5 - seguimi

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Castello di Hogwarts
Sala grande
16 ottobre 1996, ore 1,30 P.M.

- "Hermione mi scriveresti due righe per il tema di difesa contro le arti oscure?"

Succede da anni,.
La stessa scena che si ripete all'infinito.
Sempre uguale, sempre prevedibile.
Alzo gli occhi al cielo.
Mi lascio scappare uno sbuffo esasperato.

- " Ti prego Herm! Non so da dove partire e Piton mi ha già riempito di T in sole due settimane."

Ronald Weasley è un vero disastro.
Un gran cuore, sicuramente.
Ma affogato da un'apatia cronica e da una totale mancanza di responsabilità.
Ci sono abituata.
Ho perfino smesso di cercare di fargli capire l'importanza delle cose.
Più che altro mi sono rassegnata.
Scribacchio frettolosamente le poche nozioni che sembravano soddisfare la sua scarsa ambizione scolastica, e gliele passo tra una lezione e l'altra.
Da qualche tempo però, è cambiato tutto.
Mi vedo così diversa da loro.
Sono i miei migliori amici.
Ma non riesco più a sentirmi parte di tutto questo.
Mi sembra di dover cercare di più.
Sempre di più.
Come se qualcosa di recondito e oscuro mi spingesse verso la conoscenza.
Alla ricerca di qualcosa a cui non so dare un nome.
Più leggo, più sento la necessità di leggere.
Più imparo, più sento la necessità di imparare.

Improvvisamente mi sento trascinare per un braccio.

- "Forza Hermione! Muoviti! C'è una partita di Quidditch che comincia!"

Harry mi supera velocemente.
Ha il volto dipinto dall'impazienza.
Continua a seguire ogni partita, ad annotare ogni punteggio, malgrado tutto.
Forse è il suo nascondiglio.
La sua ancora di salvezza.
E io lo lascio fare.
Perché pagherei per avere un rifugio sicuro.
Un qualcosa che mi permettesse di scappare dai pensieri.

Di qui a poco un acceso scontro tra Corvonero e Tassorosso incendierà gli animi di molti tifosi al limitare del prato.
E a me non importa niente del Quidditch.
Infondo non mi è mai importato.
Ho finto, come sempre.
E adesso ho cose più importanti da fare.
Sicuramente non perderò tempo a fingermi entusiasta davanti ad un branco di undici ragazzini che si rincorrono su una scopa.
Devo trovare Piton, convincerlo a dirmi cosa cercare, come imparare.
Fargli capire quanto sia necessario.
Anche se sono settimane che ci provo.
Senza ottenere nulla.
A parte qualche battuta tagliente e un'infinità di sguardi gelati.
Lo seguo, lo aspetto nei corridoi.
E lui si spazientisce, mi sibila in faccia la sua cattiveria.
Spesso si infuria.
Ogni tanto mi fa addirittura paura.
Ma non voglio arrendermi.
In realtà non posso arrendermi.
Perché è qualcosa di più forte di me.
Anche se non sarà semplice, anche se mi spurerà addosso tutto il suo sarcasmo maligno, il suo sopracciglio inarcato.
Io devo provarci.
Ormai è diventata un'ossessione.
Così come lo è diventato lui.
Il pipistrello dei sotterranei.
Sì.
Quello odiato da tutti.
Quello evitato dal mondo intero.
Ed è inutile negarlo a me stessa.
Sono un'imbecille.
Quell'uomo mi intriga.
E più si nega.
Più mi maltratta.
Più io gli do la caccia.

Improvvisamente mi ricordo della presenza di Harry.
Mi guarda con aria interrogativa da dietro agli occhiali.

- "Non vengo ragazzi, vado in biblioteca. So che a voi interessa poco ma l'anno prossimo ci saranno i M.A.G.O. ed io voglio superarli al meglio!"

Eccola.
La mia solita maschera.
La studentessa modello che riemerge impeccabile, con la sua divisa perfettamente stirata.
La verità è che non mi importa nulla dei M.A.G.O.
A me interessa il sapere.
Senza senza secondi fini, senza scopi ultimi.
Il sapere.
Solo quello.
Alla ricerca spasmodica di qualcosa che so di dover trovare.
Anche se non so il perché.

- "Fai cosa vuoi Hermione... ma stai rischiando di diventare noiosa!"

Harry sbuffa spazientito, inforca le scale che conducono al prato e sparisce al di là di una parete di pietre crepate.
Sì, sono noiosa.
Lo so.
E non mi importa.

Mi sistemo i capelli dietro alle orecchie, pronta per affrontare la strada che mi porterà verso i miei adorati scaffali polverosi, stracolmi di libri.
Ad un tratto sento una mano afferrarmi la spalla.
Sospiro esasperata.
Ancora una volta

- "Vattene Ron, ho già detto di no ad Har..."

Mi giro di scatto.
Pronta a sopportare una nuova, interminabile ramanzina sulla spensieratezza, da parte del mio migliore amico.
Le parole mi muoiono in gola.
L'elegante figura nera di Severus Piton invade il mio campo visivo.
La sua voce tagliente mi lambisce le guance.
Ed io le sento bruciare.

- "Seguimi..."

Non dice nient'altro.
Si volta.
Lascia il suo mantello nero a schiaffeggiare il pavimento di pietra gelata.
Io deglutisco a fatica.
Sento un accenno di dolore scendermi lungo la gola.
Resto immobile per un istante. Con le mani sudate e gli occhi invasi dall'incredulità.
Osservò quasi impotente la sua figura nera allontanarsi verso la strada per i sotterranei.
E, assurdamente, non so cosa fare.
Ho desiderato questo momento per settimane, ed adesso mi ritrovo a guardare paralizzata il suo passo elegante.
Quello che lo sta portando lontano da me.
Ancora una volta.
Osservo il suo corpo avvolto dall'oscurità a cui ha rubato il colore. I suoi modi bruschi. Le sue poche parole.
Tutto di lui mi rende nervosa ed eccitata allo stesso tempo.
È come se, di colpo, temessi di arrivare fino in fondo.
Di scoprire che non sono all'altezza dell'opportunità che mi viene rivolta.
Così inaspettatamente.
Così insensatamente.

Lui raggiunge le scale che conducono ai sotterrai.
Non indugia sui suoi passi nemmeno per un istante.
Si volta.
Mi guarda.
I suoi occhi neri mi colpiscono come farebbe un pugno assestato nello stomaco.
Un pugno che mi riscuote.
Inspiro profondamente.
Lascio all'aria che tradisce l'odore di cherosene delle fiaccole, l'ingrato compito di infondermi una sicurezza tutto ad un tratto scomparsa.
Stringo i pugni.
Chiudo gli occhi.
E faccio un passo.
Piccolo ed incerto, ma pur sempre un passo.
Al primo ne segue un secondo, poi un terzo.
Piton sempre immobile, avvolto dalla sua aura nera.
E io sempre più vicina.
Fino a raggiungerlo.
Sollevo lo sguardo.
Trovo la forza di puntarlo nel suo.

- "Andiamo Professore?"

Spero di aver regalato alla mi voce un briciolo di spavalderia.
Lui non dice una parola.
Resta fermo, con un espressione indecifrabile a solcargli il volto.
Poi fa un impercettibile cenno di assenso.
Si avventura nell'aria che comincia ad essere pervasa dal freddo e dall'odore di muffa.
Sempre zitto, sempre misterioso.

Rimaniamo in silenzio.
Lui davanti.
Io dietro.
Ad osservare la sua andatura elegante fendere una luce che diventa man mano più fioca.
Raggiungiamo la porta del suo studio, nascosto nell'anfratto più recondito dei sotterranei.
Qui, dove l'aria è diversa.
Dove sembra bagnata, pesante e spessa come il velluto.
Lo vedo appoggiare la mano sul pomello di ottone, spalancare con un rumore secco l'ultima barriera prima del suo mondo segreto.
Entra con passo sicuro.
Con un gesto frettoloso mi indica la scrivania.
Io supero la soglia.
Il mio timore è quasi palpabile.
Mi avventuro in una stanza cupa, con le pareti ricoperte di libri e di boccette dai colori pallidi.
Mi lascio frastornate da tutta la cultura che trabocca dagli scaffali, alti fino al soffitto adornato da volte di pietra.
Mi abbandono su una sedia che ha visto tempi migliori.
Appoggio le mani sul vecchio piano di legno tarlato della scrivania.

Lui resta in piedi, immobile, dietro di me.
Posso sentire il suo respiro infrangersi sulle pareti della stanza.
Lo vedo muoversi lentamente.
Costeggiare la vecchia libreria.
Accarezzare con la punta delle dita le copertine impolverate.
Indugiare su titoli sbiaditi che sembrano vecchi di secoli.
Si ferma improvvisamente.
Si volta.
Punta lo sguardo dritto nel mio.
Mentre io sento scarseggiare il fiato nei polmoni.

- "Cosa vuoi sapere da me, Granger?"

Storia di un amore e di un segretoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora