Capitolo 29

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"Non giudicare un libro dalla copertina."

«Prendi tutto ciò di cui hai bisogno.» Esclama Max spalancando le braccia per introdurre la sua cabina armadio.

Penso che la mia mascella sia scesa almeno di due livelli e che le mie palpebre stiano bruciando nel tentativo di non chiudersi per osservare il vestiario di Max. «Ma è enorme!» Esclamo, a mia volta, incredulo.

Si tratta letteralmente di una casa dentro un'altra casa. Tutto è disposto in maniera maniacale e in ordine di colore: dalle giacche agli stivali, dai cappelli agli shorts, dalle borse ai crop tops. Se osservo meglio mi sembra anche di aver intravisto qualche kimono. Non so per quale motivo gli dovrebbe mai servire un kimono, ma evito di domandare.

«Lo so, me lo dicono in tanti quando lo vedono.» Risponde con fare soddisfatto.

Io cambio espressione nel cogliere un netto doppio senso. «Umh, buon per te.»

«Intendevo il mio guardaroba, sciocco!» Mi bacchetta.

«E chi ha detto il contrario? Comunque, sei sicuro possa prendere qualcosa in prestito dal tuo armadio per stasera?» Chiedo per conferma. Non che io non abbia nulla di adeguato per la serata, ma ho portato realmente l'essenziale per questi giorni di vacanza.

«Assolutamente. Alcuni di questi capi li avrò indossati sì e no una, massimo due volte. È come se fossero nuovi.»

«Non sai quanto ti invidio. Vorrei anche io permettermi tutto ciò.» Sbuffo imbronciato ricordando la mancanza di fondi nel mio conto in banca per riuscire a permettermi lo stesso tenore di vita di Max.

«In realtà è anche merito di mia mamma se ho un guardaroba così vasto.»

«Tua mamma?» Non ricordo mi abbia mai parlato di lei prima d'ora.

«Sì, gestisce una delle filiali europee della Kylie Cosmetics e gran parte dei prodotti e degli abiti sono regali o sponsorizzazioni che poi possiamo tenere. Anche lei ha la sua piccola percentuale di popolarità.» Spiega.

Mi giro di scatto verso di lui. «Dimmi che stai scherzando. Tua madre conosce Kylie Jenner?» Il mio tono di voce è più stridulo del solito.

«Non proprio. Però una volta ha parlato con Kendall a una sfilata di Victoria's Secret.»

«Che figata! Adesso è ufficiale: invidio più tua madre che te. Dev'essere magnifico vivere con tutto ciò attorno.» Accenno un sorriso. Il viso di Max, invece, sembra essersi incupito. «Va tutto bene?» Domando avvicinandomi a lui.

«Sì, la mia vita è perfetta, no? Cosa potrebbe esserci che non va?» Esordisce sarcastico dandomi le spalle e avvicinandosi verso la sua postazione trucco. Si guarda allo specchio per poi spalmare una crema di cui non riconosco il marchio.

«Se ho detto qualcosa di sbagliato, mi dispiace.» Mi giustifico desolato.

Lui si gira verso di me con la sedia. Sospira. «No, scusami tu. Non ce l'ho con te. È solo che tutti pensano che la mia vita sia perfetta, ma non lo è. Non vedo mia madre da ormai cinque mesi. Le poche volte che riusciamo a parlare al telefono è solamente per qualche minuto. Quando rientra a casa ci rimane solo per un paio di giorni, massimo tre, per poi scomparire di nuovo per altri cinque mesi...»

Lo interrompo. «Basta, non c'è bisogno che ti giustifichi con me.»

«No, ne ho bisogno. So di potermi fidare di te e di poterti dire tutta la verità, anche se gli altri continueranno sempre a vedere la superficie insulsa della mia vita: i soldi, le case, le automobili di lusso, i viaggi. Tutto eccetto il vero me. Probabilmente sarà dovuto anche al modo in cui mi approccio agli altri, ma in realtà non sono così scorbutico come sembra. Ho deciso di indossare questa corazza per proteggermi dalla cattiveria della gente, fino a diventare io il cattivo della situazione e non riuscire più a decidere quando smettere di indossarla.» Si ferma per qualche istante per rimandare giù le lacrime che cercano di imporsi sul precipizio dei suoi occhi. «Non avere una stabilità familiare porta a questo: una madre assente, un padre che non è mai esistito. L'unica che ho sempre considerato di famiglia è Dorothea. Non riesco a vederla come una domestica; piuttosto come una seconda madre, un'amica, una confidente. Lei mi ha cresciuto e lei mi sta sostenendo nelle mie decisioni.»

«Perché dici un padre che non è mai esistito?» Domando incuriosito dal tono di voce con cui lo dice, quasi spezzato.

«Perché è la verità. Io non ho mai avuto un padre, e mai lo avrò. A volte non riesco nemmeno a ricordare il suo volto.» Adesso le lacrime prendono il sopravvento su di lui. «Quando ero più piccolo, sui cinque anni, mia madre è venuta a conoscenza di alcuni affari clandestini di armi a nome di mio padre. Non poteva crederci, soprattutto perché mio padre era sempre stato sincero con lei. Non avrebbe mai dubitato della sua onestà se non fosse stato perché l'ha constatato con i suoi occhi. Lo colse in flagrante durante una vendita illegale. Lei era spaventata, soprattutto perché aveva paura che ciò si potesse ripercuotere su di me. Non voleva che questo potesse marchiarmi a vita. Un giorno, perciò, decise di denunciarlo e la polizia fece un assalto in casa nostra per arrestarlo. Tutto con l'aiuto di mia madre. Fortunatamente, il giudice decise di non coinvolgerla nel processo dato che si era prestata a collaborare e, soprattutto, perché non risultava essere a carico di nessuno degli affari loschi di mio padre. D'altra parte, ogni nostro bene era intestato a lui e il tribunale decise di confiscare tutto. Spaesati e senza una dimora, decidemmo di andare a vivere a casa di mia nonna, la quale ci accolse senza battere ciglio. Furono degli anni estremamente duri per mia madre. Non riuscì nemmeno a fargli visita in prigione. Tagliò ogni ponte con lui, sia per me che per sé stessa.» Il suo dolore è talmente sottile da riuscire a leggerlo sul suo volto. Mi avvicino a lui per stringergli una mano in segno di consolazione. «Poi per fortuna, mia madre riuscì a mantenere alcuni contatti legali con degli amici di mio padre e cominciò a lavorare per conto suo per poter ripartire da zero. Adesso sono qui solamente grazie a lei, e le devo molto, ma è una ferita ancora aperta e questa distanza non aiuta di certo a rimarginarla.» Mi rivolge un sorriso sincero, ma io non riesco a pensare ad altro se non a quanto possa essere vero il detto: non giudicare un libro dalla sua copertina. E Max ne è un esempio lampante. All'apparenza si mostra con la corazza che permette di tenere le persone a giusta distanza, ma solamente i più impavidi decidono di leggere al suo interno e scovare pagine e pagine di frasi a metà e storie incompiute. Una persona persa tra pensieri, delusioni e sorrisi forzati. Una persona seppur ferita, comunque magnifica.

«Mi dispiace che tu abbia dovuto affrontare tutto questo da solo.» Dico asciugando una lacrima che mi riga il viso. Mi avvicino a lui per stringerlo in un abbraccio, il quale viene ricambiato con grande vigore.

«Non è colpa tua, non devi dispiacerti. E poi, ringraziando il cielo, non ero da solo. C'era mia madre lì con me. Vorrei solamente averla più vicina quando mi sento giù. Anche perché, seppur siano cose che leggiamo solamente sui libri o guardiamo in qualche stupida serie tv adolescenziale, non vuol dire che siamo immuni da essi.» Conclude prima di arruffarsi i capelli biondo platino e sospirare intensamente. «Okay, dopo questo sfogo con te sono pronto a ritornare il Max allegro e superficiale di sempre.»

«Non sei costretto a esserlo, o almeno non sempre. Se ogni tanto hai bisogno di rinchiuderti in camera e urlare, piangere o entrambe le cose, puoi farlo.» Confesso ripensando ai momenti che conservo per me stesso, in cui tiro fuori tutto il peso che mi sento addosso.

«Lo faccio già e il mio dvd consumato de Le pagine della nostra vita ne è testimone.» Entrambi ridiamo.

«Devi assolutamente invitarmi la prossima volta.»

«Affare fatto.»

Questa Sera Basto a Me StessoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora