulla, credo che la mia opinione per te non valga poi molto», e ora alza il tono della voce, mentre le parole iniziano a farsi veloci, a fendere l'aria in pochi secondi, rendendosi persino difficili da capire.
«Alex...», lo prego, cercando ancora i suoi occhi, senza trovarli, «Anabelle mi ha detto di essere la tua ragazza, mi ha detto che fate sesso da quattro anni, mi ha detto che tu vuoi solo lei», ed ora sono io a parlare veloce, ad alzare la voce.
Ora sono io che non ho più voglia di aspettare.
Alex mi osserva, sconvolto, le pupille dilatate e il petto immobile, non più alzato dal respiro.
«Cosa?», la domanda esce dalle sue labbra senza muovere nessun muscolo del viso.
«Cosa stai dicendo?», continua, avvicinandosi a me, cercando lui i miei occhi, per la prima volta da quando ha messo piede in questa stanza.
«Quello che hai sentito. Anabelle ha detto di essere la tua ragazza», ripeto, sicura di me.
«Anabelle è una pazza!», afferma lui, sovrastando le mie parole con la sua voce.
«Non è così?», potrebbe mai ammetterlo?
«NO! No che non è così!», si porta le mani alla testa, mentre si sposta, dandomi le spalle, calciando l'aria.
«Io... non siamo mai stati insieme! Non sono mai stato fidanzato con nessuna!», alza la voce e si riavvicina a me, si inginocchia davanti a me, «se è questo il motivo, io... è tutta una bugia, non stiamo insieme», continua a ripetere, abbassando la voce, cercando le mie mani, ma non voglio che mi tocchi.
«Hai detto di essere andato a letto con lei», gli ricordo, tirandomi indietro sul divano, allontanandomi da lui.
E di nuovo si porta le mani ai capelli, chiude gli occhi, prima di rispondermi, restando inginocchiato di fronte a me.

«È sempre stata la mia vicina di casa... quando... ho iniziato ad avere bisogno di qualcuno... lei era lì. Non lasciavo quasi mai Sophia da sola, te l'ho detto, e mai quando era piccola... quattro anni fa però... ho iniziato a guardarla in modo diverso, la vedevo come la persona perfetta per me, vicina e in grado di ascoltarmi, di fare ciò che volevo. Sono stato sincero con lei, fin da subito, e come sono stato sincero, sono stato anche altrettanto stupido. Sapevo che si stava affezionando, ma non volevo vederlo, non volevo ammetterlo, perché avrebbe significato perderla e dover ammettere la sconfitta... io...», chiude di nuovo gli occhi, abbassa il capo, «sono così stupido! Ho cercato di allontanarmi da lei, di trovare altre ragazze, ma non è così semplice, e lei ha iniziato ad essere gelosa, ho sempre minimizzato la cosa perché non volevo vedere, ma... non credevo potesse inventarsi qualcosa del genere», ed ora i suoi occhi sono di nuovo nei miei, limpidi, lucidi, ma terribilmente sinceri.
«Non ti avrei mai mentito su di una cosa del genere, Juniper...», continua, cercando di nuovo le mie mani, e questa volta riuscendo ad intrappolarle tra le sue dita.
«Io voglio te, come non ho mai voluto nessun altra, voglio te e voglio rendere migliore me, pur di poterti avere», la sua voce non smette di essere la rottura del mio equilibrio, la goccia che fa traboccare il vaso, il rumore che rompe il vetro, l'uragano che distrugge tutto, il sole che asciuga la tempesta.
«E non voglio che tu te ne vada», i suoi occhi mi chiamano, pronunciano il mio nome, e il nome delle mie debolezze, mi conoscono e mi invitano in un modo così sfacciato che è davvero difficile resistere.
«Io non riesco a fidarmi...», ammetto, con voce tremante, incapace di lasciarmi di nuovo andare, dopo averlo fatto troppe volte, senza mai trovare qualcuno, dall'altra parte, disposto a prendermi, risparmiandomi la caduta.
«Avevamo deciso di provarci, fino alla fine...», mi ricorda, in un sussurro, «ed io non voglio credere che sia questa la fine», continua, senza smettere di legarmi gli occhi ai suoi, e l'anima alla speranza.
«Restano due giorni... lasciami provare a convincerti, io... non posso credere che non potrò più vederti, non potrò più toccarti... non potrò più perdermi, aver paura di non farcela, aver paura di farti del male, o di non riuscire a darti il bene che vorrei... adoro le paure che mi fai provare tu», ed io adoro il cuore che mi metti tu nel petto...
«Non dovresti avere paura di nulla», dico invece, ignorando l'emozione che sto sentendo ora.
«Ho soltanto paura di non essere abbastanza», ribatte Alex, stringendo ancora più forte le mie dita, baciandomi le pupille con le sue ancora più intensamente.
«Forse siamo semplicemente sbagliati», devo trovare una scusa, una qualsiasi scusa per fuggire da questa nuova instabilità che mi chiama a sé.
«No, siamo perfetti così, ognuno con le sue insicurezze, ma dobbiamo imparare a volerci bene. Io non posso far finta di non sentire il cuore morire mentre non ci sei, non posso far finta che tutto quello che mi hai dato non sia importante, non posso far finta di niente, se nella mia testa ti sei presa tutto lo spazio a disposizione. Ma forse... per te non è lo stesso», l'ultima affermazione gli piega la faccia in una smorfia di triste consapevolezza, di fronte alla quale mi è difficile mantenere la lucidità, quando non vorrei altro che sentire le sue labbra rosse sulle mie, e cancellare tutto il suo turbamento.
«Io... ti voglio bene... ma non voglio più stare male», e nonostante la mia confusione, credo di non poter essere più sincera di così.
«Non vuoi più neanche provarci?», la piccola speranza che da colore alla sua voce mi fa morire il cuore.
«Servirebbe davvero a qualcosa?», non voglio illudere nessuno, neanche me stessa.
«Non possiamo saperlo, e proprio per questo dovremmo provarci», e la sua voce è così calda...
Lo è sempre stata...
I suoi occhi così profondi, oceani nei quali non ho mai saputo nuotare, oceani nei quali è difficile persino tenersi a galla.
Vedo un tremolio impercettibile, nella sua pupilla che si dilata, un desiderio che chiama il mio, un'attrazione di fronte alla quale non ho mai saputo resistere.
«Dovesse essere questa l'ultima volta...», chiudo gli occhi, ormai senza fiato, di fronte ai suoi, «voglio che lo sia con un bacio...», affermo, in un sospiro quasi inudibile.
E forse so di aver appena firmato la mia condanna.
Un bacio non può mai essere un addio.
Il bacio è inizio.
Il bacio è introduzione di qualcosa di più grande, di più bello.
Usare un bacio per dirsi addio è come usare la benzina per spegnere il fuoco.
E forse ha ragione Alex, questo fuoco non voglio spegnerlo.
Ma questo fuoco finirà per uccidermi, ed io non voglio più morire.

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E questo è l'ultimo capitolo della settimana! Sono riuscita a recuperare l'assenza💪

Cosa ve ne pare? Juniper fa bene a credere alle parole di Alex? Cosa potrebbe accadere nei due prossimi giorni, prima della sua partenza? Partirà davvero?

Commentate e stellinate, stellinate e commentate👄👄👄⭐⭐⭐

A presto dreamers! E nell'attesa scartatevi i miei milioni di baci, come dolci cioccolatini😘😘😘😘😘😘😘😘😘😘😘

JUNIPER - [Wattys2020]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora