Capitolo 40

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«Ho appena parlato con i miei avvocati. Hanno accettato di prenderti in carico come caso pro bono. Ma se non l'avessero fatto, li avrei certamente finanziati io per difenderti. Non sarei rimasto con le mani in mano.» Esordisce Max riagganciando la telefonata.

Stiamo passeggiando nel Jardin des Tuileries, un giardino pubblico che si trova nei pressi di Place de la Concorde.

Gli ultimi giorni sono stati abbastanza debilitanti. Da quando ho confessato a Max il motivo della mia assenza, entrambi ci siamo prodigati per andare avanti con la denuncia che ho sporto nei confronti di Bobby, la settimana scorsa.

Con estrema sorpresa, il distretto di polizia al quale ci siamo rivolti è stato più disponibile di quanto mi aspettassi. Pensavo di ritrovarmi in un ambiente ancora pieno di pregiudizi, senza minima idea di cosa fosse la tolleranza, ma si è rivelato l'esatto contrario.

Dal giorno della denuncia, però, quel senso di leggerezza ritrovato ha portato con sé anche dei seguiti negativi: ho ricevuto diverse telefonate dallo stesso Bobby, le quali non hanno mai ricevuto risposta, come consigliatomi da un agente. E ciò mi ha esasperato a tal punto da perdere persino il sonno. La mente vagava nel tentativo di comprendere cosa volesse dirmi Bobby con la sua insistenza. Tuttavia, nonostante le continue pressioni, sono riuscito a superare le mie paure e a espormi in un modo che, sino a qualche giorno fa, mi terrorizzava.

Nel mentre, sia Max che Éric hanno deciso di tenermi sottocchio ventiquattro ore su ventiquattro, senza un minuto di sosta. E seppur i miei sospetti non abbiano ancora ricevuto conferma, so che è così. Di giorno sono in compagnia di Max, o per negozi, o all'università, o a casa mia quando le giornate no prendono il sopravvento. La sera, invece, mi trattengo a casa di Éric, per passare la notte da lui.

Sono estremamente grato a entrambi, perché senza di loro non avrei mai riacquistato la forza di mettere piede fuori di casa. Loro non hanno insistito nell'accelerare il processo di guarigione, mi hanno concesso il tempo necessario, per poi rendermi conto che tutto ciò di cui mi stavo privando non era altro che la proiezione della punizione che spetterebbe a Bobby, e non a me. Non ho nessun motivo di vergognarmi, né tantomeno di sentirmi schiavo del giudizio altrui, perché in un modo o nell'altro quest'ultimo ci perseguiterà sempre; sta solamente a noi decidere se accoglierlo o meno.

Inoltre, la psicologa con la quale sto affrontando un percorso di ricongiungimento con me stesso mi ha permesso di riprendere in mano la mia vita. All'inizio ero molto scettico, avevo paura di sentirmi inadatto in una situazione più grande di me. Ma lei non ha fatto altro che accogliermi e ascoltarmi, per poi aiutarmi a salire gradino dopo gradino. Ha dato ascolto alle mie paure, asciugato le mie lacrime e rimesso le mie vergogne al proprio posto. Ha cercato di tirar fuori il peggio di me, per poi ricongiungerlo con il meglio.

«Ti ringrazio, lo apprezzo tanto.» Dico laconico, nonché imbarazzato. Apprezzo immensamente ciò che Max sta facendo per me. Io, però, non riesco a trovare il modo di ringraziarlo a dovere.

«C'è qualcosa che non va?» Domanda preoccupato.

Scuoto la testa.

«Puoi dirmelo, sai che puoi fidarti di me.» Mi sollecita a continuare.

«È solo che... non so come ringraziarti! Tu ed Éric state facendo così tanto per me che io mi sento quasi un peso.»

«Spero tu stia scherzando se non vuoi che ti arrivi una LouisVuittonata in testa!» Spalanca gli occhi afferrando la sua borsa come fosse un'arma. «Non osare mai più ripeterlo, tantomeno pensarlo. Io ed Éric non abbiamo deciso di proteggerti perché ci sentissimo in obbligo, ma perché ti vogliamo bene e perché tu sei tu e sei una persona speciale. Mettitelo bene in testa, you jerk.»

Questa Sera Basto a Me StessoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora