Capitolo 5

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La mattina dopo mi sveglio nudo sul mio letto. Accanto a me c'è un ragazzo di cui non so il nome, né l'età. Spero almeno sia maggiorenne. Le lenzuola circondano i suoi lineamenti simmetrici e le sue curve armoniose. Mi avvicino a lui per sentire il calore del suo corpo, è bollente; probabilmente il riscaldamento deve essere impazzito. Non sarebbe la prima volta. Guardo la sveglia, l'orario segna le sette e quarantatré minuti. È impensabile che io sia già attivo a quest'ora vista la passione con cui ho affrontato le ultime dodici ore. Tra una scopata e l'altra, le nostre pause si limitavano a una boccata d'aria fresca e una cicca al volo. Nessuna parola, nessuna frase di senso compiuto, nessun aneddoto privato. È così che si riesce a essere impassibili.

XXL fa qualche smorfia, si lamenta nel sonno. Lascio che continui a riposare prima di poterci dare dentro un'altra volta.

Mi alzo, indosso un paio di slip e mi dirigo verso la finestra. Il sole è messo a dura prova da nuvole grigie che cercano di impossessarsi del territorio. Apro un battente per far circolare aria pulita e ossigeno. Accendo una sigaretta mentre lascio che quei pochi raggi solari mi sfiorino il volto. Un tiro, poi un altro.

Ho la bocca secca, quasi disidratata. Poggio la cicca smezzata sul posacenere di vetro e mi dirigo verso la cucina. Apro il frigo, prendo una bottiglia di succo di arancia e ne verso un po' in una tazza che raffigura il personaggio di Topolino nel film Fantasia. È un regalo di infanzia a cui sono molto legato. Prendo un pacco di biscotti e ritorno nella mia stanza.

«Buongiorno» dice XXL con voce rauca.
«Buongiorno anche a te» rispondo per cortesia.
«Come mai sei già sveglio? Pensavo fossi sfinito dopo la scorsa notte» accenna un sorriso. «Lo pensavo anche io ma, a quanto pare, non abbastanza».

Mi siedo sul letto con le gambe incrociate, gli porgo il pacco di biscotti, lui ne prende due.

«Grazie per avermi fatto rimanere qui ...» esita prima di dire un qualsiasi nome che non sia il mio. «Mike» gli porgo una mano affinché me la stringa. «Io sono José» porge una mano anche lui. «È abbastanza imbarazzante tutto ciò, non credi?» chiede. Io sorrido evitando di rispondere alla domanda. Per me è una situazione più che abituale.

Dopo qualche istante si alza dal letto e comincia a raccogliere i suoi vestiti. Pian piano si veste e io non posso fare a meno di ammirare quel corpo scolpito.

«Vai già via?» gli chiedo. Lui annuisce. «Tra un'ora mi tocca dare il cambio al mio collega».
«Che lavoro fai?». Bevo un sorso di succo.
«Sono un pompiere». Entrambi sorridiamo. «Ti prego, risparmiami la battuta sulle pompe» continua. In realtà vorrei fargliela e ricordarmi quanto siano squallidi i miei commenti.

«Se ti va, puoi sempre chiamarmi. Ti lascio il mio numero». Prende un foglietto di carta dalla mia scrivania, con i denti apre il tappo di un pennarello rosso e scarabocchia qualcosa in maniera impacciata. Si avvicina verso di me, cerca di baciarmi, ma gli porgo una guancia. Odio le smancerie. Mi consegna il foglietto e si dilegua con un: «è stato bello».

Mentre guardo José dirigersi verso la porta d'entrata, accartoccio il foglietto e lo infilo nella tasca dei jeans strappati e abbandonati sulla sedia della mia scrivania.

Mi sdraio sul letto, provo a chiudere gli occhi ma la mia mente sembra non aver bisogno di riposo. Il mio corpo è appiccicaticcio, probabilmente a causa dei residui dell'altra notte. Le mie labbra sono ancora secche. Il mio stomaco comincia a brontolare, i biscotti non sono serviti a soddisfare il mio appetito.

Decido di dar inizio alla giornata, anche se avrei preferito poter sprofondare nelle lenzuola di flanella qualche minuto in più. Mi dirigo verso il bagno, giro la manopola della doccia e lascio scorrere dell'acqua affinché diventi bollente. Mi guardo allo specchio, il mio corpo sembra aver assunto più massa grassa di quanto volessi. Dovrei ricominciare ad andare in palestra.
Tolgo gli slip, entro nella doccia e lascio che l'acqua purifichi i miei peccati, la mia sodomia, il mio corpo. Chiudo gli occhi nella speranza di dimenticare ciò che mi tormenta da ieri. Chiudo gli occhi nella speranza di poter affrontare questa giornata senza timore. All'improvviso le lacrime fanno l'amore con l'acqua che scorre sul mio volto. Perché sto piangendo? Per sfogarmi? Per liberarmi di qualche male? Per non pensarci? No. Piango perché preferisco farlo da solo, quando so che nessuno riesce a vedermi.

Questa Sera Basto a Me StessoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora