Capitolo 10

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Tiro un sospiro di sollievo nel terminare la chiamata con Andrew. Ho dovuto ripetergli di stare bene almeno una decina di volte, ma lui continuava a chiedermi se ne fossi sicuro. In realtà, se fossi qualcun altro, non mi fiderei più di tanto dei miei sentimenti, soprattutto quando tutto intorno a me è così bello da sembrare quasi surreale. Mi domando solamente come sia minimamente possibile poter dubitare di stare bene quando si è appena arrivati in uno dei territori europei più belli in assoluto? Mi domando se ci sarà un momento in cui realizzerò esattamente: "cazzo, sono a Parigi"?

Guardo attentamente le valigie poste vicino al tavolo della cucina con la speranza che si disfino da sole. Sono così esausto che i miei piedi stanno implorando una pausa, non sono più abituati a ritmi del genere da quando ho smesso di allenarmi in palestra. Tocco la pelle leggermente flaccida delle mie braccia per ricordarmi quanto io abbia assolutamente bisogno di ritornare in forma e, soprattutto, rimettermi in carreggiata. Adesso sono a Parigi, la città dell'amore, la città della moda per eccellenza, la città di Moulin Rouge con una giovane Nicole Kidman pronta a infiammare la scena. Una città in cui i miei sogni potrebbero diventare tutto fuorché rimanere tali.

La mia "tanto attesa" avventura non può di certo cominciare con una pennichella sul divano. Questa volta mi toccherà non dare ascolto alla stanchezza e ricordarmi che c'è tanto da scoprire, tanto da vedere e, soprattutto, da vivere.

Apro il trolley, comincio a tirar fuori paia di jeans e di camicie che getto svogliatamente sul letto. Scelgo per bene quello che sarà il mio primo outfit nel territorio francese e mi dirigo verso il bagno per struccarmi e sistemare i capelli. Guardo l'orologio, sarebbe quasi ora di pranzo in Trentino. Pensandoci, anche io avrei un certo languorino. Ritorno in cucina, apro il frigo per vedere se il padrone di casa abbia deciso di lasciare qualche scorta di sopravvivenza. Niente di niente, solamente due bottiglie di acqua frizzante che detesto e un cartone di succo di frutta all'ananas. Devo assolutamente comprare qualcosa se non voglio decidere di morire di fame. Metto il giubbotto, tiro fuori il portafoglio dalla borsa a tracolla e mi avventuro tra le strade deserte del vingtième arrondissement. Se non fosse ancora giorno, avrei paura a bighellonare tra le viuzze del quartiere di Belleville con una gatto dai tratti stranamente simili a quelli di Salem Saberhagen che miagola ad ogni movimento percepito. Ammiro attentamente i suoi occhi dalle varie tonalità di verde chiaro per evitare che mi aggredisca e decida di mangiare i miei. Mi avvicino lentamente con la speranza che possa diventare mio amico. Gli porgo una mano che lui comincia a solleticare con il suo nasino, si lascia toccare. Mi piacerebbe poter restare ad accarezzarlo e capire se io abbia finalmente trovato il fatidico famiglio ma, ahimè, il mio stomaco continua a brontolare. E' arrivato il momento di prestare attenzione ai miei bisogni fisiologici. E' stato un piacere Salem, ci si vede nei miei sogni. Lui mi segue per qualche metro, ma poi capisce che non potrà mai essere una relazione duratura. Si accascia a terra nella speranza di rivedermi. Io proseguo per la mia strada con lo stesso pensiero.

Nell'angolo tra Rue de la Mare e Rue des Pyrénées mi imbatto in un piccolo supermercato dall'aspetto familiare. Entro con l'idea di acquistare lo stretto necessario, anche se, molto probabilmente, le mie mani bucate hanno altri piani in serbo per me.

Vengo accolto da un ragazzo mulatto sulla ventina, capelli corti, fisico abbastanza minuto, sorriso splendente. <<Bonjour>> esordisce. Rispondo con un cenno del capo catapultandomi nel reparto salumi. Dopo qualche istante le mie braccia fanno quasi fatica a reggere tutti i prodotti che ho arraffato nella confusione. Il ragazzo arriva in mio soccorso porgendomi un mini carrello. Lo ringrazio.

Passando per il reparto della cura personale, mi ricordo di aver dimenticato di mettere in valigia la schiuma per capelli, semmai dovessi decidere di dargli una forma decente. Non la trovo, decido di chiedere al commesso, ma una domanda mi sorge spontanea: come cazzo si dice schiuma per capelli in francese? Cerco di improvvisare. <<Avez-vous de mousse pour les cheveux?>> (Ha per caso della schiuma per capelli?) chiedo sperando di aver azzeccato, lui sembra aver capito e mi fa segno di seguirlo. Tiro un sospiro di sollievo. Mi mostra varie tipologie di lacca per capelli, ma io non so se controbattere o decidere di farne a meno. <<Non, ce n'est pas ça que je veux ... la mousse pour les cheveux>> (No, non intendo questa ... la schiuma per capelli). Lui sembra non capire, io continuo a sperare che questa tortura finisca in fretta. Alla sua ennesima richiesta di spiegargli cosa volessi, rispondo: <<Ne vous dérangez pas, ça va bien comme ça>> (Non si preoccupi, fa lo stesso).

Questa Sera Basto a Me StessoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora