Capitolo 6

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«Andrew» esclamo.
Lui mi guarda con occhi sgranati. La sua espressione sembra essere imbarazzata.
«Cosa ci fai qui?» chiede.
Metto le mani nelle tasche del cappotto. «Fino a prova contraria questa dovrebbe essere casa mia. Tu cosa ci fai qui piuttosto?».
Lui poggia il borsone per terra e si gratta la testa, sembra nervoso. «Pensavo non saresti tornato prima di un'ora».
«Non è una giustificazione». Cerco di mantenere un tono pacato, ma non mi aspettavo di incontrarlo sul portico del mio giardino, soprattutto dopo l'ultima discussione.
«Posso entrare? Ho bisogno di chiarire un paio di cose con te».
Dopo quello che è appena successo con Antonio avrei preferito rinchiudermi in casa e non vedere nessuno per un po', ma forse ho bisogno di qualcuno con cui potermi sfogare.
Prendo il suo borsone, tiro fuori le chiavi di casa dalla tasca dei pantaloni e gli faccio cenno con il capo di entrare. Lui accenna un sorriso forzato.

Mi dirigo verso la mia camera, poggio la mia sacca e la divisa da lavoro sul letto. Tolgo le scarpe e indosso un paio di pantofole confortevoli. Stare in piedi per più di otto ore è devastante.

Raggiungo Andrew in cucina, lui è seduto su una sedia vicina al tavolo, sembra molto pensieroso. Cosa gli starà passando per la testa?
Mi siedo sul pouf color senape che c'è vicino alla televisione e guardo l'orologio a cucù, è quasi l'una e mezza di notte.
«Mi dispiace di essermi fatto trovare qui senza preavviso» Andrew interrompe il silenzio imbarazzante, animato solamente dal ticchettio dell'orologio.
«Di cosa volevi parlarmi?» chiedo ignorando le sue scuse.
Lui inspira profondamente. «Penso tu abbia già parlato con Antonio». Non formula la frase a mo' di domanda. Sa già tutto. Annuisco con la testa. «So che avete parlato di me ed è giusto che ti spieghi le mie motivazioni» l'accento è marcato.
«Sul fatto che tu volessi chiedermi di sposarti?». Lui chiude gli occhi, lo sguardo è distrutto. Non sa come reagire.
«Sì, so che è stata una grande cazzata poterlo minimamente pensare. Non so cosa mi stesse passando per la mente. È stato un periodo difficile per me e pensavo tu potessi capire». Sembra agitato. Noto le sue mani che tremano.
«Capire cosa?» chiedo.
Lui apre gli occhi e guarda fisso dentro ai miei. «Capire che potessi uscire di testa. So che quello che ti ho fatto è stato terribile. Non merito il tuo perdono, ma meriti almeno di sapere tutta la verità».
Non rispondo, lascio che sia lui a voler cominciare a raccontare ciò che sente il bisogno di dirmi. Adesso percepisco anche io una flebile agitazione insediarsi nelle viscere del mio intestino.
«Sei sicuro di voler ascoltare la mia versione? Potresti non guardarmi più con gli stessi occhi». Cominciano a tremarmi le gambe. Annuisco.
Lui inspira profondamente un'altra volta. Si asciuga le mani sudate sui pantaloni e incrocia le dita tra di loro.
«Io e Ludovico ci siamo conosciuti molto tempo prima che tu e lui cominciaste ad uscire insieme» si ferma per un attimo. «Qualche mese prima del vostro incontro, Ludovico mi chiese di provare a frequentarci. Anche se i nostri caratteri sono sempre stati del tutto diversi, io decisi di accettare solo perché tenevo a lui e non volevo perderlo. Sarebbe stato difficile per me vivere la mia vita in sua assenza, anche perché è rimasto al mio fianco in ogni istante della mia adolescenza».
Lo ascolto con attenzione, ma devo ammettere che la lentezza con cui racconta gli aneddoti mi innervosisce.
«Dopo qualche mese, lui decise di fare il grande passo e mi chiese di sposarlo. Era rimasto talmente affascinato da tutte quelle persone che, in giro per l'Italia, riuscivano a consacrare il loro amore grazie all'approvazione delle unioni civili che voleva che noi due fossimo i prossimi».
Non faccio a meno di mostrare il mio stupore. Non pensavo che Ludovico fosse capace di un tale gesto d'amore. In due anni di relazione non abbiamo mai parlato di un ipotetico grande passo.
Scaccio via i miei pensieri.
«Io rifiutai. Non mi sentivo pronto a dover affrontare un impegno più grande di me, anche perché ai tempi non ero ancora dichiarato e sarebbe stato un suicidio per me; non avrei mai potuto dare tutte queste notizie ai miei genitori in un colpo solo. Loro non avrebbero capito».
Annuisco. Posso immaginare il suo stato d'animo.
«Nel momento in cui rifiutai la sua proposta, lui decise di lasciarmi. Mi disse che non ero pronto per stare con lui. Mi disse che aveva bisogno di altro e non voleva più vivere nell'ombra. Io mi sentii in colpa, sapevo fosse difficile per lui non poter esternare in pubblico il suo amore nei miei confronti. Era devastante per entrambi».
«Poi sono arrivato io ed ho complicato la situazione ancora di più». Non sono dispiaciuto, sono solamente turbato.
«Mi dispiace ammetterlo ma è così. Nonostante la fine della nostra storia, io e Ludovico continuavamo a sentirci. Dopo un paio di mesi mi raccontò di aver conosciuto un ragazzo siciliano dagli occhi profondi, un ragazzo molto dolce e premuroso. Usò queste esatte parole».
Andrew si ferma un attimo. Penso sia difficile per lui proseguire con il racconto.
«Poi cosa successe?» lo esorto a continuare.
Si mordicchia un labbro, poi riprende: «mi raccontò che con te stava andando molto bene. Eravate in sintonia. Mi disse che cominciò a chiamarti usando un nomignolo».
«Pato» lo interrompo. Mi si stringe lo stomaco. 

Questa Sera Basto a Me StessoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora