Capitolo 44

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Giro le chiavi nella serratura di casa. Una casa che adesso è familiare, molto più di prima. Apro la porta e tutto sembra essere nell'ordine in cui ricordavo, anche se l'odore è diverso.

Percorro il corridoio che mi porta in cucina, lancio a terra il borsone pieno di qualche cambio d'intimo, un pigiama, delle pantofole, dei pantaloni, qualche t-shirt e uno spazzolino.

Osservando i dettagli di una piccola casa ormai lontana dai miei ricordi, noto che sul tavolo ci sono due piatti, due bicchieri, due forchette. Due.

Prima che me ne andassi, però, ero io il due.

Chi ha preso il mio posto?

Mi dirigo verso la mia vecchia stanza, mi domando se bussare o meno, ma sarebbe quasi strano chiedere il permesso di entrare nella mia stanza, in casa mia. Apro la porta e a stento riesco a credere ai miei occhi: Andrew e Ludovico, il mio ex, si stanno abbracciando sul mio letto.

In casa mia.

«Mike! Cosa ci fai qui? Pensavo fossi ancora a Parigi.» Esordisce Andrew colto di sorpresa, si stacca dal braccio di Ludovico. Fa per avvicinarsi, ma lo fermo con un gesto della mano.

Adesso capisco il motivo per il quale non ha mai risposto alle mie chiamate. Adesso capisco il motivo del suo silenzio.

«No, sono rientrato prima. Ma sai, non pensavo di dover avvisare su quando sarei ritornato a casa mia.» Taglio corto. «Lui cosa ci fa qui?» Indico quel verme viscido del mio ex, il quale non mi fa più lo stesso effetto di qualche mese fa. Provo solamente disgusto e pena.

«Mike, non so come spiegartelo...» Si interrompe guardando imbarazzato prima me, poi Ludovico. «Qualche settimana dopo il tuo trasferimento, io e Ludovico abbiamo cominciato a risentirci e l'ho invitato a stare qui per un po'.»

Dopo aver metabolizzato la notizia, non so per quale assurdo motivo, comincio a ridere senza sosta. I due mi osservano sbalorditi, come se guardassero una scena pietosa di cui non ci si spiega il significato.

Rido. Rido. Rido.

Addirittura poggio una mano sullo stomaco per tentare di placarmi.

«Bene.» Esordisco dopo essermi ricomposto. «Visto che qui non sono più il benvenuto e visto che non ho nemmeno la forza per discutere di quanto mi facciate schifo entrambi, levo il disturbo. Vi auguro una buona serata. Ah, e su quel letto ho trovato molto spesso delle cimici. Dormite sonni tranquilli.»

Recupero il mio borsone e mi allontano anche da quella che reputavo un porto sicuro, la mia casa di Trento.

Però, adesso, dove vado?

Questa Sera Basto a Me StessoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora