27 - voltati Hermione

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Hogwarts
Sala grande
2 dicembre 1996, ore 16,10

La notte è stata un inferno.
Ti ho guardato impotente sparire al di là della porta di un laboratorio saturo di vapore.
Sapendo perfettamente dov'eri diretto.
Ed il terrore si è impossessato di me.
Anche se ho provato con ogni briciolo di forza a non fartelo vedere.
A regalarti una scenografica serenità.
Per le prime ore ho cercato di infondere a me stessa un briciolo di sicurezza.
Ho continuato a ripetermi come un mantra che è tutto normale.
Che lo hai già fatto tante volte.
Che non ci sarebbero stati rischi per la tua incolumità.
Perché Voldemort ti ritene un suo servo fedele.
Perché hai obnubilato anche lui, con la tua maestria resa indiscutibile dagli anni.
E, anche se questa notte ti avrebbe massacrato ancora una volta l'anima, alla fine saresti tornato da me.
Poi le ore sono passate e il panico si è fatto spazio all'interno del mio fiato, fino a mozzarmelo.
Ho girovagato tutta la notte per un castello deserto.
Infischiandomene delle stupide regole.
E dei rumori sinistri.
Affacciandomi ad ogni finestra.
Di ogni stanza.
Di ogni corridoio.
Nella speranza di vederti spuntare ai limiti del prato.
Avvolto dal tuo mantello nero.
Nella tua ombra così difficile da scalfire.
E non ti ho visto.
Malgrado mi facessi bruciare gli occhi provando a squarciare l'oscurità della foresta.
La luce ha conquistato il posto del buio, e io mi sono ritrovata rinchiusa in un sotterraneo, rannicchiata sulla tua poltrona, con uno dei tuoi mantelli stretto tra le mani, respirando il tuo odore fino a farmi scoppiare i polmoni.
Pregando un dio in cui non credo, perché ti riportasse da me.
Alle dieci del mattino non ho più retto.
Ho scaraventato a terra la tua bottiglia di Whisky.
L'ho fatta in mille pezzi.
E sono uscita da quella stanza.
Perché mi sembrava di impazzire.
Mi sono diretta a lezione.
Ho ascoltato in lontananza la voce della McGranitt.
E mi dava fastidio.
Come la luce del sole.
Come le risate degli studenti.
Come tutto quanto.
Quelle parole sempre uguali, sempre pronunciate con la stessa cadenza,
Incuranti della tua assenza, sembravano farmi impazzire.
Mi sono alzata nel bel mezzo di una lezione alla quale avrei potuto non partecipare.
Fregandomene degli sguardi.
Delle domande.
Fregandomene di tutto.
Sono andata in biblioteca, sperando di trovare conforto nei libri.
Un conforto che puntualmente non è arrivato.
Affogandomi ancora di più nello sconforto.
Perché la tua immagine, seduto con un libro in mano su una poltrona malconcia, mi colpiva come un pugno ogni volta che provavo a girare una pagina.
Ho scaraventato a terra una decina di libri prima di decidermi ad alzarmi.
Ad uscire di lì.
A mezzo giorno mi sono di nuovo trovata a vagare per il castello.
Come un fantasma.
Ho superato portoni, salito scale, attraversato corridoi.
Con il cuore distrutto e la paura che mi faceva mancare l'aria, insinuandosi in ogni vertebra della mia schiena, in ogni muscolo del mio corpo.
E adesso mi ritrovo qui.
Davanti alla sala grande.
Senza nemmeno essermene resa conto.
Guardo dentro.
Vedo i miei compagni ridere, chiacchierare spensierati, davanti ad un banchetto che riesce solo a farmi venire voglia di vomitare.
Varco la soglia.
Mi sento addosso gli occhi di tutti.
Mi osservano come un animale esotico.
Invidiosi del mio stupido permesso di saltare le lezioni.
Senza capire niente.
Ancora una volta.
Sento la rabbia crescermi nel petto.
Per questa spensieratezza inconsapevole, per il loro mondo confinato in queste mura eterne, senza che nessuno si renda conto che un uomo sta distruggendo se stesso, perché questa apparente tranquillità possa continuare ad esistere.
Proprio l'uomo che odiano tutti.
Che temono tutti.
Il mio uomo.
Quello che amo fino a farmi mancare il fiato.
Quello che sta tenendo insieme i fili delle loro vite troppo facili.
Giorno dopo giorno.

Intravedo i miei amici poco distante.
Li raggiungo.
Mi siedo sulla panca accanto ad Harry, con Ron e Ginny proprio davanti.
Non ho voglia di parlare, ma stare sola sembra farmi diventare pazza.
Ho bisogno di sentire che il mondo continua ad esistere.
Mentre sento il mio andare in pezzi.
Minuto dopo minuto.
Ora dopo ora.
Ron continua a masticare con la bocca aperta.
Parla dell'ultima partita di Quidditch.
Quando mi vede sgrana gli occhi.

- "Hermione! Sei sparita ieri..."

Faccio un cenno con la testa.
Afferro un pezzo di pane a cui do un morso svogliato.
Lo poso subito.
Con poca grazia.
Lanciandolo in centro al tavolo.

- "Va tutto bene, Herm?"

Harry mi guarda da dietro agli occhiali.
Il maledetto libro del principe mezzo sangue sempre aperto tra le mani.
Mi passa un braccio intorno alle spalle.
E io ho solo voglia di piangere.
Vorrei urlare.
Scaraventare tutto per terra.
Rompere ogni cosa in questa maledetta stanza.
Vorrei solo te.
A stringermi tra le tue braccia.
Sento una lacrima scapparmi dagli occhi.
La asciugo frettolosamente con la manica della camicia.

- "È stato Piton? Ti ha fatto qualcosa di male?"

Fulmino Ron con uno sguardo.
Non ha mai capito niente.
Continua a non capire niente.
Sento la rabbia salire.

- "Non vedi che non c'è Ronald? Non lo vedi..."

Lo dico piangendo.
Ai loro sguardi confusi.
Gli stessi che non riescono ad afferrare il mio tormento.
Che non possono capirlo.
Ed accettarlo.
Harry mi stringe a se.
Non sa cosa fare.
Ma sa riconoscere il dolore.
Mi passa una mano tra i capelli.
Me li spettina leggermente.
Mi porta la faccia sopra quel maledetto vecchio libro.
Quasi mi affonda il viso tra le sue pagine.
Profuma di vecchio.
Di studio.
E di notti insonni.
E io lo vedo coperto di scritte, di appunti e di correzioni.
In un modo che mi è quasi famigliare.
Per un attimo socchiudo gli occhi, cercando di leggere queste righe che demonizzo da mesi.
Dimentica del mio tormento e del mio terrore.
E sento un brivido scorrere nella schiena.
Come se stessi interagendo con qualcosa di pericoloso.
E di importante.
E più vedo l'inchiostro blu notte disegnare i margini delle pagine, più una consapevolezza prepotente si fa strada nella mia paura.
Io conosco questa grafia.
È più incerta.
Meno elegante.
Ma io la conosco.
E non potrei confonderla con nessun'altra al mondo.
Mi libero velocemente dall'abbraccio di Harry.
Gli strappo il libro dalle mani.
Comincio a girare convulsamente le pagine.
Accarezzo l'inchiostro con la punta delle dita.
E due lacrime mute scendono a disegnarmi le guance.
Come ho fatto a non riconoscerlo per tutto questo tempo?
A non intravedere il tesoro che Harry stringe da mesi tra le dita.

- "Hei Hermione! Fai piano! Quello è la mia assicurazione per il superamento degli esami di pozioni..."

Lui mi guarda, cercando sul mio volto la risposta al mio comportamento assurdo.
Punto gli occhi nei suoi per un attimo.
Senza parlare.
Cercando di saturarli di una determinazione che non ammetta repliche.

- "Questo libro è molto di più, Harry!"

Lo sussurro.
Mentre capisco.
Mentre le rune si fanno ancora più chiare.
E il testo antico che abbiamo letto ieri sera sotto quella formula banale, scritta in una lingua che comprendo con tanta facilità, prende improvvisamente una forma definita.
E finalmente un piano sensato acquista forza nei miei pensieri.
La formula che è già stata scritta da mani acerbe.
Le tue mani.
Ancora acerbe.
Ma già intrise di una conoscenza quasi sconfinata.
Devo solo trovare la formula della pozione sgonfiotto su questo libro.
Sul tuo vecchio libro.
Perché è questa la soluzione.
Lo sento.
E ce l'ho sempre avuta sotto gli occhi.
Per tutto questo tempo.
E tu non ci sei.
E io mi sento morire.
Per cosa lo salvo questo mondo Severus?
Se tu non torni da me?
Se non posso bearmi del tocco delle tue mani?
E dei tuoi silenzi gelati?

Improvvisamente avverto la figura di Silente camminare alle mie spalle.
Mi volto.
Ho gli occhi pieni di lacrime.
E lui le vede.
E sorride.
Mentre nella sua serenità mi sembra per un attimo di tornare a respirare.
Mi alzo dal tavolo.
Lo raggiungo.
Gli resto in piedi davanti.
Con il tavolo degli insegnanti sullo sfondo a fare da quinta alla nostra immobilità.
Appena sfocato dalla sua figura ancora imponente.
E ho una paura sottile di cominciare a parlare.
Di confessargli il mio terrore.
Facendo spegnere il suo sorriso.
Quello stesso sorriso che mi permette di saperti al sicuro, Severus.
Perché Silente non potrebbe sorridere senza di te.
Così come non potrei più farlo io.
Ma la mia paura e troppa.
La tua mancanza è troppa.
E tu sei ancora lontano.

- "Mi dica solo che è già successo.
Che è già stato fuori per un tempo così lungo.
Ho bisogno di sentirlo..."

Lui resta fermo.
Mi guarda negli occhi.
Incrocia le braccia al petto.
Un lampo attraversa le sue iridi azzurre.
Le lascia indugiare oltre la mia spalla.
Il suo sorriso si allarga.
Riporta i suoi occhi nei miei.

- "Voltati, Hermione..."

Storia di un amore e di un segretoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora