25 - lacrime

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Hogwarts
Camera da letto di Severus Piton
27 novembre 1996, ore 6,15 A.M.

Sono sveglio.
Come sempre.
Ho perso l'abitudine di dormire più di tre ore per notte molto, molto tempo fa.
Le poche notti in cui effettivamente riesco a dormirle, quelle tre ore.
Perché spesso mi vedo inchiodato ad una poltrona, con una bottiglia di Whisky scadente tra le mani, ed una folla di fantasmi dagli occhi vuoti ad accusarmi.

Tu dormi nel mio letto dalle lenzuola stropicciate.
Abbiamo fatto l'amore con irruenza questa notte, al ritorno da Londra.
Non volevi parlare.
Mi hai sbottonato i pantaloni frettolosamente.
Hai cominciato a baciarmi ovunque.
Implorandomi di possederti.
E di farti smettere di pensare.
E io non mi sono opposto.
Ho smesso di illudermi di essere così forte da resisterti.
Alla fine ci siamo addormentati esausti.
In un sonno che abbiamo sperato potesse essere senza sogni.
O almeno ti sei addormentata tu.
Perché io ho continuato a rimuginare su quelle righe vecchie di millenni.
A cercare di capire come diavolo ha fatto una bambina di qualche giorno, trovata in un prato poco meno di diciotto anni or sono, ad appartenere ad un popolo scomparso più di mille anni fa.
Continuo a pensare a quella dannata pozione, quella che dovrò distillare con il tuo aiuto, come dice lo scritto.
Quella che dovrò bere per affrontare il male.
E sconfiggerlo.
Ma soprattutto continuo a cercare di capire come potrò fare a puntare la bacchetta sul cuore di Silente.
E ad ucciderlo.
Sono stato una persona discutibile per tutta la vita.
Ho fatto cose che non mi hanno più permesso di guardarmi allo specchio.
Cose che mi hanno spinto a invocare la morte, pur di non essere costretto a ripeterle ancora.
Ma questo è più di quanto, perfino io, sia in grado di sopportare.
E, invece, mi ritrovo a dover essere forte.
Anche per te che adesso mi dormi nel letto.
Perché la tua vita è stata sconvolta con una velocità che in pochi sarebbero riusciti ad accettare.
E io so che hai bisogno di aiuto.
Infondo la mia vita è sempre stata solo questo.
Pensare alla salvezza degli altri prima che a quella della mia anima.
Prima che a me stesso
Farmi vedere forte.
Sempre.
Pronto ad affrontare ogni cosa con il gelo nello sguardo e il disgusto nella voce.
Ma questo compito mi sta uccidendo.
E per la prima volta non posso nemmeno agognare la morte, come ho sempre fatto.
Perché ho una dannatissima voglia di vivere.
E perché adesso, persino la mia stessa morte causerebbe sofferenza.
A te.
E questo non posso permetterlo.
Mi prendo la testa tra le mani.
Appoggio i gomiti sul ripiano di legno del grande tavolo che troneggia nella mia stanza, ai piedi dell'immancabile libreria stracolma di volumi impolverati.
Chiudo gli occhi.
E piango.
Dopo tanti anni.
Anche se credevo di non esserne più capace.
Sento le lacrime calde scivolarmi sulle guance invecchiate da una vita ingiusta.
Affondo le dita tra i capelli neri, le lascio scivolare sul collo.
E singhiozzo.
In silenzio.
Perché nessuno possa sentirmi.
Perché nessuno possa vedermi.
E più le lacrime cadono più mi sento impotente.
Improvvisamente avverto una mano calda poggiarmisi sulla sua spalla.
Mi volto di scatto.
Cerco di riconquistare un minimo di dignità.

- "Sono stata un'imbecille, Severus..."

Mi guardi in piedi, con una mia camicia bianca malamente abbottonata a farti da pigiama.
Le gambe snelle, i piedi nudi sul pavimento gelato.
Mi riscuoto immediatamente.
Mi asciugo frettolosamente le lacrime.
Ripesco i miei eterni occhi di ghiaccio a farmi da scudo.
Tu mi sorridi.
Con un'espressione piena di comprensione.
E di rimprovero.

- "Non devi farlo, Severus..."

Prendi una delle ultime tracce delle lacrime sulla mia guancia.
La stringi tra le dita.

- "Piangi! Lascia uscire tutto... io sono qui."

Lo sussurri appena.
Perché hai paura.
Che io non te lo permetta.
Che io ti cacci malamente.
Soffocato come sono da tutti i miei anni di apatia di cartone, di lontananza dal mondo.
E io lo so.
E tutto voglio tranne che fartene, paura.
Perché ho fatto paura a tutti.
Per troppo tempo.
Ma a te no.
A te non voglio farne mai più.
Lascio scivolare la fronte tra le pieghe della mia stessa camicia che ricopre candidamente le tue forme.
Mi rinchiudo in questo mondo fatto di seta bianca, ancora una volta nascosto agli occhi del mondo.
Ma non a tutti.
Ad una persona, ad una sola, queste lacrime voglio farle vedere.
Senza vergogna.
Senza finzione.
E allora piango.
Tra le tue braccia.
Mentre mi guardi in silenzio.
E mi accarezzi i capelli.
Senza parlare.
Ti stringo le mani sui fianchi, stropicciando la stoffa leggera tra i miei pugni impotenti.
E lascio uscire tutto il mio dolore.

- "Non ce la faccio, Hermione.
Non ce la faccio!"

Le mie parole sono stracciate da singhiozzi sempre più impetuosi.
Ma, lentamente, insieme alle lacrime che cadono, insieme alla mia antica maschera che si fracassa sul pavimento, per la prima volta nella mia vita, capisco di non essere più solo.

Storia di un amore e di un segretoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora