Capitolo 15

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"Ricordati di osare sempre"

Non so se la nostra conversazione lo abbia turbato o meno, spero solamente gli abbia fatto capire che nulla è mai lasciato al caso, ma siamo noi che dobbiamo sentire la necessità di alzare il culo e diventare qualcuno nella vita. Essere mediocri, essere insignificanti, essere banali è ciò a cui aspira chi si è già arreso in partenza, prima ancora di cominciare a vivere. Essere umani è permesso, ma essere disumani contro sé stessi dovrebbe essere illegale. Siamo esseri imperfetti che hanno bisogno di stimoli e non di una vita sedentaria e ripetitiva. Abbiamo bisogno di sentirci noi stessi nonostante la paura di cambiare, il timore di invecchiare, l'ansia di non farcela.

Memento audere semper.

È ciò che mi ripeto quando l'insicurezza si impossessa di me, quando la codardia mi impedisce di realizzarmi, quando ho il terrore di fare i conti con me stesso.

Memento audere semper.

È ciò che mi ripeto per prendere spunto dai miei errori, dai miei sbagli. Uno, due, tre, quattro ... li conto, ma non basta il palmo di una mano. Nonostante ciò, so di non essere la persona più adatta a infondere fiducia per quanto riguarda il domani, ma so, per certo, di non voler aspettare invano che finisca l'oggi, perché è tutto ciò che ho, e voglio che anche lui lo capisca. Ho solamente cercato di persuaderlo nel convincerlo a non vivere una vita che non è la sua.

«Memento audere semper» sussurro tra me e me mentre mi tengo stretto al mio cappotto. Il riscaldamento della macchina di Éric ha smesso di funzionare. Si congela. «Memento audere semper» ripeto.
«Hai detto qualcosa?» chiede Éric, il quale è intento a osservare la strada di ritorno.
Mi scaldo le mani sfregandole tra di loro. «Nulla, cercavo di tenere a mente una cosa» spiego. Spero non mi abbia scambiato per uno che non ci sta con la testa.
Lui alita sulla mano sinistra. Si muore davvero di freddo. «Mi dispiace» esordisce.
Mi volto leggermente verso di lui. «Per cosa?».
«Per averti trascinato via dal bar, ma purtroppo ho questo servizio fotografico che non posso rimandare» si giustifica. «Avevo completamente perso la cognizione del tempo».
«Ti succede spesso?» le mie manie di egocentrismo prevalgono. Chissà se è perché la mia presenza lo ha isolato dal resto.
«In realtà no. Sono una persona piuttosto puntuale, ma ...» tossisce.
«Ma ...?» chiedo affinché non lasci la frase a metà.
«Era bello parlare con te» noto che accenna un sorriso.
Cerco di contenere la mia gioia, anche se vorrei urlare. Mi limito a sorridere.
«Nonostante ti abbia fatto la ramanzina sull'avere fiducia in te stesso?» lo metto alla prova, cerco di capire se gli abbia fatto piacere o meno aver affrontato un tema personale come questo.
«È sempre utile avere qualcuno che ti faccia vedere le cose da un altro punto di vista, no?» chiede.
«Direi proprio di sì». La gioia cresce sempre di più.

Stiamo in silenzio per qualche secondo, Éric chiama qualcuno al cellulare.
«Bobby? C'est Éric. Je suis très désolé mais je vais arriver un peu en retard ... Oui, je le sais» (Bobby? Sono Éric. Sono tremendamente dispiaciuto, ma arriverò un po' in ritardo ... sì, lo so). Continua a ripetere le ultime quattro parole per almeno una decida di volte, prima di riattaccare la telefonata e rivolgersi a me: «hai mai partecipato a un servizio fotografico?» chiede. Sgrano gli occhi.
«No, mai. Perché?» chiedo a mia volta. Non capisco, sono confuso.
«Ti andrebbe di venire con me? Impiegherei troppo tempo per riaccompagnarti a casa».
Ah, è solo per questo?
«E poi, mi farebbe piacere passare ancora un po' di tempo insieme a te» continua. Dall'essere dispiaciuto al sentire il mio corpo librarsi per aria è giusto un attimo.

Ha ricominciato a piovere. Fortunatamente abbiamo avuto giusto il tempo per ritornare in auto e rimetterci in strada. Come del resto, Se le vie di Parigi erano deserte già con delle nuvole minacciose a sormontare la capitale, adesso sembra di essere completamente isolati dal resto del mondo. Mi sento come un Will Smith gay nella pellicola di Io sono leggenda, ma tendo sempre ad amplificare tutto e ad essere un po' melodrammatico, nonostante Éric mi abbia assicurato sia normale. È un giorno lavorativo e, come tale, ci si rinchiude in ufficio. Non si ha tempo per respirare l'aria inquinata della metropoli.
Comincio a sentire la stanchezza di una giornata che sembra sia appena cominciata, ma che in realtà sta per concludersi, non so se esserne felice o meno. Doveva essere una semplice e tranquilla mattinata in una delle capitali europee più affascinanti e intriganti; invece, sono finito in un'auto con uno sconosciuto di cui mi sembra di sapere tutto, ma di cui in realtà non so nulla. Chi me lo ha fatto fare? Sono veramente fuori di testa.
Per l'ennesima volta mi ritrovo a osservare il viso di Éric. Aggrotta la fronte, è tanto enigmatico quanto affascinante. Sarà per questo che, ancora adesso, non riesco a capire cosa mi stia trattenendo dal saltargli addosso. Oltre ad essere così irresistibile, ciò che mi attrae ancora di più è il fatto che siano passati secoli dall'ultima volta che ho avuto una conversazione così proficua con un uomo che non sia stato Andrew o Antonio. Sì, sono fuori di testa, lo so. Devo darmi una calmata. Non posso e non voglio commettere gli stessi errori del passato.

Questa Sera Basto a Me StessoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora