35 - storia di un amore e di un segreto

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Hogwarts
Corridoi del castello
1 settembre 2005, ore 7,30 A.M.

•• sette anni dopo ••

Cammino per i corridoi ancora deserti.
In silenzio.
L'aria immobile del mattino mi schiaffeggia con i primi raggi di un sole timido.
In una scuola risorta che tenta di farsi strada tra una paura ancora troppo recente.
Malgrado siano passati anni.
E il male sia stato sconfitto.
Al prezzo amaro di troppe vite innocenti.
E io...
Io sono qui ad osservarmi le mani attraversate dalla vita.
Le mie mani così diverse.
Come diverso è anche tutto il resto.
Raggiungo il portone della sala grande.
Dove un banchetto traboccante di dolciumi mi da il benvenuto dai tavoli imbanditi.
Gli studenti mi guardano.
Mi osservano in silenzio.
Non sanno cosa dire.
Come porsi.
I più mi conoscono.
Altri ancora no.
Ma comunque conoscono il mio nome.
Hanno sentito raccontare la mia storia.
Sempre sussurrata.
Sempre incredibile.
Sempre velata di mistero.
Sempre sul limite tra la realtà e il racconto.
Lascio vagare lo sguardo ai confini della stanza.
Gli occhi di Minerva mi osservano da un tavolo in lontananza.
Mi sorride.
Di un sorriso carico di serenità.
E di qualche rimpianto.
Avverto un rumore alle mie spalle.
E il cuore si ferma.
Riconoscerei i tuoi passi tra un milione di passi.
Il tuo odore tra un milione di odori.
Il tuo respiro tra un milione di respiri.
Mi superi in fretta.
Avverto una tua mano poggiarmisi sulla spalla.
In quel tocco concesso alla luce del mondo.
Ormai da tanto tempo.
Sollevi un sopracciglio.
Ti volti per un istante.
Mi trafiggi con il tuo sguardo nero.
Il tuo mantello accarezza le pietre.
Ondeggia al ritmo del tuo incedere sicuro.
Così elegante da avermi fatta innamorare.
Così gelido da aver fatto tremare il mondo.
In un tempo che mi sembra sepolto nell'ombra.
Ti dirigi verso il tavolo degli insegnanti.
Al tuo posto.
Sempre lo stesso.
Sempre sul confine tra il buio e la luce.
Per ricominciare a terrorizzare una scuola che non immagina cosa sia veramente la paura.
Quella che ho io provato anni fa, in una catapecchia fatiscente.
Quando ho capito che avresti potuto morire.
Per mano di un mostro che adesso giace in qualche posto lontano.
Disintegrato in una nuvola di polvere.
Quella che ho sentito quando mi sono buttata tra te e l'incantesimo.
Per provare a salvarti.
E ricordo ancora il tocco delle tue mani sul viso.
In quella notte di terrore.
Quando ho riaperto gli occhi e ho sentito la tua voce.

- "Sei stata un' incosciente, ragazzina!"

Così mi hai detto.
Dopo che quella profezia impolverata ha preso vita tra l'orrore, ai limiti di un villaggio magico.
In quel tuo modo tagliente che non ha cessato di esistere.
Neppure adesso, in un mondo senza più paure.
E senza più mostri.
Ora che il male è morto.
Per mano tua.
Per mano dell'eroe.
Dell'uomo di ghiaccio che ha subito l'ingiustizia del dubbio.
Il giudizio di chi non ha mai saputo niente.
E la condanna di chi ha sempre saputo tutto.
E adesso siamo qui.
Con un nuovo anno che inizia.
Così come ne sono cominciati tanti altri prima.
Con nuove menti a cui insegnare un'arte antica e magica.
E con una vita davanti.
Io e te.
Insieme.
Senza più menzogne.
Senza più sordidi terrori.
Ma con un amore da lasciar scoprire.
E da lasciar accettare.
Tu, l'assassino di Silente.
Il salvatore del mondo magico.
Il mangiamorte pentito.
E il professore avvolto dalle tenebre.
Con me.
La ragazzina con una strana storia.
Con un passato incerto.
Con un sangue che profuma di leggenda.
E con un anello al dito.
Il tuo anello.
Sul mio dito.
E tutti mi guardano.
Tua moglie.
Che cammina in mezzo alla folla.
Strappandoti un sorriso malamente nascosto.
Facendo uscire solo per un istante l'uomo che mai nessuno ha voluto riconoscere.
Prima di tornare a nasconderti dietro il ruolo del professore di ghiaccio.
Quello che continua a far paura.
Che continua a terrorizzare ragazzini dallo sguardo spalancato.
Mi hai sposata in un pomeriggio di sole.
Non appena la guerra è finita.
Con Minerva e la foresta a farci da testimoni.
Su un prato battuto dal vento.
Me lo hai chiesto di fretta.
Lo hai lasciato scappare dalle labbra come si farebbe con uno starnuto.
E io ho sorriso.
Ti ho accarezzato la guancia.

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