Capitolo 37.

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Federico entrò in quella che era casa di Arya, anzi molto meglio specificare che di lì a poco non lo sarebbe stata più, posò la piccola valigia in un angolo dell'entrata e camminò velocemente fino alla camera da letto per trovarla distesa sul letto dormiente.
Aveva appena fatto ritorno dalla trasferta di Firenze e l'unica cosa che voleva fare era farsi cullare dai baci della sua ragazza, ma forse avrebbe dovuto aspettare un po'.
Cercò di non fare rumore e ritornò a prendere la valigia portandola con se nella camera da letto, la posò piano a terra aprendola e prendendo le cose di cui aveva bisogno, poi si spogliò del completo per vestirsi del pantaloncino del pigiama, per fortuna aveva lasciato alcuni cambi nell'armadio di Arya, l'appartamento di sopra doveva essere solamente svuotato per essere completamente libero.
A piedi scalzi si avviò in cucina per bere un bicchiere d'acqua e controllare che i suoi due bimbi stessero bene nelle loro cucce sistemate nel salone.

«Bentornato.» Arya gli apparse alle spalle con il viso molto assonnato, gli baciò la pelle della schiena tatuata e vi ci poggiò il naso sentendo Federico respirare.

«Ciao baby.» Le accarezzò le mani legate alla sua vita e poi se la girò fra le braccia come era solito fare, le baciò lento le labbra assaporando il suo sapore preferito in assoluto, né respirò l'odore e chiuse gli occhi, si decisamente c'era dentro fino ai capelli.

«Com'è Firenze?» Non si staccò dal petto del suo ragazzo volendone assorbire il più possibile il calore, era più bassa di lui di parecchio e quando l'abbracciava si sentiva totalmente protetta da quelle braccia che raccontavano l'uomo che Federico era.

«Firenze è sempre bella, sono io che secondo loro non devo stare la.» La guardò negli occhi facendo cenno con la testa e sorridendo, Firenze per lui era un qualcosa di inspiegabilmente importante ed essere rifiutato da quelli che un tempo erano anche i suoi tifosi gli faceva male, non così tanto da condizionare la sua vita la essere fischiato aveva sempre un certo effetto.

«Secondo loro appunto, tu devi decidere cosa è meglio per te perché un domani potrà anche non essere la Juventus.» Arya non aveva mica tutti i torti, ma era una cosa difficile da concepire per chi il calcio lo viveva dalla televisione o dallo stadio, una profonda differenza viveva fra il tifoso ed il calciatore e Federico aveva giurato amore per quella maglia che aveva fatto veloce a togliersi dalle spalle, questo almeno credevano i fiorentini.

Quando Federico prese quella decisione, di cui ancora portava i segni, era diviso a metà ma l'amore per se stesso, il ripago di tutti i sacrifici e il superare quella linea bianca dovevano essere messi davanti a qualsiasi cosa che fosse da un lato diverso, non si era tolto quella maglia con velocità anzi.
Così aveva sfondato letteralmente la porta della Juventus, si era messo in un angolo e aveva osservato ogni cosa per assorbire tutto ciò che gli sarebbe servito.
Federico aveva aspettato e si era fatto aspettare, ma non poteva che essere più orgoglioso di se stesso se ora stava dove stava, avrebbe dovuto faticare ancora perché per il posto da titolare c'era molta fila ma avrebbe fatto la qualunque per essere il primo di chi attendeva.
E poi, quei colori non potevano che rappresentarlo in pieno, bianco e nero, l'uno l'opposto dell'altro, nessun grigio di mezzo.

«Ma a me piacciono questi colori, mi stanno anche bene.» Ridacchiò scacciando i brutti pensieri, accarezzò i capelli di Arya attraversandoli con le dita.

«Scemo, non intendevo mica questo.»
Federico annuì schioccandole un bacio sulle labbra, se ne prese un altro ancora e ancora dopo.

«Quando avevo sei anni, giù di lì, la notte sognavo un tunnel, senza luce.» iniziò a parlare ed il cuore di Arya martellava nel suo petto, decise di uscire da quell'abbraccio per poggiarsi con il bacino al tavolo, Federico sorrise a ciò e poi continuò sedendosi su una sedia.

Starlight - Federico Bernardeschi Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora