14 - un professore meraviglioso

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Hogwarts
Sala comune di Grifondoro
21 novembre 1996, ore 7,30 A.M.

Sono giorni che ho la testa tra le nuvole.
Da quel 'qui dentro chiamami Severus' che gli ho sentito pronunciare di fretta, quasi con rabbia.
Una rabbia che non mi spaventa più, ma che mi fa sentire in paradiso.
Perché ormai mi rendo conto di conoscerlo, più di quanto lui non ammeterebbe mai.
So che quel tipo di rabbia, quella che gli fa vibrare leggermente la voce, in realtà nasconde un'incertezza.
Quando lo colgo di sorpresa.
O quando gli do una risposta che condivide.
Che non si sarebbe aspettato.
Così come so che i suoi occhi di ghiaccio lampeggiano impercettibilmente quando è felice.
Per quanto lui possa mai essere felice.
O per lo meno dimostrarlo.
Quando qualcosa lo emoziona.
Anche se non cambia espressione.
Anche se non si concede il lusso di sorridere.
Io lo vedo.
Nascosto sotto la maschera.
Capisco anche quando qualcosa gli martoria il petto.
Celato sotto una superficie asettica.
Quando la paura gli accorcia il respiro.
E forse non potrò mai dirglielo, ma quest'intimità fatta di sguardi mi frastorna le viscere.
Mi fa vibrare fin negli anfratti più profondi del mio corpo.
Questa complicità mai esplicitamente palesata.
Sempre solo lasciata uscire di nascosto.
Questo capirsi semplicemente con gli occhi.

Mi infilo uno dei maglioncini sgualciti che lui detesta.
Sì, perché sono riuscita a carpire anche questo.
Corruccia leggermente le sopracciglia quando mi vede entrare indossando uno dei miei amati colori improbabili.
Così come lascia gli occhi immobili, quasi inquietanti, quando invece ho addosso qualcosa che lui invece approva, secondo il suo insindacabile giudizio.
Ed è un gioco stupido, lo so.
Ma qualcosa di questa normalità conquistata a fatica, sembra farmelo sentire più vicino.
Meno sfuggente.
Addirittura più afferrabile.
Perché Severus Piton mi piace.
Mi piace da morire.
Mi piace tanto da mozzarmi il respiro quando avverto la sua presenza inaspettata alle mie spalle.
O quando mi supera in un corridoio, senza degnarmi di uno sguardo.
Quando sento la sua voce provenire da lontano, sperando di sentirla avvicinarsi, sempre di più, fino a raggiungermi.
E sono solo una stupida.
Lo so.
Perché non ho niente da dare ad uno come lui.
Ad un uomo che ha cominciato ad odiare il mondo, facendosi odiare a sua volta.
Ad un uomo che guarda il male dritto negli occhi, senza soccombergli.
Ad un uomo che conosce a memoria più libri di quanti io potrò leggerne in una vita intera.
Un uomo dotato un'intelligenza ineguagliabile.
E di una cultura spiazzante.
Cosa posso offrirgli io?
Una ragazzina piena di paure, priva di esperienza e con una dannata voglia di entrare in un mondo pericoloso.
Niente.
Non ho niente da offrirgli.
Ma vedermi guardare con rispetto mi fa sentire bene.
Riesce a farmelo sentire reale.
Forse addirittura plausibile.
E questo mi basta.

Mi incammino verso la sala grande, dove una colazione veloce mi attende prima dell'ora di difesa contro le arti oscure.
La sua ora.
La nostra ora.
Quella in cui ci guardiamo con noncuranza, in cui ci parliamo a malapena.
Ma nella quale quel Severus sepolto in un laboratorio, nelle nostre serate, nascosti tra le mura di sotterranei gelati, mi inonda il petto di eccitazione.
Guardo il professor Piton.
Sempre gelido.
Sempre scocciato.
Sempre al limite di un'esplosione di rabbia.
E cerco il mio Severus, quello che non è di nessun altro.
Quello che mi parla con rispetto, nonostante il tono di ghiaccio.
Quello che mi chiama per nome.
Che mi chiede di avvicinarmi e di guardarlo mentre prepara qualcosa di nuovo.
Che cerca di istruirmi.
Ho persino smesso di alzare la mano durante la lezione.
Per via delle sopracciglia.
Si corrucciano quando lo faccio.
L'ho notato.
Nel nostro codice segreto di cui forse perfino lui è inconsapevole.
Perché vorrei essere perfetta.
Continuare a sentirmi un'eletta ai suoi occhi.

Le due ore passano troppo velocemente, come sempre.
Tra sarcastiche constatazioni, voti stracciati dispensati come caramelle nella notte dì Halloween, e quantità inenarrabili di compiti assegnati per domani.
Infilo i libri nello zaino frettolosamente, non appena il suono della campanella annuncia la fine della mia contemplazione silenziosa.
Quel suono che sembra arrivare sempre troppo presto, quando sono con lui.
Rido distrattamente all'ennesima battuta di Ron.
Parlotto distrattamente con Harry.
Prima di incamminarmi fuori dall'aula insieme al resto della classe.
Aspettando trepidante che arrivi la sera.
La nostra sera, quando potrò rivederlo.

- "Granger..."

La voce profonda di Severus fa vibrare le volte dei sotterranei.
Mi volto.
Pronta a sostenere il suo sguardo.

- "Ho bisogno di te questo pomeriggio.
Devo preparare urgentemente una pozione."

Mi avvicino alla cattedra.
Il resto della classe defluisce stancamente nel corridoio.
Stringo le braccia al petto.
Un'eccitazione quasi palpabile si impossessa del mio respiro al pensiero di poter passare con lui anche solo qualche ora in più.

- "Certo Severus. Solo che dovresti avvertire gli altri professori.
Ho lezione nel pomeriggio."

Sussurro, abbassando la voce perché nessuno degli studenti possa sentirmi.

- "Ho già avvertito Minerva. Agli altri penserà lei."

Faccio rapidamente un cenno di assenso.

- "Cosa dobbiamo preparare?"

Non so perché glielo sto chiedendo, in fondo non mi cambia nulla.
Ma mi piace sentirmi parte di qualcosa di speciale.
Parte del suo mondo.

- "Te l'ho detto. Una pozione!"

Risponde di getto, con il suo solito tono spazientito.
Con le fiamme gelide che gli divampano negli occhi.
Ma non sembra realmente infastidito dalla domanda.
Anzi.
Sembra addirittura che abbia voglia di fornirmi una spiegazione.

- "Ho bisogno che tu legga il testo, il procedimento, mentre io lavoro.
Serve velocità e non posso perdere tempo a tradurre.
D'altronde tu snoccioli rune celtiche come se fossero filastrocche, immagino che un testo in latino non ti spaventi più di tanto..."

Continua.
Ha un sorriso quasi divertito.
Lo osservo per un istante.

- "Cosa snocciolo io?"

Lo chiedo ridendo.
Lui rimane immobile a fissarmi.
Poi riprende a parlare.

- "Tu leggerai.
Mi renderai più veloce il lavoro.
Ci vediamo alle quattro nel mio laboratorio."

Lo dice con poca grazia.
Come fa sempre.
Prima di ricacciare il naso in uno dei suoi tomi immensi e di cominciare a leggerlo, senza più degnarmi di uno sguardo.
Prima di tornare ad essere il pipistrello dei sotterranei e di nascondere il mio Severus che, per un attimo, si è lasciato scorgere alla luce del giorno.
Annuisco prontamente, so che insistere con lui è del tutto inutile.
Mi giro, raggiungo la porta, inforco le scale e mi tuffo con un ritardo quasi percettibile dentro l'aula già affollata della professoressa McGranitt.

Sono preoccupata.
Faccio una fatica terribile con il latino e, onestamente, non ho capito la questione delle filastrocche.
Ma supererò anche questa.
Ormai lo so.
Perché, oltre ad agghindare il mio cuore, la presenza costante di Severus Piton mi ha regalato una straordinaria sicurezza nelle mie capacità.
Nella mia bravura.
E per questo gli sono grata.
E forse sono addirittura riuscita a capire il suo comportamento.
Come professore e come uomo.
Da il peggio di se per permettere agli altri di tirare fuori il meglio di loro.
Di questo ormai ne sono quasi certa.
Severus Piton è un professore meraviglioso, solo che nessuno, a parte me, sembra essersene ancora accorto.

Storia di un amore e di un segretoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora